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Che cosa cambia con lo scudo penale per i medici

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a una riforma che ridisegna la responsabilità penale degli operatori sanitari. La punibilità resterebbe solo nei casi di colpa grave, mentre linee guida e buone pratiche diventerebbero i principali punti di riferimento.
A cura di Francesca Moriero
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La questione della responsabilità dei medici torna ciclicamente al centro del dibattito pubblico; negli ultimi anni, più volte, diversi governi hanno infatti provato a trovare un equilibrio tra la tutela dei pazienti e la necessità di garantire ai professionisti la serenità necessaria per lavorare. Ora, con l'approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge sulle professioni sanitarie, a firma del ministro della Salute Orazio Schillaci, si apre una nuova fase. Il provvedimento contiene infatti al suo interno la misura più attesa: il cosiddetto "scudo penale", già sperimentato durante l'emergenza Covid e più volte prorogato.

Cosa prevede lo scudo penale

Se la legge venisse confermata dal Parlamento, la responsabilità penale dei medici verrebbe limitata ai soli casi di colpa grave; in altre parole, un errore professionale non comporterebbe automaticamente conseguenze penali, a patto che il sanitario si sia attenuto alle linee guida pubblicate o, laddove non esistano, alle buone pratiche clinico-assistenziali riconosciute. Non si tratterebbe di un’esenzione totale: la colpa lieve verrebbe esclusa, ma la colpa grave resterebbe perseguibile.

La valutazione della colpa nel contesto

Una delle novità più significative riguarderebbe il modo in cui i giudici saranno chiamati a valutare gli episodi contestati: non si guarderebbe più solo al gesto tecnico, ma anche alle condizioni in cui esso è stato compiuto. La norma prevede cioè che vengano considerate circostanze come la carenza di personale, la disponibilità limitata di attrezzature, la difficoltà intrinseca dell’intervento o la situazione di emergenza in cui il medico si è trovato a operare. In questo modo, l’errore professionale verrebbe collocato dentro le difficoltà reali del sistema sanitario, piuttosto che isolato in astratto.

Linee guida inderogabili

Altro cardine della riforma è il rafforzamento delle linee guida, che diventerebbero un riferimento vincolante; seguirle costituirebbe una protezione per il medico, mentre discostarsene senza giustificazione potrebbe aggravare la posizione dell’operatore. Lo stesso principio verrebbe esteso anche alla responsabilità civile: i pazienti resterebbero tutelati, ma le decisioni dei giudici dovrebbero tener conto delle stesse variabili di contesto.

L'obiettivo dichiarato: ridurre la medicina difensiva

Il governo spiega la misura con un obiettivo preciso: contenere la cosiddetta medicina difensiva. Da anni i medici denunciano di sentirsi costretti a prescrivere esami e accertamenti non sempre utili, ma messi in atto per tutelarsi dal rischio di denunce; una pratica che, secondo alcune stime, costerebbe oltre dieci miliardi di euro l'anno al Servizio sanitario nazionale e contribuirebbe ad allungare i tempi di attesa per chi ha reale bisogno di cure. La riforma, nelle intenzioni, dovrebbe invertire questa tendenza e favorire un approccio più mirato alle necessità cliniche dei pazienti.

Le reazioni del mondo sanitario

Le organizzazioni professionali hanno accolto con favore il provvedimento: il presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, ha parlato di un passo che restituirebbe serenità ai camici bianchi. Anche i sindacati ospedalieri ricordano che un medico su tre, nel corso della carriera, subirebbe almeno una denuncia penale o civile, ma solo una piccola percentuale si concluderebbe con una condanna. Per molti operatori, lo scudo penale rappresenterebbe quindi sostanzialmente un riequilibrio necessario tra diritto alla cura e tutela professionale.

Una riforma più ampia

Lo scudo penale, pur essendo la misura immediatamente operativa, non esaurisce il contenuto del disegno di legge. Il testo conferisce infatti al governo una delega fino al 2026 per intervenire su vari aspetti della sanità pubblica: tra le ipotesi allo studio figurano l’impiego più flessibile dei medici specializzandi, la riduzione della burocrazia che grava sulle strutture, l’introduzione di sistemi premiali legati alla riduzione delle liste d’attesa e un percorso universitario per la formazione dei medici di famiglia, oggi affidato alle regioni. È prevista poi anche la creazione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze e l’avvio di una governance specifica per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in sanità.

La riforma ora passerà all'esame delle Camere, dove potrebbero arrivare modifiche o correzioni. L'impianto, però, segna già un cambio di prospettiva: non più un medico lasciato solo di fronte al rischio di denuncia per ogni errore, ma un sistema che prova a distinguere tra colpa lieve e colpa grave, tenendo conto delle condizioni in cui avviene la prestazione sanitaria.

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