Fine vita, Cappato a Fanpage: “Destra toglie diritti a chi soffre, ma italiani sono più avanti dei partiti”

L'Associazione Luca Coscioni ha depositato in Cassazione la sua proposta di legge popolare sull'eutanasia legale, mentre il Parlamento porta avanti a rilento il ddl scritto dal centrodestra sul fine vita. Fanpage.it ha intervistato Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione e uno dei volti più noti nella lotta per l'eutanasia legale in Italia.
Cappato ha fatto il punto sulla proposta della sua associazione e su quella della destra, che ha un intento "ostruzionistico". In generale, ha detto, sul fine vita "la gente è avanti rispetto ai partiti", mentre anche a sinistra ci sono esitazioni e incertezze da anni.
Avete depositato in Cassazione, in questi giorni, una proposta di legge popolare sul cosiddetto suicidio assistito. All'interno si prevedono procedure in tempi rapidi (al massimo un mese) e con requisiti più ampi di quelli attuali. Cosa cambierebbe se fosse approvata?
Il suicidio assistito è già legale – per persone che abbiano patologie irreversibili, sofferenze insopportabili e tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale – grazie alla sentenza della Corte costituzionale sulla mia disobbedienza civile sul caso di Dj Fabo. La nostra legge vuole fare un passo avanti, per l'eutanasia legale, con due punti fondamentali.
Il primo: che si possa effettuare l'eutanasia per mano del medico, su richiesta del paziente. Pensiamo, per esempio, alle persone che sono immobilizzate e non possono o vogliono prendersi questo rischio.
E poi, a nostro avviso, anche determinati pazienti che non sono tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale dovrebbero avere diritto all'eutanasia legale. Un malato terminale di cancro di solito non dipende da un trattamento sanitario, ma può avere una speranza di vita di pochissime settimane. E devono esserci tempi certi: un mese per concludere le verifiche e ricevere la risposta, nel quadro del Servizio sanitario nazionale.
In Parlamento il centrodestra sta lavorando su un'altra proposta. Lei l'ha criticata duramente: ci può spiegare perché e che effetti avrebbe?
Il suicidio assistito, a determinate condizioni, è già un diritto. La proposta del governo lo vuole cancellare. Intanto rendendo i criteri di ammissibilità molto più ristretti. Oggi i pazienti devono essere tenuti in vita da "trattamenti di sostegno vitale", che la Corte costituzionale ha specificato essere anche trattamenti praticati da caregiver o familiari, quindi non necessariamente essere attaccati a delle macchine. Per il governo invece devono diventare "trattamenti sostitutivi di funzioni vitali", quindi pazienti attaccati alle macchine. Questo ridurrebbe drasticamente la platea degli aventi diritto.
In più, la valutazione viene affidata non più a dei medici del Servizio sanitario, ma a un comitato nazionale di nomina governativa, che ha mesi e mesi di tempo per dare una risposta, che poi dopo deve passare all'autorità giudiziaria. Parlando di malati terminali, è una procedura fatta apposta per dire di no, ma anche per prendersi un tempo incompatibile con l'aspettativa di vita del malato.
Nella fase di attuazione, poi, viene cancellato il ruolo del Servizio sanitario nazionale, obbligando il paziente che fosse riuscito a passare in questo iter – e a mio avviso nessuno ci riuscirà – a trovarsi nella sanità privata o all'estero una soluzione per essere aiutato a morire. Con un effetto discriminatorio, anche proprio dal punto di vista delle possibilità economiche e relazionali, nei confronti di determinati pazienti.
Il centrodestra vuole che tra i requisiti ci siano anche le cure palliative. Perché siete contrari?
Sulle cure palliative, cioè sul diritto a essere aiutati a non soffrire, siamo tutti d'accordo. Non lo è stato per secoli il Vaticano, per il valore che aveva il dolore, però adesso siamo tutti d'accordo. C'è una legge da 15 anni in Italia, le cure palliative sono già un dovere per lo Stato, obbligatorie se il malato le vuole.
Ma a volte il malato ritiene le cure palliative non utili per lei o per lui. Quindi perché trasformarle in una sorta di trattamento sanitario obbligatorio per accedere al fine vita? L'intento è ostruzionistico: fare di tutto per impedire alla persona che soffre di accedere al diritto di essere aiutata a morire.
La Toscana ha varato una legge regionale che regola l'attuazione del suicidio assistito. Cosa pensa della scelta del governo di fare ricorso alla Corte costituzionale?
La legge in Toscana è arrivata come legge di iniziativa popolare dell'associazione Luca Coscioni. Ovviamente una Regione non può cambiare in nulla le regole su chi può accedere al suicidio assistito, rimangono quelle stabilite dalla Corte Costituzionale nel caso Dj Fabo. La differenza, a fronte di pazienti che in questi questi anni hanno aspettato anche 2-3 anni una risposta del Servizio sanitario nazionale, è che questa legge fissa delle regole dei tempi: circa un mese, anche qui, per dare risposta ai malati.
La gestione della sanità è pienamente competenza regionale. La scelta del governo è una scelta ostruzionistica. Si sono resi conto che, mentre in sette anni solo otto persone in tutta Italia avevano potuto accedere all'aiuto medico alla morte volontaria, se le Regioni si danno delle procedure chiare, che garantiscono la persona malata e anche i sanitari della Regione, a quel punto altre persone potranno accedere a questo diritto. E allora il governo fa di tutto per impedirlo.
Abbiamo parlato del governo Meloni, ma negli ultimi anni maggioranze di tutti i colori politici non hanno mai varato una legge sul fine vita. È un limite della politica, o è una questione che per gli italiani in generale è troppo spinosa da trattare?
Per gli italiani direi proprio di no, lo dicono veramente tutti i sondaggi che si fanno su sul tema. È vero che a sinistra, quando c'era la possibilità, non c'è mai stata la volontà di affrontare questo tema. Quando abbiamo raccolto firme sul referendum, i vertici dei partiti non hanno partecipato. Tanti parlamentari, dirigenti e militanti invece sì. Credo che sia uno di quei classici temi sui quali la gente è avanti rispetto ai partiti.
Nei partiti ci sono anche delle minoranze che pongono il veto. Magari per i buoni rapporti col Vaticano, magari per le loro dinamiche: per tenere compatti i partiti e la coalizione, non hanno il coraggio di discutere su temi sui quali si potrebbero dividere. Invece in politica anche dividersi, confrontarsi, dialogarsi è fisiologico, va bene.
In Francia e nel Regno Unito ne stanno discutendo. Come? In Francia hanno fatto un'assemblea di cittadini estratti a sorte che ha discusso se mesi, non c'è disciplina di partito. In Gran Bretagna, addirittura, i ministri della Giustizia e della Sanità in Parlamento hanno votato contro. Perché non bisogna andare per ordine e disciplina sui temi così. Bisogna andare per ciò che si crede, cercando di ascoltare il più possibile le persone che soffrono.