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Decreto Pnrr, via libera del Senato alle misure del governo Meloni per recuperare i ritardi

Il decreto Pnrr è stato approvato dal Senato con 83 voti favorevoli e 57 contrari, astenuto il Terzo polo. Il testo ora passerà alla Camera, che ha tempo fino al 25 aprile per l’approvazione definitiva. Critica la Lega nelle dichiarazioni di voto: “Ci siamo consegnati all’Ue, un azzardo epocale”.
A cura di Luca Pons
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Il Senato ha dato il primo via libera al decreto Pnrr, che contiene diverse misure per tentare di accelerare l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I voti favorevoli sono stati 83, i contrari, 57, gli astenuti 6. Si è astenuto il Terzo polo, contrari gli altri partiti di opposizione. Dopo settimane di discussione anche all'interno della maggioranza, con centinaia di emendamenti presentati da Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, è arrivata così la forma finale del testo. La prossima settimana è attesa l'approvazione definitiva della Camera, che renderà il decreto una legge. La scadenza ultima è fissata al 25 aprile.

Dalle rinnovabili alle assunzioni nella Pa, le misure principali del decreto

Tra i provvedimenti inseriti nel decreto c'è la possibilità per gli enti locali di assumere in modo più stabile i dipendenti precari che sono stati presi con un contratto a tempo determinato per aiutare nel gestire i progetti europei. A questi si potrà proporre un contratto di due anni. Sempre per quanto riguarda la pubblica amministrazione, si apre la possibilità di un incarico pagato ai vertici della Pa anche per i pensionati, fino al 2026: la modifica è rivolta, tra l'altro, all'attuale direttore dell'Agenzia per la cybersicurezza, Bruno Frattasi, 67enne nominato a inizio marzo.

Ci sono alcuni interventi nel settore dell'innovazione digitale. È previsto lo stanziamento di 40 milioni di euro per pagare i gestori dello Spid: questo permetterà di mantenere attiva l'identità digitale anche nel 2024, anche se il governo Meloni intende puntare piuttosto sulla Carta d'identità elettronica. Vengono prorogati per due anni i permessi e le autorizzazioni per la rete Internet a banda ultra larga.

Nel decreto sono state inserite anche misure su temi assortiti. Dall'allungamento dei tempi per mettere in atto la riforma Cartabia sulla magistratura (fino a dicembre 2023), all'impiego del dipartimento Casa Italia gli interventi che contrastano il dissesto idrogeologico. Nel campo delle rinnovabili, il decreto semplifica le procedure burocratiche per una serie di infrastrutture dedicate alle energie green, che saranno esentate dalla valutazione di impatto ambientale.

Come cambia la gestione del Pnrr con il nuovo decreto

Una parte del decreto è dedicata a cambiare la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza, cioè la struttura che lo gestisce. La responsabilità principale viene spostata dal ministero dell'Economia alla presidenza del Consiglio, dove nasce la struttura di missione Pnrr. La struttura di missione avrà l'incarico di rapportarsi con la Commissione europea, oltre a supportare il ministro Raffaele Fitto nel coordinamento politico dei fondi.

Presso la ragioneria generale dello Stato (e quindi il Mef), invece, viene istituito l'ispettorato generale per il Pnrr che sostituisce quello che finora era stato il servizio centrale per il Pnrr, uno degli organi più importanti per la gestione del Piano. L'ispettorato si occuperà tra le altre cose di monitorare l'attuazione dei progetti. In più, viene data ampia discrezionalità ai singoli ministri, che potranno riorganizzare le proprie strutture interne che finora hanno gestito, monitorato e controllato il Pnrr.

Interventi che nell'intenzione del governo Meloni dovrebbero permettere di velocizzare i lavori del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Intanto, comunque, serviranno diverse settimane per mettere in pratica le modifiche alla struttura gestionale.

La polemica della Lega sul Pnrr: "Ci siamo consegnati all'Ue, ormai frittata è fatta"

La critica della Lega al Pnrr è continuata anche in Aula: "In questi giorni si è presa qualche frase di esponenti della Lega, che sembrava ci fossimo inventati che non volevamo fondi del Pnrr. Banalmente, ci siamo dichiarati d'accordo con quanto detto dal ministro Fitto: nel 2026 non ci si arriva con tutti i progetti completati". Così ha detto Claudio Borghi, senatore leghista, intervenendo nella dichiarazione di voto.

"I soldi del Pnrr vengono dai risparmiatori. Come se facessimo un mutuo e la banca ci desse i soldi non per comprare la casa che vogliamo, ma quella che vogliono loro, e ogni giorno ci venissero a controllare", ha continuato Borghi. Ma "questi soldi almeno ci verranno dati a tasso zero, viene da pensare, altrimenti non avrebbe senso. Eppure ci credete che io non ho ancora saputo a che tasso ci finanziamo? L'informazione non c'è".

"È stata una manovra di un azzardo epocale. Praticamente il nostro Paese si è consegnato mani e piedi all'Unione europea che controlla e guida quello che dovremmo fare con questi soldi (che poi alla fine sono nostri, e non sappiamo a che prezzo glieli paghiamo) senza sapere come e perché". La Lega "era contraria, e infatti guarda caso i fatti ci stanno dando ragione. Ma siamo persone pragmatiche, una volta fatta la frittata ragioniamo su come gestire al meglio la situazione. L'importante è essere sempre sinceri con i cittadini". La Lega ha comunque annunciato il voto favorevole al decreto.

"Dopo l'intervento della Lega in Senato serve un urgente chiarimento politico da parte del governo", ha commentato il senatore del Movimento 5 stelle Stefano Patuanelli. "Una parte della maggioranza parla del Pnrr come di "frittata fatta" e sostanzialmente propone di rinunciare ad oltre 200 miliardi per il nostro Paese. Non si può andare avanti così perché si boicotta il Paese. Se queste sono le posizioni della Lega ci domandiamo come è possibile avere come Ministro dell'Economia il leghista Giancarlo Giorgetti".

Il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia, ha commentato il decreto definendolo "un provvedimento confuso e pasticciato, che rischia di far accumulare nuovi ritardi visti i difficili equilibri che vanno costruiti per la gestione dei progetti dopo la stretta centralizzatrice che il governo impone. Ma sopratutto questo provvedimento non risolve la questione principale che è quella del destino di quei progetti. Ci sono circa 200 miliardi di risorse che servono alla crescita e allo sviluppo del Paese ma nella maggioranza c'è qualcuno che dice che a qualche progetto si può rinunciare. Di fronte a queste follie è assolutamente necessario che il governo venga in Parlamento a spiegare che cosa vuole fare".

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