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Cosa sappiamo sul caso dei presunti soldi inviati dalla Russia ai partiti politici esteri

L’annuncio dagli Usa sta monopolizzando gli ultimi giorni di campagna elettorale, mentre i partiti chiedono chiarezza agli Stati Uniti. Non è ancora chiaro se ci siano o meno nomi italiani nella lista di chi ha ricevuto finanziamenti da Mosca.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Le ombre russe si riaffacciano sulla politica italiana, anche se in verità potrebbero non averla mai lasciata. In piena campagna elettorale, a dieci giorni dal voto, il caso è esploso. Anche se di chiaro, in questa storia, non c'è praticamente nulla. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di essere a conoscenza di 300 milioni di fondi distribuiti da Mosca ai partiti politici esteri, dal 2014 in poi. Nonostante ieri si sia scatenato il caos, con la richiesta di intervento del Copasir, le telefonate tra il presidente del Comitato parlamentare e il sottosegretario ai Servizi Gabrielli, il colloquio dello stesso Urso che ieri si trovava a Washington per altri motivi, di fatto si sa ancora molto poco.

Ufficialmente, secondo quanto dice Urso, non ci sono italiani nel dossier americano. C'è però preoccupazione e – soprattutto – richiesta di chiarezza sia da parte dei partiti politici verso gli avversari, sia verso gli Stati Uniti. Meloni ha parlato di un caso che non esiste, Salvini ha minacciato di querelare chiunque faccia il suo nome. Non è un segreto che il suo partito, la Lega, sia stato il più vicino tra quelli italiani a Russia Unita di Putin negli ultimi anni, ma non c'è assolutamente nulla di concreto al momento. Il Partito Democratico, intanto, chiede che sia fatta chiarezza. Soprattutto a dieci giorni dalle elezioni politiche.

Il Copasir si riunirà domani mattina alle nove. E mentre il ministro Di Maio ha ipotizzato che ci siano altri documenti che Washington è pronta a inviare a Roma, Repubblica ha parlato con una fonte informata dei fatti dal Dipartimento di Stato americano, che ha sostanzialmente detto che di italiani in lista ce ne sarebbero eccome.

A preoccupare, a questo punto, sono le tempistiche. La richiesta, abbastanza unanime, è che se c'è qualcosa da diffondere venga fatto prima del voto della prossima settimana. I tempi degli Usa, però, potrebbero non coincidere. Parte dei documenti potrebbe essere secretata e le notizie potrebbero arrivare più avanti, mentre qualcuno già solleva dubbi sulle tempistiche dell'annuncio americano.

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