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Ferri nominato questore dopo la condanna per il G8, Cucchi: “Vergogna, torniamo a Stato di polizia”

La nomina di Filippo Ferri, condannato in via definitiva per falso aggravato nei fatti del G8 di Genova, a questore di Monza fa riesplodere il caso Diaz. Ilaria Cucchi ha presentato un’interrogazione parlamentare: “È una scelta pericolosa, che legittima l’impunità”. Immediata la mobilitazione popolare, con appelli e lettere dirette al ministro Piantedosi.
A cura di Francesca Moriero
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scuola diaz genova, g8
Scuola Diaz Genova, G8

Ventiquattro anni dopo il G8 di Genova, le ombre di quella notte tornano a farsi presenza istituzionale. Filippo Ferri, uno dei principali protagonisti dell'irruzione nella scuola Diaz, entrerà in carica il primo giugno come nuovo questore di Monza. Lo stesso Ferri che, nel 2012, è stato condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso aggravato, con interdizione dai pubblici uffici, per aver costruito le prove utili a giustificare quella che fu definita ‘una macelleria messicana'. La notizia ha acceso una protesta immediata, politica e civile: "Stiamo tornando a quei giorni. A uno Stato di tensione, uno Stato di polizia", ha scritto sui suoi social Ilaria Cucchi, annunciando poi anche la presentazione di un'interrogazione parlamentare. "Se un profilo come quello di Ferri viene oggi incaricato della pubblica sicurezza, il messaggio è chiaro".

Il passato che ritorna: la Diaz e la verità manipolata

Era la notte del 21 luglio 2001 e a Genova, lo Stato perse la faccia. La polizia fece irruzione, sfondando i cancelli, nella scuola Diaz-Pertini, dove dormivano decine di attivisti del Genoa Social Forum: con loro c'erano anche giornalisti, studenti, medici, legali, italiani e stranieri. L'irruzione fu feroce: una spedizione punitiva autorizzata dall'alto. Le immagini mostrarono corpi trascinati, facce insanguinate, uomini e donne massacrati a colpi di manganello mentre dormivano nei sacchi a pelo. Michelangelo Fournier, allora vicequestore, descrisse ciò che vide come ‘una macelleria messicana'. Disse poi anche "fu una tonnara". Il giornalista britannico Mark Covell fu pestato fino a perdere conoscenza: fratture multiple, trauma cranico, milza spappolata. Fu ricoverato in terapia intensiva, in fin di vita. Filippo Ferri, all'epoca dirigente della Mobile di La Spezia, aveva allora un ruolo cruciale. Furono infatti proprio i suoi uomini gli autori materiali e morali della messinscena che ne seguì: due molotov furono portate e fatte ritrovare nella scuola dalla stessa polizia, per giustificare l'irruzione. Nella conferenza stampa che seguì il blitz alla Diaz, i vertici della polizia sostennero che i feriti ricoverati in ospedale non erano stati colpiti durante l'operazione, ma che avevano già riportato lesioni nel corso del pomeriggio; una versione subito apparsa fragile, ma ribadita con fermezza. Poco dopo, si cercò di giustificare la brutalità dell'intervento accusando gli occupanti della scuola di appartenere ai cosiddetti "Black bloc", etichettandoli come anarchici violenti e pericolosi infiltrati nel movimento. Le inchieste, le indagini e le sentenze successive dimostrarono che si trattava di prove false, introdotte ad arte. Ferri fu condannato per falso aggravato, assieme a numerosi alti funzionari, per aver costruito un castello di menzogne per coprire una delle più gravi violazioni dei diritti umani mai avvenute in Europa in tempo di pace.

La Corte europea dei diritti umani condannò l'Italia per tortura. Ma in Italia il reato non esisteva ancora, e i responsabili non fecero un giorno di carcere.

Lettere, appelli, interrogazioni: la protesta si allarga

"Non si può trattare come un atto burocratico ciò che ha un significato politico e morale enorme", accusa Ilaria Cucchi, che punta il dito contro il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. "La nostra Costituzione ci offre ancora strumenti per resistere. Usiamoli, prima che sia troppo tardi". In poche ore è nato un appello pubblico, indirizzato proprio a Piantedosi, per chiedere il ritiro della nomina. Tra i promotori: esponenti di Sinistra Italiana, docenti universitari, l'Arci, ex parlamentari, sindacalisti come Walter Palvarini della Cgil di Monza e Roberto Salis, padre di Ilaria Salis: "Quella scelta offende la nostra intera comunità", si legge nel documento, che ha già raccolto migliaia di firme. Alessandro Gerosa, tra i primi firmatari, spiega: "Non si tratta solo del passato giudiziario di Ferri, ma del valore simbolico della nomina. Chiediamo al ministro di ritirarla, e a tutte le forze politiche di prendere posizione". Anche il Partito Democratico ha presentato un'interrogazione parlamentare, mentre +Europa ha criticato la premier Meloni per "l'approccio securitario con cui intende affrontare i problemi sociali”.

"Affidare la sicurezza di una città a chi ha disonorato la divisa significa legittimare una cultura dell’impunità", ha dichiarato ancora Ilaria Cucchi che poi ha aggiunto: "Non permetteremo che vengano ignorate le sofferenze delle vittime, né che il dolore del G8 sia riscritto come se non fosse mai accaduto". La sua interrogazione parlamentare non chiede soltanto chiarimenti su Ferri, ma solleva una questione più ampia: Che tipo di giustizia vogliamo? Che memoria collettiva vogliamo conservare?.

Una domanda aperta sullo Stato di diritto

A partire dal primo giugno, Filippo Ferri sarà dunque ufficialmente responsabile della sicurezza pubblica a Monza. Mentre si appresta a indossare la fascia di questore a Monza, resta sul tavolo la domanda cruciale: può una persona condannata per aver partecipato a un'operazione repressiva così violenta e brutale essere incaricata di garantire la sicurezza di una città? Per molti, la risposta è no. E il significato di questa scelta, nel clima politico attuale, rischia di andare ben oltre il caso Ferri.

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