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Dentro le chat di Articolo 52: “Qui comandano gli italiani, ai maranza bisogna sparare in testa”

L’inchiesta sotto copertura di Backstair svela le chat di Articolo 52, gruppo che organizza pestaggi contro stranieri nelle periferie milanesi. Si definiscono “milizia anticrimine”, ma dietro le ronde c’è un disegno criminale razzista e strutturato.
A cura di Backstair
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TikTok come megafono, Telegram come sala operativa. È attraverso queste piattaforme che si muove Articolo 52, il movimento che si definisce “milizia anticrimine e anti-maranza”, al centro di Caccia allo straniero, l’inchiesta sotto copertura di Backstair, l'unità investigativa di Fanpage.it. L’infiltrazione tra le loro fila di un giornalista sotto copertura ci ha permesso di entrare nel gruppo “ Scuola”, una delle chat interne del movimento.

In queste corrispondenze, gli affiliati, animati dal sentimento di odio contro le persone straniere, si vantano delle loro azioni passate, condividono i video delle rappresaglie e discutono della possibile organizzazione di future spedizioni punitive.

Le ronde della giustizia privata

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“Noi siamo contro chi crea casino, che merita una durissima punizione. E contro chi non si integra, ovviamente vorremmo i musulmani nelle loro terre. Però non andiamo in giro a pestare stranieri a caso. Lo facciamo solo con chi se lo merita, tipo i maranza. Loro se lo meritano a prescindere.” 

Sono queste le linee guida del movimento, impartite da uno degli amministratori del gruppo che spiega come individuare i possibili obiettivi, tra cui i maranza, il termine dispregiativo usato per etichettare gli immigrati di seconda generazione. Sostengono di non colpire in modo indiscriminato, ma mirato, e i criteri di selezione delle vittime li spiegano con precisione nel gruppo Telegram in cui siamo stati invitati a entrare.

“Ho un piano per la prossima ronda – esordisce uno dei membri più attivi nella chat – “andiamo in un parchetto dove ci sono sti spacciatori, va solo uno di noi a dire che hanno rotto il cazzo di creare degrado e che se ne devono andare, così li provoca e appena alzano le mani arriviamo noi e facciamo il culo a sti magrebini”.

Ci si muove in gruppo dunque, perché vale sempre la regola della superiorità numerica: bisogna essere almeno tre contro uno, ma meglio se il rapporto è più sproporzionato. Non ci si può tirare indietro e non sono ammesse persone che non siano disposte ad agire, chi si unisce al movimento “lo fa per amore della patria” e deve essere pronto a rischiare.

Le vittime devono “meritare la punizione” perciò prima di colpire bisogna provocare e accertarsi “che questi siano pronti a spacciare”. Non serve molto per accendere la miccia: “Al primo rompimento di cazzo fatto da qualche selvaggio si interviene” e da quel momento tutto diventa legittimo nel codice degli Articolo 52.

“Partite”, munizioni e “campi da gioco”

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I membri del gruppo xenofobo si muovono di notte e lo fanno soprattutto nelle periferie: Corvetto, Rogoredo, Lambrate, ma prima di agire “i campi da gioco si studiano”, e per “giocare la partita” bisogna essere sicuri che a scendere in campo ci siano abbastanza “giocatori”: tutte parafrasi che servono per discutere del loro disegno criminoso senza risultare troppo espliciti.

Per questo motivo nelle chat vengono spesso pubblicati dei sondaggi, servono a verificare le disponibilità e a organizzare i sopralluoghi, perché la strategia da adottare va discussa di persona e i bersagli si possono individuare sui social: basta crearsi un profilo falso e iniziare a seguire chi “si veste da maranza, parla da maranza, ascolta musica da maranza”. Sono loro le vittime predestinate e il motivo dichiarato è che “i maranza sono cani randagi, non parlano italiano e non sono per niente integrati”, per cui “anche se li picchiamo non denunciano". 

Dopo aver studiato le zone e gli orari in cui si muovono le persone che vogliono colpire, gli Articolo 52 condividono le foto delle loro vittime nella chat, in modo che tutti i partecipanti sappiano riconoscerle. “Eccola sta merda, non scappa, abbiamo studiato tutto: percorso, macchine e luogo d’azione”, commenta uno degli iscritti dopo aver inoltrato la foto di uno dei loro possibili bersagli. “Questo era da bombardare”, scrive un altro mandando il video di un ragazzo che si allena in un parco.

Non c’è limite alla violenza, nemmeno quando si discute delle armi da portare con sé, anzi “bisogna andare armati seri”. Alcuni si sono muniti di manganelli pieghevoli, tirapugni e chiavi inglesi perché sono oggetti che si possono infilare negli zaini e nascondere in fretta. E poi “se colpisci sul corpo non rischi di fare morti e non partono indagini serie”. Altri, però, non sono d'accordo. Vorrebbero fare di più, obiettano che “l’unico modo per dare un segnale serio è sparare in testa a queste persone, alla vecchia maniera, con il piombo”.

Esaltati dall’idea di “farsi giustizia da sé”, i membri di Articolo 52 hanno un’unica preoccupazione: hanno bisogno di essere considerati degli eroi, vogliono ricevere il consenso dell’opinione pubblica e poter accettare l’invito a trasmissioni in radio o in tv per andare a difendere con orgoglio il loro operato.

La catena della violenza

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Nel periodo trascorso all’interno delle chat di Articolo 52, veniamo sommersi da messaggi d’odio: Una volta ho sognato di prendere un maranza marocchino e riempirlo di botte ammanettato al palo della luce, dove qualcuno fa un video e gli facciamo supplicare di smetterla e gli facciamo dire che l’Italia è sovrana ed è degli italiani”, a questo messaggio così efferato si unisce il coro dei sostenitori che si dicono emozionati all’idea.

“Hanno trovato un ragazzo in fin di vita, legato alle mani e imbavagliato, un egiziano. Se facciamo qualcosa deve essere tipo così, roba grossa ragazzi”; “Andiamo un po’ e picchiamo delle scimmie da qualche parte”, “Io ho un amico gay che inculerebbe un marocchino mentre lo riprendiamo per umiliarlo ulteriormente”. 

Questi sono alcuni degli scambi che registriamo e di cui teniamo traccia, perché per essere sicuri di poter dare libero sfogo ai propri pensieri, senza il timore di essere scoperti, la chat si resetta ogni ventiquattro ore. Si compiacciono al pensiero che queste cose possano avvenire davvero, per questo la loro esaltazione è massima quando nel gruppo arriva il video del pestaggio avvenuto a San Siro: quella è la dimostrazione che non si tratta solo di parole.

a cura di Selena Frasson e Luigi Scarano

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