Fratelli d’Italia vuole istituire una Giornata Internazionale dell’uomo: “La festa del cane sì e questa no?”

Quando l’assessora ai servizi alla persona e alle pari opportunità del Comune di Senigallia, Cinzia Petetta, ha annunciato che il 19 novembre verrà celebrata la "Giornata Internazionale dell’Uomo", non immaginava forse quanto quel semplice annuncio avrebbe incendiato il dibattito politico e sociale. "Sì, la festa dell’uomo! Conosco per la maggior parte uomini che grazie a Dio si comportano bene, persone che fanno assistenza alle mogli, ai propri figli e che oltre ad andare a lavorare 10 ore riescono a fare tutte le attività, voglio parlare all’uomo che commette violenza, ma anche a chi si comporta bene come padre, marito, lavoratore, cittadino". L’iniziativa ha provocato una pioggia di critiche da parte di associazioni femministe, culturali e del Pd locale, che vedono in questa celebrazione un pretesto per mettere sullo stesso piano la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Onu nel 1999 e celebrata il 25 novembre, con la “giornata dell’uomo”, mai riconosciuta ufficialmente.
Questa tensione non è nuova e riporta al cuore di una questione ben più profonda: il femminismo nasce proprio dalla necessità di contrastare una società dominata da un potere maschile, dove le donne hanno dovuto conquistare spazio, diritti e sicurezza. Non si tratta solo di date o di eventi, ma di capire la radice storica e culturale di questa disparità.
Petetta spiega però le sue ragioni in un'intervista a Repubblica: “Una giornata di sensibilizzazione sulle tematiche maschili. Non era in agenda, ma credo che sia importante riconoscere il valore e il contributo di tutti quegli uomini che non hanno nulla di maschilista”. Quello che l’assessora vuole mettere in luce sarebbe una realtà “troppo spesso” ignorata: “Problematiche in cui si trova, ci tengo a sottolinearlo, una minoranza di uomini: i padri separati, chi subisce violenze psicologiche o anche fisiche da parte di mogli e compagne. Uno di loro mi ha raccontato della pentola d’acqua bollente che gli ha gettato addosso la moglie, di un occhio nero: non ha voluto denunciare né andare al pronto soccorso perché, diceva, sarei stato deriso”. La testimonianza di uomini vittime di violenza va senz’altro ascoltata, ma non può e non deve confondersi con la violenza sulle donne. Le donne vengono uccise perché donne, vittime di un sistema patriarcale che da secoli legittima il loro controllo e la loro sopraffazione.
Petetta stessa lo riconosce senza mezzi termini: “Lo so bene. E so anche che nella stragrande maggioranza dei casi chi commette violenza è un uomo”. Eppure insiste che “non può passare il messaggio che tutti gli uomini siano orchi”. Ma questa affermazione, al di là dell’intenzione, rischia di minimizzare la portata di un fenomeno strutturale, che è una questione di genere, di potere, e non di singole “eccezioni” o di vittime e di orchi.
Petetta (FDI): "Dobbiamo capire cosa passa nella testa degli uomini"
La sua posizione si lega anche a una lettura diversa del fenomeno della violenza: "Non voglio levare una virgola all’importanza di una problematica così seria come la violenza sulle donne, ma mi chiedo: perché nonostante gli eventi, l’attenzione, le leggi, i numeri aumentano? Dobbiamo comprendere anche cosa passa nella testa degli uomini, ascoltare il mondo maschile, forse così qualcuno tirerà fuori malessere, comincerà a farsi qualche domanda". Parole che, se prese alla lettera, sembrano richiamare una prospettiva di prevenzione basata sull’ascolto del disagio maschile; ma il rischio è che questa lettura riduca un problema politico e strutturale a una questione psicologica o individuale, come se l’origine della violenza di genere non fosse radicata in rapporti di potere e ruoli sociali, ma solo in percorsi di vita devianti.
