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I Vescovi contro nuova legge sull’omofobia: “Non serve”

Con una nota la Conferenza episcopale italiana invita a mettere da parte i cinque disegni di legge, attualmente in discussione alla commissione Giustizia della Camera, per il contrasto dell’omofobia: “Esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”.
A cura di Annalisa Cangemi
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I Vescovi italiani non vogliono combattere l'omofobia, o minimizzano la questione. Con una nota molto critica la Cei si scaglia contro i disegni di legge, attualmente in discussione alla Commissione Giustizia della Camera, attesi da una grande comunità di cittadini, che vorrebbe venisse colmato un vuoto normativo: "Un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell'ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio", dice la Conferenza episcopale italiana. I vescovi insomma vorrebbero venissero archiviati i ddl a firma di Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi, che puntano a modificare gli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere.

"Questa consapevolezza – spiegano – ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni". Anzi, secondo i Vescovi, un'eventuale introduzione di ulteriori norme a tutela delle persone Lgbt "rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione, come insegna l'esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte".

Per esempio, secondo la Cei, sottoporre a procedimento penale "chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma, e non la duplicazione della stessa figura, significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l'esercizio di critica e di dissenso".

"Crediamo fermamente – prosegue la nota della Cei – che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l'impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto. Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese".

La Cei cita anche le parole di Papa Francesco, "nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde", con cui il Papa "mette fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva".

"Le discriminazioni – conclude la Cei – comprese quelle basate sull'orientamento sessuale, costituiscono una violazione della dignità umana, che in quanto tale deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini".

Le reazioni

"Sono molto sorpresa dalla reazione dei Vescovi contro la legge sull'omotransfobia che stiamo discutendo in commissione. Affermare, come fanno i Vescovi italiani, che ‘esistono già adeguati presidi' per contrastare questo fenomeno significa non voler prendere atto di una dura realtà di discriminazione nei confronti della quale noi sentiamo la responsabilità politica ed etica di intervenire ", ha commentato Francesca Businarolo (M5s), presidente della commissione Giustizia della Camera.

"La Conferenza Episcopale Italiana si ostina a non voler riconoscere i cittadini lgbt né come beneficiari di diritti civili e nemmeno come vittime di violenza. L'entrata a gamba tesa dei vescovi nel dibattito parlamentare in corso in Italia sulla legge contro l'omotransfobia è latrice del solito oscurantismo clericale che permane nonostante le aperture mediatiche di Papa Francesco e scorretta nell'analisi dei testi di legge che, proprio memori dei precedenti dibattiti, non toccano minimamente questioni come la libertà di opinione ma cercano al massimo di prevenire l'istigazione all'odio contro le persone lgbt che, fino a prova contraria, non dovrebbe essere considerata una opinione legittima nemmeno in ambito ecclesiastico". A dirlo è Daniele Priori, segretario nazionale di GayLib commentando il documento della Cei.

"Di leggi contro l'omotransfobia – aggiunge Giacomo Giorgini Pignatiello, esperto di Diritto delle Pari Opportunità per l'associazione GayLib – si parla da ormai venti anni, con ben 35 progetti di legge naufragati. Ogni progetto conteneva misure lungimiranti, come la costituzione di un Garante di parità di trattamento, l'implementazione di una statistica Istat (al momento in fase di redazione grazie alla collaborazione con Unar) sui fenomeni di discriminazione, odio e aggressione, e la creazione di una rete di centri di assistenza e accoglienza. La violenza omotransfobica non può essere paragonata ad un reato comune, in quanto nega la pari dignità di un individuo a partecipare alla vita pubblica del Paese. Un ordinamento democratico basato sull'uguaglianza degli individui non può rimanere indifferente su questa tematica".

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