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Chi pagherà per costruire il Ponte sullo Stretto di Messina

Nel Def, il governo Meloni non ha scritto da dove verranno i fondi per finanziare il Ponte sullo Stretto di Messina. Secondo le stime, serviranno almeno 13,5 miliardi di euro. Tra fondi regionali (da Calabria e Sicilia), nazionali ed europei, al momento c’è poca chiarezza su chi dovrà metterci i soldi.
A cura di Luca Pons
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Il Ponte sullo Stretto di Messina costerà molto e, per ora, non si sa chi lo finanzierà. Questo è lo stato dell'arte per l'opera su cui il governo Meloni, e specialmente il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, ha deciso di puntare. Secondo il primo Def del governo, il Ponte da solo costerà 13,5 miliardi di euro. In più ci sarà 1,1 miliardi di euro per i collegamenti ferroviari, di cui si occuperanno le Ferrovie dello Stato, e una cifra ancora non definita (ma più bassa) per le connessioni stradali. Nel complesso, una spesa molto maggiore di quella ipotizzata in passato dal ministro Salvini, cioè sette miliardi di euro.

Ha fatto notizia il fatto che lo stesso Def riconosca che "ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di bilancio". Insomma, non si sa ancora da dove verranno i soldi per l'opera, e toccherà al governo trovare i 13,5 miliardi di euro da stanziare nella prossima legge di bilancio, che arriverà tra novembre e dicembre.

Lo stesso Salvini, peraltro, quando ha stimato un costo di sette miliardi di euro poche settimane fa ha detto semplicemente: "I soldi li prende lo Stato e se dei privati vorranno dare una mano saranno i benvenuti". In quell'occasione il ministro ha detto che il Ponte sarebbe costato "meno di un anno di reddito di cittadinanza", facendo intendere che forse una parte dei fondi risparmiati con l'abolizione del Rdc potrebbero essere rivolti al progetto.

La Calabria si fa avanti: "Noi, e soprattutto la Sicilia, possiamo contribuire"

Il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, intervistato da Radio 24 ha minimizzato il problema: "Non mi sembra una notizia, si sapeva che nel Documento di economia e finanza non ci sarebbero state le risorse per questa grande infrastruttura", ha detto. Si tratta di soldi "da reperire in legge di bilancio e poi attraverso il confronto con l'Europa", ha continuato senza dare indicazioni più specifiche.

Occhiuto ha anche preso un impegno per le due Regioni coinvolte, la sua Calabria e la Sicilia guidata da Renato Schifani: "C'è la disponibilità delle due Regioni più immediatamente interessate a partecipare al finanziamento di quest'opera pubblica".

Occhiuto ha sottolineato che a partecipare dovrà essere "soprattutto la Sicilia". D'altra parte, l'ultimo bilancio preventivo della Regione Calabria ha stimato che l'amministrazione di Occhiuto dal 2023 al 2025 avrà a disposizione 5,8 miliardi di euro e quasi tutti (4,02 miliardi) andranno alla sanità. I soldi liberi da vincoli sono, per tutti i tre anni, 773 milioni di euro in tutto. Un contributo che, se anche fosse rivolto interamente alla costruzione del Ponte (un'ipotesi decisamente improbabile) aiuterebbe in modo limitato.

I fondi europei da "riprogrammare"

Occhiuto ha poi citato anche un'altra possibile fonte di finanziamento: "Attraverso l'Europa ci sono risorse importanti, si tratta di riprogrammarle nella direzione di investire in quest'opera strategica per il nostro Paese".

I soldi europei che vengono diretti alle Regioni vengono da diverse fonti – il Fondo di sviluppo regionale, il Fondo di coesione, la Politica agricola comune, e anche lo stesso Pnrr – ma solitamente hanno degli scopi ben precisi e delineati. Usarli per costruire il Ponte (o "riprogrammarli", come ha detto Occhiuto) significherebbe iniziare un'altra trattativa con l'Unione europea, cosa che il governo Meloni dovrà già fare per mettere una pezza ai ritardi del Pnrr.

Con una relativa scarsità di fondi regionali e una certa difficoltà a rinegoziare quelli europei, quindi, il governo per mantenere le promesse dovrebbe trovare la maggior parte dei miliardi necessari dal bilancio nazionale, probabilmente prevedendo dei tagli in altri settori della spesa pubblica. L'unica alternativa resterebbero i "privati" citati da Salvini, che per ora non ci sono.

I timori dei Comuni siciliani: "Chiarezza subito sui finanziamenti, se no diventa un pantano"

Per quanto riguarda la Sicilia, il suo bilancio triennale 2023-2025 ha un valore complessivo di 16,5 miliardi di euro (contro i 5,8 della Calabria) ma anche in questo caso non emergono margini di manovra molto ampi per progetti ambiziosi e costosi. Oggi l'Anci Sicilia, che rappresenta i Comuni siciliani, è stata ascoltata dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera.

"La scelta del governo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria potrà comportare un miglioramento per l'isola e per la qualità di vita dei cittadini solamente se strettamente legata ad un complessivo rafforzamento infrastrutturale. Diversamente si rischia di alimentare, per l'ennesima volta, una legittima aspettativa per poi mortificarla", ha detto il presidente Paolo Amenta.

Per Anci Sicilia, "il Ponte potrà avere una funzione di opera strategica se accompagnata, oltre che dall'alta velocità, da adeguate infrastrutture viarie che colleghino il resto d'Italia con le aree turistiche e con gli aeroporti e i porti di Gioia Tauro, Augusta e Gela, attraverso un sistema intermodale". Insomma, perché il Ponte sullo Stretto non resti una cattedrale nel deserto serviranno altri interventi e lavori di collegamento, che quindi richiederanno altri investimenti e altri soldi da trovare.

Per quanto riguarda le tempistiche dell'opera, "è fondamentale che sia fatta, quanto prima, chiarezza sul piano finanziario, su quante siano le risorse economiche necessarie e su come sia fattibile il reperimento delle stesse", ha chiesto Amenta. Bisogna "evitare in tutti i modi il rischio di un ‘pantano' che rappresenterebbe la prospettiva peggiore tra le possibili".

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