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Opinioni

“Femminicidi? Il patriarcato non c’entra”: il convegno della Regione Veneto sull’educazione all’affettività

Alla Regione Veneto, l’assessora all’Istruzione Elena Donazzan ha organizzato un incontro sulla “Educazione all’affettività” e ha inviato la psicologa Vera Slepoj, secondo cui “il patriarcato non c’entra con i femminicidi” e le cause della violenza di genere vadano ricercate nella crisi della famiglia, dovuta ad esempio dal fatto che molte donne non allattano “per questioni estetiche, per il timore dello sfaldamento del seno” facendo così sentire rifiutati i figli.
A cura di Jennifer Guerra
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Il patriarcato non c’entra con i femminicidi, perché è finito nel 1700”, ma la causa va ricercata nella famiglia, in particolare nelle donne che “hanno scelto di essere manager” e lasciano da soli i ragazzi a “scaldarsi il pranzo nel microonde o mangiare al McDondald’s”. D’altronde “la madre è insostituibile”, ma poiché molte donne rifiutano di allattare “spesso per questioni estetiche, per il timore dello sfaldamento del seno”, viene meno il contatto col corpo materno, facendo sentire un bambino “rifiutato”. Sono solo queste alcune delle dichiarazioni della psicologa e psicoterapeuta Vera Slepoj, invitata dall’assessora all’Istruzione del Veneto Elena Donazzan per l’incontro “Educazione all’affettività”, indirizzato alle amministrazioni comunali della Regione.

Non è la prima volta che Slepoj punta il dito contro la famiglia per spiegare la violenza di genere: già pochi giorni dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, in un’intervista al Corriere la psicologa aveva detto che i figli sono abbandonati a sé stessi e che si formano emotivamente “con le canzoni e i modelli proposti dai trapper”, tema citato più volte anche nell’incontro alla regione Veneto, dove la psicologa ha criticato l’abbigliamento e il trucco delle adolescenti che emulano quello che vedono nei video. L’assessora Donazzan, dal canto suo, ha ribadito sui social che “si tratta di un quadro molto complesso, dove il patriarcato non c’entra, dove non possiamo nascondere i problemi dei bambini che vengono lasciati soli troppo spesso davanti ai telefonini”.

Vera Slepoj è un personaggio che anche in passato ha fatto parlare di sé: nel 1997 si era scagliata contro l’anime Sailor Moon, accusandolo di far diventare i bambini “femminucce” e di “determinare devianze nel comportamento sessuale dei bambini”.

Educazione all’affettività e richiamo al patriarcato sarebbero soluzioni dettate dalle emozioni. Per la psicologa, infatti, non è possibile dare educazione affettiva, perché l’unica età in cui è possibile farlo sono i primi mesi di vita di un bambino. Ma in un contesto in cui “ci tolgono le identità e non esiste più il maschile e il femminile”, la madre non può essere sostituita “da una teoria”. “Eliminando il genere, elimini la diversità e non la accetti. Non è che dici a un ragazzino con un handicap che lui è uguale agli altri”. Questo secondo Slapoj porterebbe a un’anticipazione delle tappe evolutive e alla precocità sessuale e così somigliamo “sempre più ai Paesi meno progrediti” e “siamo uguali ai musulmani che tanto critichiamo”.

I problemi della maschilità non c’entrano con il patriarcato. Per Slapoj, il problema sta nella malattia mentale e nella dissoluzione della famiglia. La fine delle relazioni, esacerbata da un “background patologico”, porta alla follia e quindi all’uccisione. La psicologa ha anche sottolineato più volte l’inefficacia della legge Basaglia e della chiusura dei manicomi, che anche in altri incontri pubblici e interviste ha criticato più volte.

Viene da chiedersi, alla luce delle posizioni di Slapoj, perché la regione Veneto abbia deciso di invitare a una conferenza intitolata “Educazione all’affettività” una professionista che non crede nell’educazione all’affettività. Secondo Slapoj, il ruolo dei sindaci e delle amministrazioni culturali può limitarsi ai servizi all’infanzia e alla vigilanza dei comportamenti delle famiglie e degli adolescenti, affiggendo manifesti. Per la psicologa, infatti, agire sul mondo dell’emotività è “utopistico”.

I contenuti della conferenza rispecchiano la riluttanza che la destra ha sempre dimostrato nei confronti dell’educazione di genere e all’affettività, tanto da occupare due ore di convegno per dire che non è possibile farla, pur continuando a citare il ruolo della “comunità educante”.

Al termine della conferenza, l’assessora Donazzan ha espresso il pensiero che le hanno stimolato le parole della psicologa: “Se diventassi capo del mondo, non farei nidi, ma darei soldi alle mamme per stare a casa con i figli”. Un ottimo risultato, per un convegno che doveva insegnare l’educazione all’affettività.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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