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Bonus 600 euro anche per gli autonomi delle casse private, ma con molti paletti

I lavoratori autonomi iscritti alle casse private erano stati esclusi dal bonus di 600 euro per marzo previsto dal Cura Italia. Ora un decreto del ministero del Lavoro estende anche il benefit anche ad architetti, ingegneri, avvocati che lavorano col co.co.co e la partita Iva. Ma rimangono molte incognite, prima fra tutte quella delle risorse.
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A cura di Marco Billeci
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Per affrontare la crisi economica provocata dal Coronavirus, arrivano i sussidi anche per i lavoratori autonomi iscritti alle casse private diverse da Inps.  Ingegneri, avvocati, architetti e gli altri professionisti che lavorano con Partita Iva o co.co.co e nel 2018 hanno percepito redditi inferiori a 50mila euro riceveranno 600 euro per il mese di marzo qualora abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività. Il limite di reddito si abbassa a 35mila euro per chi ha visto il proprio lavoro solo limitato dagli effetti delle restrizioni adottate per fronteggiare l'emergenza COVID.

Gli autonomi che versano i contributi agli enti di previdenza professionali erano stati esclusi in prima battuta dal beneficio di 600 euro previsto dal decreto Cura Italia, destinato solo ai lavoratori iscritti alla gestione separata dell'Inps. Ora con un decreto del ministero del Lavoro questo bonus "una tantum" per il mese di marzo viene esteso, attingendo a una parte delle risorse stanziate per il cosiddetto "reddito di ultima istanza", istituito sempre attraverso il Cura Italia. Mentre però nel caso degli iscritti alla previdenza pubblica i 600 euro sono universali, spettano cioè a tutti i co.co.co e Partite Iva, per i professionisti delle casse private ci sono precisi crtieri da rispettare.

I criteri per accedere

Il principale paletto, come detto, è il reddito. Un professionista  può accedere al bonus se ha chiuso la partita Iva nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 31 marzo 2020, qualora nel 2018 abbia avuto un reddito inferiore a 50mila euro. Stessa soglia per chi ha subito un calo del reddito di almeno il 33 percento nel primo trimestre del 2020 rispetto allo stesso trimestre del 2019. La riduzione quindi non deve riguardare solo il fatturato, ma  il complesso delle entrate del lavoratore.

Quest'ultimo criterio rischia di escludere dalla platea un'ampia fetta di persone. Come noto, l'emergenza Coronavirus in Italia è esplosa a fine febbraio e la maggior parte delle misure restrittive sono state adottate in tutto il Paese a marzo inoltrato. Sembra complicato quindi che un autonomo possa dimostrare di aver subito in un lasso di tempo così ristretto (il limite, ricordiamo, è il 31 marzo) un calo del proprio reddito di almeno un terzo rispetto al primo trimestre dell'anno precedente.

Il nodo risorse

Se invece la propria attività è stata solo limitata dalle misure di chiusura prese per contrastare il virus, la soglia di reddito del 2018 stabilita per ricevere i 600 euro scende a 35mila euro. In questo caso sarà il professionista a dover autocertificare gli elementi che hanno ostacolato il proprio lavoro

L'indennità non è cumulabile con il reddito di cittadinanza né con altri benefici previsti per i lavoratori dal Cura Italia. La richiesta deve essere fatta entro il 30 aprile alla propria cassa di appartenenza è può essere presentata a un solo ente di previdenza obbligatorio (pubblico o privato).

Resta infine il nodo delle risorse. Il decreto ministeriale stanzia 200 milioni per questa misura,  specificando che le erogazioni avverranno rispettando l'ordine cronologico di presentazione delle domande. Un sistema a rubinetto, quindi, per cui gli enti di previdenza privata dovranno comunicare ogni settimana le spese sostenute, che verranno poi rimborsate dallo Stato. Se si dovesse arrivare a limite delle risorse stanziate, gli assegni potranno continuare a essere versati solo se il governo metterà altri soldi.

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