Il femminismo e il "mondo maschio"
Le parole dell’assessora risuonano insomma in modo problematico se collocate nella cornice più ampia della storia dei diritti delle donne: il femminismo, come movimento politico e culturale, non nasce per un vezzo identitario, ma come risposta a un mondo costruito per e attorno agli uomini, dalla lingua ai salari, dalla medicina alle leggi. Virginia Woolf, già nel 1929, denunciava che “per la maggior parte della storia, Anonimo era una donna”. Simone de Beauvoir scriveva che “il problema della donna è un problema dell’uomo”. In questo contesto, ogni tentativo di “bilanciare” giornate o spazi dedicati rischia di ignorare la radice strutturale delle disuguaglianze: in Italia, secondo l’Istat, nel 2024 oltre il 90% degli autori di omicidi con vittime donne sono uomini, e il femminicidio è stato definito “emergenza nazionale” dal Parlamento.
Il bilancio della violenza di genere in Italia nel 2025
Nel 2025, l’Osservatorio nazionale, di Non Una di meno, ha monitorato 69 casi gravi riconducibili a violenza di genere e patriarcale:
- 60 femminicidi
- 4 suicidi di donne
- 1 suicidio di un ragazzo trans
- 1 suicidio di una persona non binaria
- 4 casi in fase di accertamento
A questi si aggiungono almeno 42 tentati femminicidi e un figlicidio, dove un ragazzo è stato ucciso dal padre nel tentativo di difendere la madre dalla sua violenza. Numeri che raccontano una realtà drammatica e strutturale.
Parlare dunque di “tematiche maschili” non è di per sé illegittimo, ma farlo spostando l’attenzione proprio nel mese dedicato alla lotta contro la violenza di genere produce un corto circuito simbolico. Oggi, in un contesto dove il femminicidio è stato riconosciuto come reato specifico, dove le donne chiedono di sentirsi sicure nelle proprie case e fuori per le strade, o di avere pari salari nei propri percorsi lavorativi, è necessario che ogni azione politica e sociale vada nella direzione di rimuovere le cause strutturali della violenza e dell’oppressione. Questo significa investire nella prevenzione e nell’educazione, con corsi di educazione sessuale e affettiva nelle scuole, con iniziative che coinvolgano bambini e adolescenti, maschi e femmine, per decostruire stereotipi tossici e costruire relazioni rispettose e paritarie. Non basta forse allora sottolineare che “gli uomini stessi sono in difficoltà se non corrispondono a nessuno di questi stereotipi, si ritrovano isolati, non hanno un luogo di confronto”, come afferma l’assessora. Certo, è importante aprire spazi di dialogo per il benessere maschile, ma questo non può e non deve diventare un modo per spostare l’attenzione dalla violenza sistemica sulle donne.
Petetta (FDI): "Non c’è alcuna equiparazione"
Petetta però si difende: “Non c’è nessuna equiparazione. Si può festeggiare la Giornata del cane e non si può fare la Giornata dell’uomo? Ci sono giornate per tutto ormai, nessuno si sognerebbe di dire che la Giornata dei calzini spaiati è equiparabile a quella delle donne”. La differenza tra “ampliare il discorso” e “mettere sullo stesso piano” è però profonda. La Giornata contro la violenza sulle donne nasce da lotte e tragedie che hanno segnato la storia passata e recente.
Il 19 novembre a Senigallia
L’assessora conferma che non tornerà indietro: “No, ma nessuno vieta alle femministe di venirsi a confrontare con noi il 19 novembre. Come loro sono libere di dire, grazie all’articolo 21 della Costituzione, “il corpo è mio e me lo gestisco io”, io sono libera di parlare delle tematiche maschili. A chi si scaglia contro di me e mi aggredisce verbalmente dico invece che anche questa è violenza”. Quanto al programma, anticipa: “Non sarà certo un calendario paragonabile a quello dell’8 marzo che dura due mesi, ma almeno un convegno lasciatemelo fare”.