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Elezioni politiche 2022

De Masi a Fanpage.it: “Cinque Stelle incastrati sul doppio mandato, sbagliano in ogni caso”

Il sociologo Domenico De Masi a Fanpage.it analizza la questione del nodo del doppio mandato nel M5s, su cui Conte e Grillo dovranno trovare una soluzione nelle prossime ore: “O si recupera l’identità o si valorizzano le competenze. Oppure si trova una terza via per salvare capra e cavoli”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nelle prossime 48 ore il presidente del M5s Giuseppe Conte dovrà comunicare quale sarà la sorte di una delle regole auree del Movimento, e cioè il tetto dei due mandati per gli eletti, una regola che il fondatore e Garante del M5s proprio non vuole cambiare, considerandola "una luce nelle tenebre". Il presidente del M5s vedrebbe bene qualche deroga, giusto per permettere ai big del M5s, coloro che hanno occupato posizioni importanti in questi anni, di continuare a lavorare nelle istituzioni al servizio del Paese. Senza una deroga al limite dei due mandati saluterebbero il Parlamento figure storiche come Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi, Alfonso BonafedeGianluca PerilliGiancarlo Cancelleri. Ma anche i ministri Federico D’Incà e Fabiana Dadone.

L'Adnkronos aveva riportato la notizia di una presunta telefonata tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, in cui l'ex comico avrebbe avvisato l'ex premier, dicendosi pronto a lasciare il Movimento, in caso di deroghe alla regala dei due mandati. L'aut aut è stato poi smentito "categoricamente" da Conte: "Tra me e Beppe Grillo non c'è stata nessuna telefonata ieri sera".

Tralasciando le ricostruzioni più o meno fantasiose, la questione del doppio mandato preoccupa gli esponenti pentastellati, viste anche le fuoriuscite che si sono registrate in questo mese, dopo l'addio di Luigi Di Maio. Anche perché, ed è questo il mood che si respira tra i parlamentari, anche tra alcuni di quelli al primo mandato, mantenendo immutata la regola si rischia di penalizzare il Movimento, costretto a rinunciare a figure di spicco che magari in questi anni hanno acquisito competenze e professionalità. Abbiamo chiesto un parere al professore e sociologo Domenico De Masi, già direttore scientifico della Scuola di formazione M5s, lo stesso che lo scorso 29 giugno, qualche settimana prima della caduta del governo, aveva raccontato al Fatto Quotidiano dei contatti tra Mario Draghi e Beppe Grillo, rivelando che il premier aveva fatto pressioni per far rimuovere Giuseppe Conte, pressioni sempre negate dal presidente del Consiglio.

"Il tetto dei due mandati non è nato a caso, è stato introdotto per contrastare la sequenza di politici di professione, che si staccano dai problemi reali. È un elemento di identità per i Cinque Stelle. Naturalmente c'è anche un'esigenza opposta: i Cinque Stelle hanno portato al governo persone alle prime armi in campo governativo. Poi, durante la permanenza in Parlamento e nei ministeri, si sono fatte un'esperienza, che sarebbe sprecata se non si utilizzasse. Il dilemma è ora tra la fedeltà alla purezza dei principi e la necessità di non sprecare un'esperienza che è stata fatta in questi ‘stage' che abbiamo pagato noi italiani, sotto forma di stipendi", spiega il professore, che conosce molto da vicino il Movimento e la sua evoluzione.

"Se si conservasse la norma gioverebbe ai Cinque Stelle, alla loro identità e originalità. Però contrasterebbe con l'utilità pratica della gestione del partito. D'altra parte disdire questa regola in questo momento significa rinunciare al principio identitario".

Secondo il sociologo si potrebbe adottare una via di mezzo: "Mantenere in una terza e definitiva esperienza quelli che si sono dimostrati più ricettivi, che hanno mostrato di aver fatto più progressi nell'acquisizione delle competenze". Non quindi 3 o 4 "fedelissimi", dovrebbero beneficiare delle deroghe, ma chi ha dimostrato di essere capace di esercitare un ruolo nelle istituzioni. "Non basta aver aver ricoperto un incarico, bisogna dimostrare di averlo ricoperto bene", sottolinea De Masi.

Ma chi dovrebbe scegliere chi può andare avanti con un terzo mandato? Per il professore a quel punto dovrebbe decidere il presidente: "Nel caso del M5s potrebbe stabilirlo anche la base, ma non so quanto sarebbe consapevole e in grado di valutare le competenze acquisite".

In vista delle elezioni non c'è una chiave per uscire da questo dilemma: "O si recupera l'identità o si valorizzano le competenze. Oppure si trova una terza via per salvare capra e cavoli. Se poi un ministro non è competente ci andiamo a perdere tutti. Il M5s però ha avuto anni per risolvere il problema e preparare una nuova classe dirigente competente in grado di sostituire quella attuale. Ora sono incastrati in un bivio, comunque scelgono sbagliano".

Un altro nodo ancora da sciogliere riguarda invece le parlamentarie, ovvero la selezione dal basso che da sempre ha contraddistinto le candidature nel M5s, per le quali potrebbero però mancare i tempi tecnici, dato che si vota tra meno di due mesi: "Le liste le faranno come tutti gli altri partiti, cioè le decide il presidente, magari facendosi consigliare. Mai successo in 74 anni che le elezioni si indicessero con soli due mesi di anticipo. È una situazione eccezionale", dice De Masi. Ma nel Movimento c'è già chi propone un escamotage: sottoporre al giudizio della base le liste già chiuse.

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