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Giuseppe Conte, l’ennesimo premier tecnico non eletto dal popolo

Dopo l’abolizione dello streaming, l’arrivo delle regole imposte dall’alto per scelta dei vertici, delle trattative blindate, dei balletti rispetto al numero di mandati parlamentari massimi – con la scelta di Giuseppe Conte per la presidenza del Consiglio cade l’ennesimo baluardo del Movimento 5 Stelle, ormai a tutti gli effetti  divenuto la copia di uno di quei tanto vituperati partiti da Prima repubblica, tutto manovre e sotterfugi parlamentari.
A cura di Charlotte Matteini
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Il professor Giuseppe Conte è il nome del presidente del Consiglio scelto da Movimento 5 Stelle e Lega. E chi sarebbe questo Giuseppe Conte? Ricalcando l'annosa litania di Lega e ancor di più del Movimento 5 Stelle, il professor Conte è l'ennesimo presidente del Consiglio non eletto un popolo, un vero e proprio tecnico che alle sue spalle non ha un solo giorno di militanza politica e non è stato eletto da nessuno. Chi conosce la Costituzione sa bene, però, che quello del presidente del Consiglio non è un incarico elettivo e che il governo può essere costituito senza alcun problema da personalità prive di esperienza politica vera e propria, dunque il professor Giuseppe Conte non ha nulla che non vada e pare abbia anche un curriculum di tutto rispetto. Rimane però un fatto, il professor Conte, stando agli standard per anni sbandierati da M5S e Lega, non è assolutamente un premier politico, non è assolutamente un premier eletto dal popolo e la stra-grande maggioranza degli italiani non sa assolutamente chi sia né cosa faccia nella vita, è semplicemente il 29simo presidente del Consiglio proposto e scelto dalle forze politiche parlamentari in base ad accordi e trattative, anzi molto più simile a un tecnico di quanto Di Maio e Salvini non vogliano dare a vedere.

Analizzando la scelta del Movimento 5 Stelle, appare evidente come ancora una volta Luigi Di Maio abbia abdicato all'ennesimo principio fondante del M5S, uno di quei principi che di fatto ha costituito l'ossatura della propaganda politica dei grillini. Di fronte alla mancanza di una maggioranza parlamentare necessaria a governare in autonomia senza dover ricorrere all'aiuto di alcun partito, Di Maio ha dapprima aperto forni su forni per dialogare con il tanto vituperato Partito Democratico e con la Lega, cambiando idee e strategia a ogni battito di ciglia, poi ha cercato in tutti i modi di distruggere la coalizione elettorale del centrodestra scelta il 4 marzo dal 37% dei votanti per accaparrarsi l'odiato Matteo Salvini come socio di minoranza di governo con cui presentarsi al cospetto del presidente Mattarella per chiedere l'incarico, poi ancora ha forzatamente allungato lo stallo istituzionale cercando in ogni modo di imporre il proprio nome per la premiership forte di un'inesistente vittoria alle elezioni politiche – ignorando, volutamente o meno, che in uno scenario politico tripolare e con un sistema elettorale proporzionale, alle scorse elezioni di fatto non ha vinto nessuno e tuttalpiù la sola coalizione di centrodestra unita avrebbe potuto rivendicare una sorta di "pole position" – e infine ha dovuto arrendersi all'evidenza dei fatti e ha dovuto cedere sul nome del premier, rinunciando alla propria gloria personale.

Giuseppe Conte, il ministro della pubblica amministrazione presentato dal Movimento 5 Stelle poco prima delle elezioni – altro non è, inutile negarlo, che una figura di rappresentanza "terza" e di garanzia rispetto al programma siglato, ma di fatto privo di autonomia di azione, una soluzione in extremis adottata da Di Maio allo scopo di tener salda la poltrona del premier nelle mani del Movimento 5 Stelle. Come finirà? Questo sarà solo il tempo a raccontarcelo, ma resta il fatto che – dopo la mancata trasparenza, l'abolizione dello streaming, le regole imposte dall'alto per scelta dei vertici, le trattative blindate, i balletti rispetto ai mandati parlamentari massimi – con la scelta di Giuseppe Conte cade l'ennesimo baluardo del Movimento 5 Stelle, ormai a tutti gli effetti  divenuto la copia di uno di quei tanto vituperati partiti da Prima repubblica, tutto manovre e sotterfugi parlamentari.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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