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Opinioni

Come anche stavolta Giorgia Meloni riuscirà a raccontare agli italiani un Paese che non c’è

L’aggettivo più usato per elogiare la Giorgia Meloni di governo è “prudente”, in riferimento alle scelte operate in politica economica ed estera. È un modo elegante per dire che alla Giorgia Meloni di lotta non resta che la parte comunicativa, unico strumento che le resta per raccontare agli italiani un futuro che semplicemente non esiste. Che è esattamente ciò che vedremo nelle prossime settimane.
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Prudente, realista, di buonsenso: sono questi gli aggettivi più usati negli interventi e nelle analisi di elogio all'operato di Giorgia Meloni, in particolare per quel che riguarda la politica economica del governo. Nel suo primo anno a Chigi, in effetti, la Presidente del Consiglio è sembrata muoversi in continuità col suo predecessore su alcuni dossier di grande rilevanza, pur adoperandosi per inviare segnali di discontinuità all’opinione pubblica (reddito di cittadinanza e, in parte, superbonus). L’idea comune era che ci fosse bisogno di tempo per impostare quei cambiamenti promessi in campagna elettorale e ancor di più nei mesi di solitaria opposizione di Fratelli d’Italia al governo Draghi.

La NADEF di quest’anno è invece l’ennesimo bagno di realtà: la situazione economica è quella che è, le risorse sono poche e vanno gestite con grande rigore, le rivoluzioni costano e non è questo il momento. Intendiamoci, l’esecutivo continua a chiedere alle istituzioni europee una certa “clemenza”, in considerazione dei tanti elementi di incertezza che persistono a livello globale e di quelli che considerano “errori precedenti” (superbonus su tutti). La scelta di recuperare circa 3 miliardi agendo sulla leva del deficit, peraltro, dovrebbe servire a intervenire su pensioni e pubblica amministrazione, oltre che a rimediare all’ennesimo errore nella gestione dell’accoglienza migranti. Ma l’intero impianto della strategia di Meloni e Giorgetti è essenzialmente prudente. Anzi, per citare la NADEF, “si basa sull‘individuazione di un punto di equilibrio tra sostegno alla crescita, agli investimenti e al potere d’acquisto delle famiglie italiane, da un lato, e disciplina di bilancio e riduzione del rapporto debito/PIL, dall’altro”. Il tutto, ovviamente, nella consapevolezza che “la variabile fondamentale per garantire la sostenibilità, non solo del debito ma anche dell’equilibrio socioeconomico del Paese, è la crescita economica”.

Nell’attesa di capire nel dettaglio come verranno impiegate le poche risorse a disposizione (ovvero, nell’attesa di capire quale ministro si incazzerà di più), possiamo parlare della NADEF come della traduzione pratica di quel “non si può fare tutto”, che Giorgetti e Meloni hanno ripetuto come un mantra negli ultimi mesi. Una considerazione di assoluto buonsenso, che ha però un valore politico enorme. Meloni dovrà passare un altro anno a spiegare agli italiani i motivi per l’ennesimo rinvio di quella rivoluzione su cui ha costruito la propria fortuna elettorale.

Non sarà semplice, anche perché i fatti sono ostinati e, per parafrasare Salvini, "i soldi o ci sono o non ci sono". E per la sanità, ad esempio, semplicemente non ci sono, almeno non quelli promessi e auspicati. Così, davanti ai rappresentanti delle Regioni, alla Presidente del Consiglio tocca ripercorrere tutto l'armamentario retorico dei suoi predecessori sugli "sprechi da eliminare", sulla "sostenibilità del sistema nel suo complesso", sulle criticità da superare e sulle battaglie da combattere assieme per cambiare tutto (ascoltare per credere).

È un doppio binario: all'atto pratico si scopre il realismo e si opera con prudenza, sul piano comunicativo si racconta un Paese che non esiste e si prospetta l'imminenza di una rivoluzione, che poi non arriverà mai. È un gioco, quello della rivoluzione sempre mancata, che può reggere solo se Meloni riuscirà di volta in volta a individuare nemici esterni, responsabili di quelle oscure trame e profondi complotti che le hanno impedito di portarla a termine.

Non sarà facilissimo, ma la tattica è già ben rodata. Si tratterà di concentrare le energie su questioni di grande impatto emozionale, in modo da distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da altre di maggior impatto concreto per la loro vita quotidiana. Un meccanismo nel quale Meloni e i suoi hanno maturato grande esperienza negli anni all’opposizione, e che hanno provveduto ad aggiornare alle nuove necessità di governo. Ne abbiamo già avuto un piccolo assaggio in questi mesi, in particolare per quanto riguarda i cosiddetti “trial balloons”, argomenti o dichiarazioni che vengono dati in pasto all’opinione pubblica, in modo da tastarne il polso, valutarne le reazioni e calibrare toni e modi delle comunicazioni successive. Dai rave (ve li ricordate?) alle baby gang, passando per le borseggiatrici, le femministe e gli ambientalisti, la destra ha fatto capire di non saper fare altro che costruire a tavolino vere e proprie emergenze nazionali, in modo da distrarre l’opinione pubblica dal vuoto di risultati concreti e misurabili. Esattamente come, di fronte a problemi strutturali e di elevata complessità, l’individuazione di un nemico facilmente riconoscibile serve a coprire l’assenza di proposte politiche e visioni di ampio respiro. Vale per l’immigrazione (che resterà "colpa" delle Ong e di generici trafficanti da rincorrere per tutto il globo terracqueo…), per la rivoluzione fiscale che non ci sarà a causa dell'Europa del rigore e dell'austerità, per una riforma delle pensioni epocale che sarà sostituita da un brodino caldo e così via, anno dopo anno.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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