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Dimissioni Zingaretti: cosa succede ora nel Partito Democratico

Le dimissioni di Zingaretti da segretario del Partito Democratico hanno colto di sorpresa molti, soprattutto all’interno del Pd: la reazione generale, per ora, è stata quella di ricompattarsi intorno al presidente del Lazio. C’è chi insinua che sia una mossa per farsi riconfermare a furor di popolo la prossima settimana in assemblea, ristabilendo la sua leadership. Se non dovesse ripensarci la strada delle primarie è più in salita che mai, vista l’emergenza Covid.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del Partito Democratico hanno sorpreso un po' tutti, soprattutto per modi e tempi. Ma dopo lo shock iniziale – non solo all'interno del Pd – si è iniziato a riflettere sulle conseguenze della scelta del presidente del Lazio, ma anche sulla strategia di fondo. Ammesso che ci fosse. Se è vero che il suo sembra uno sfogo scritto di getto, all'improvviso, senza avvisare nessuno, tanto da mandare per ore nel panico diversi esponenti del partito, è anche vero che le accuse di aver svoltato per una strada secondaria che possa portarlo alla riconferma ci sono e hanno una loro logica. I prossimi giorni saranno fondamentali per capire il destino di Zingaretti (e del Pd).

Perché Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario del Partito Democratico

La crisi interna scoppiata nel Pd dopo la formazione del governo Draghi è solo la punta dell'iceberg, di malumori tra le fila dei dem ce n'erano da tempo. Nel Partito Democratico ci sono da sempre diverse correnti, e in questo momento Zingaretti ha contro sia gli amministratori (Gori, Bonaccini e Nardella su tutti), ma anche Base riformista guidata da Lotti e Guerini. Quelli che vengono chiamati ex renziani (ma non gradiscono l'accostamento). Il tema intorno a cui è scoppiata la polemica è la rappresentanza femminile nel nuovo governo, ma la vera questione sono le scelte politiche di Zingaretti: l'alleanza con il Movimento 5 Stelle, gli endorsement a Conte, la scelta di entrare al governo con la Lega con Draghi a Palazzo Chigi. Il risultato, secondo i critici, è l'appiattimento del Pd sui grillini, con tanto di sondaggi elettorali che vedrebbero il crollo dei dem qualora Conte diventasse (ufficialmente) il leader dei 5 Stelle. Il tutto Zingaretti lo ha deciso senza passare da un nuovo congresso.

Cosa succederà ora all'interno del Pd e perché Zingaretti potrebbe essere confermato

Le dimissioni di Zingaretti possono essere uno sfogo, una porta sbattuta, una cesura netta, oppure una mossa tattica molto intelligente. Ieri, dopo qualche ora di imbarazzo, sono piovuti commenti di sostegno al leader dimissionario del Pd. Da dentro il partito, ufficialmente, anche alcuni esponenti di spicco di Base riformista, Guerini e Marcucci, gli hanno chiesto di ripensare alla sua scelta. Le date fissate sul calendario sono il 13 e il 14 marzo, quanto si terrà l'assemblea nazionale del Partito Democratico. Ora Zingaretti ha diverse possibilità e la scelta di una o dell'altra dipenderà sia dalla strategia che c'era dietro questa scelta, sia da quello che succederà nei prossimi dieci giorni.

Zingaretti potrebbe non ripensarci e lasciare l'incarico, ma andrebbe capito con che tempi e modalità si potrà trovare un successore, visto che le primarie al momento sono infattibili; o potrebbe – come insinuano alcuni – aver fatto tutto questo per farsi riconfermare a furor di popolo, mettendo a tacere tutti i critici e rinnovando la sua leadership almeno fino alle prossime amministrative di ottobre, quando si decideranno comuni importanti come Roma, Milano, Torino e Napoli. La maggioranza delle correnti appoggiano ancora Zingaretti, tutto dipenderà (forse) ancora da lui.

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