422 CONDIVISIONI

Dove sono adesso quelli che consideravano i dpcm uno “scandalo costituzionale”

Il ricorso frequente ai dpcm, strumento che ha contraddistinto la gestione della pandemia da parte dell’ex premier Giuseppe Conte, è stato oggetto di molte critiche. Ma gli stessi che in questi mesi chiedevano un maggiore coinvolgimento del Parlamento, biasimando Conte, sono rimasti impassibili davanti al primo dpcm firmato da Draghi.
A cura di Annalisa Cangemi
422 CONDIVISIONI
Immagine

Sembrava che sull'utilizzo dei dpcm come mezzo preferenziale per emanare tempestivamente le nuove norme Covid il governo Draghi avrebbe messo la parola fine. E invece il primo provvedimento che contiene un aggiornamento delle misure anti Covid firmato dal premier è un dpcm. Né più né meno quello che accadeva con il governo uscente. Poco prima che venissero varate le nuove norme l'ipotesi emersa era appunto quella di un superamento dei dpcm, mediante l'approvazione di decreti legge, che vanno poi convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni, ma che sono subito validi una volta emanati.

Del resto il tempo a disposizione non mancava. Il vecchio dpcm scadrà il 5 marzo, domani. Mentre il nuovo provvedimento, che conferma per larga parte l'impianto di quello precedente, era praticamente chiuso, salvo gli ultimi dettagli, già nel fine settimana (e infatti poco è cambiato rispetto alle anticipazioni che erano emerse già prima del week end, salvo la stretta sulla scuola).

"I ministri e i sottosegretari sono per buona parte gli stessi, gli atti che vengono emanati, i Dpcm, sono gli stessi e i contenuti anche. Sento dire che c'è un cambio di passo ma ho difficoltà a focalizzarlo", ha osservato questa sera al Tg2 Post la leader di FdI, Giorgia Meloni. Non sorprende che la presidente di Fratelli d'Italia, unica leader all'opposizione insieme a Fratoianni, continui a polemizzare per la sostanziale continuità rispetto al governo Conte bis. Quello che stupisce è che chi fino a poco tempo fa saliva sulle barricate per la scelta di ricorrere allo strumento dpcm adesso taccia e faccia finta di non vedere.

Perché fino a poche settimane fa, quando al governo c'era la coalizione giallo-rossa, a chiedere che ci fosse un maggiore coinvolgimento del Parlamento, sostituendo i provvedimenti emanati d’urgenza dal presidente del Consiglio per la gestione dell'emergenza Covid, era soprattutto il centrodestra. Ora però con Lega e Forza Italia nella maggioranza di governo la musica è cambiata.

"Per norma costituzionale è giusto tornare verso i decreti. Questa sarà una sfumatura per chi ci ascolta, ma anche il rispetto della norma e della Costituzione deve tornare a prevalere – ha detto Matteo Salvini due giorni fa Quindi che sia l'ultimo Dpcm. Poi si passi ai decreti approvati dal presidente della Repubblica e dal Parlamento". Un tono molto più pacato, rispetto a quando la Lega parlava di "golpe giuridico", secondo la definizione di Riccardo Molinari.

E la ministra per gli Affari regionali, l'azzurra Mariastella Gelmini, davanti al nuovo dpcm non si è scomposta. Eppure lo considerava uno "strumento discutibile", come ha ricordato ‘il Fatto Quotidiano'. La ministra di Forza Italia si è giustificata così: "Avremmo voluto utilizzare il decreto ma era in scadenza il Dpcm e non c'erano materialmente i tempi. Nonostante questo abbiamo volato, è stato fatto il dibattito in Parlamento, abbiamo riunito 6 volte la cabina di regia, abbiamo incontrato le Regioni. È chiaro che non sono provvedimenti facili e popolari ma io rivendico una discontinuità non solo nei tempi ma anche nel metodo".

Anche Matteo Renzi aveva attaccato l'ex premier per i dpcm: "L'ultimo dpcm è uno scandalo costituzionale. Non possiamo calpestare i diritti costituzionali", aveva scritto in una enews. "Una considerazione da fare è quella di natura costituzionale. Io penso sia molto importante riconoscere che quello che sta accadendo in queste settimane sulla Costituzione sarà un precedente. Violare o derogare alla Costituzione avrà degli effetti per il dopo", diceva il leader di Iv ad aprile, in pieno lockdown. Sulla stessa scia il deputato renziano Michele Anzaldi, secondo cui il dpcm è uno strumento "che esautora il Parlamento".

L'attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia nella sua relazione sull'attività della Corte Costituzionale nel 2019, da presidente della Consulta, scriveva: "La nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza ed anzi la nostra Repubblica ha attraversato varie situazioni di crisi, a partire dagli anni della lotta armata, senza mai sospendere l'ordine costituzionale".

Contro Conte si scagliava anche Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta: "Invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri", diceva a il Dubbio, bastava "ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali", cioè del Quirinale. "È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati". E ancora: "Prima o poi anche la Consulta boccerà le misure anti-Covid del governo Conte". Nessuno di loro però ha battuto ciglio davanti all'ennesimo provvedimento d’urgenza del presidente del Consiglio Draghi.

422 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views