Smart working e Coronavirus, l’elenco dei Comuni in cui è previsto il telelavoro

Continua a diffondersi l'emergenza del coronavirus e sono molte le imprese nelle Zone Rosse che costrette a fermarsi. Nel decreto della presidenza del Consiglio dei ministri contro la diffusione del Sars-Cov-2 si prevede infatti "la sospensione dell'attività lavorativa per alcune tipologie di impresa e la chiusura di alcune tipologie di attività commerciale". Ma si apre anche allo smart working per quelle tipologie di impiego che lo prevedono: "La modalità di lavoro agile (smart working, ndr) disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell'ambito di aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti", si legge nel decreto entrato in vigore domenica 23 febbraio. "Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore dalla data odierna e sono efficaci per quattordici giorni, salva diversa successiva disposizione", si specifica.
L'elenco dei Comuni in cui si prevede lo smart working
In altre parole, nelle Regioni colpite dai contagi è attuabile immediatamente e senza accordi preventivi con l'azienda, la modalità dello smart working. Il decreto si applica nello specifico alle Regioni Lombardia e Veneto. I Comuni a cui vanno applicate le misure urgenti sono in Lombardia Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini; mentre in Veneto Vo' Euganeo.
Cosa prevede il Decreto per le Zone Rosse
Nel sito del ministero del Lavoro, per quanto riguarda il lavoro agile, si afferma: "Con il Dpcm del 23 febbraio 2020, il Governo è intervenuto per rendere più immediato il ricorso allo smart working, o lavoro agile, nelle aree considerate a rischio per l'emergenza Coronavirus. In tali aree, per favorire il normale svolgimento dell'attività lavorativa, il Dpcm consente, in via straordinaria, l'attivazione dello smart working anche in assenza dell'accordo individuale. In questi casi, nella procedura telematica l'accordo individuale è sostituito da un'autocertificazione che il lavoro agile si riferisce ad un soggetto appartenente a una delle aree a rischio. Nel campo "data di sottoscrizione dell'accordo", va inserita la data di inizio dello smart working".
I vantaggi dello smart working
Anche la viceministra dell'Economia, Laura Castelli, è intervenuta sull'argomento affermando che lo smart working non dovrebbe essere semplicemente una misura di emergenze. Al contrario, secondo Castelli, si tratta di una modalità di lavoro da esplorare anche dopo questa fase di emergenza: "Abbiamo messo in campo le migliori risorse ed i più alti livelli dei protocolli di sicurezza sanitaria per circoscrivere l’emergenza Coronavirus. Adottando anche diverse soluzioni per il contenimento, come il telelavoro o lavoro agile. Questa è una di quelle soluzioni che può e dovrebbe diventare stabile, anche dopo che avremo superato questa fase. Una crisi, con le immani sfide che pone, deve e può generare soluzioni innovative capaci di far fare un salto di qualità a tutto il Paese. Il lavoro agile oggi ci permetterà di contenere i contagi nelle grandi aziende, senza fermare la produttività, ed è stato possibile attivarlo perché previsto dalle linee guida della gestione delle emergenze sanitarie in ambito privato. Domani, rendendola una forma stabile, per i lavori che ovviamente potranno essere svolti con queste modalità, riusciremo ad avere molti benefici per i cittadini lavoratori: risparmi in termini economici, ambientali, miglioramento della qualità della vita. Dobbiamo essere pronti a fare un salto culturale, forse anche nel pubblico impiego, perché telelavoro non è lavorare di meno, ma meglio".
Ovviamente, ha sottolineato l'esponente pentastellata, quanto affermato si applica a quelle tipologie di lavoro che si posso svolgere anche lontano dalla sede. Che chiaramente non è il caso per ogni tipo di impiego: per alcune categorie l'opzione del lavoro agile è semplicemente impossibile. Per queste, nelle zone rosse dell'emergenza, è prevista la sospensione. Ma per il resto, secondo Castelli, bisognerebbe valutare i risparmi in termini economici, ambientali, e il miglioramento della qualità della vita che lo smart working può offrire anche al di là del provvedimento straordinario. Secondo i dati diffusi dall'Osservatorio del Politecnico di Milano, al momento il 58% delle grandi imprese opera in smart working. In termini numerici questo si traduce in 570mila lavoratori che usufruiscono della modalità del lavoro agile. Negli ultimi anni la percentuale è cresciuta sensibilmente, anche se secondo l'Osservatorio i margini siano ancora più ampi: "Cinque milioni di lavoratori in Italia potrebbero adottare lo smart working. Molti di loro lavorano in aziende di piccole e medie dimensioni. Ci sono anche pubbliche amministrazioni: a Torino il Catasto ha avviato con successo il progetto di edilizia agile, che ha permesso di ampliare gli orari di apertura e di avere una maggiore produttività. E ci sono anche attività che non si pensa possano essere svolte in modalità agile, come la manutenzione: lo ha fatto per esempio la ABB di Genova, che prima mandava i propri dipendenti in Uganda e invece adesso, dopo aver lavorato sui processi con le nuove tecnologie, può intervenire a distanza".