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Catalfo a Fanpage.it: “Voucher pessima idea, servono contratti indeterminati e salario minimo”

L’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, spiega in un’intervista a Fanpage.it che la reintroduzione dei voucher – chiesta dalla Lega – non è una soluzione, anzi. “Precarizzare il mercato del lavoro è sempre un errore – sottolinea – serve una legge sul salario minimo e andare verso la stabilità dei lavoratori”. Quanto alle colpe che vengono addossate al reddito di cittadinanza, la senatrice pentastellata attacca: “C’è in tutta Europa, solo da noi viene fatta questa lettura distorta”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La stagione estiva è alle porte e – come lo scorso anno – è scoppiata la polemica sui lavoratori stagionali. Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, dice che mancano lavoratori per colpa del reddito di cittadinanza, mentre Matteo Salvini propone di reintrodurre i voucher. Per l'ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, i voucher non solo la soluzione e il reddito di cittadinanza non è il problema. La senatrice pentastellata spiega in un'intervista a Fanpage.it quale è – dal suo punto di vista – la cura per il mercato del lavoro italiano. In due parole: salario minimo.

Torna la stagione estiva e tornano i problemi nel trovare lavoratori stagionali, la Lega propone di ripristinare i voucher. Che ne pensa?

Mi sembra una pessima idea. Basta leggere i dati delle indagini del ministero del Lavoro e della Banca d'Italia, che fanno una fotografia periodica di quello che avviene nel mercato di lavoro italiano. I numeri dicono che c'è stato un aumento dei contratti di lavoro, ma la maggior parte è a tempo determinato, mentre non c'è una vera ripresa del tempo indeterminato. Possiamo dire chiaramente che non c'è una carenza di lavoro, ma un indirizzo verso gli impieghi a termine. Questo vale maggiormente nel settore turistico, dove c'è un calo del 50% dei contratti a tempo indeterminato rispetto al 2019. Insomma, già c'è un aumento esponenziale del precariato, non credo proprio che il ritorno al voucher possa essere la soluzione.

Quindi la colpa non è del reddito di cittadinanza?

Ma assolutamente no. Innanzitutto parliamo di un reddito minimo garantito che esiste in tutti gli altri Paesi europei. Questa lettura, sbagliata, viene fatta solo da noi. Tra i percettori del reddito poi ci sono lavoratori poveri: circa il 46% dei beneficiari, infatti, ha un reddito da lavoro. Perciò il tema da affrontare non è tanto il sostegno economico che si dà giustamente a determinate fasce della popolazione, ma la qualità del lavoro in questo Paese.

Però c'è chi dice che il percettore di reddito va dall'imprenditore a chiedere di lavorare in nero, così da non perdere l'assegno e guadagnare contemporaneamente…

Il soggetto debole, di solito, quando si propone il lavoro in nero, è il lavoratore. Mi pare difficile che sia una proposta del lavoratore all'imprenditore, sarebbe assurdo. Gli imprenditori hanno degli strumenti per assumere percettori di reddito di cittadinanza. Basta che si rechino al centro per l'impiego del proprio comune, dicendo quanti posti per lavoro stagionale si offrono. Viene fatta la selezione e il lavoratore è tenuto ad accettare. Manca questo passaggio, ma la soluzione c'è. E i lavoratori vanno retribuiti nel modo corretto.

Quindi non c'è alcun collegamento con la carenza di lavoratori stagionali?

Lo scorso anno sono state fatte oltre 920mila assunzioni di questo tipo: circa 260mila in più del 2018 quando il reddito ancora non esisteva. Quindi il problema non è questo. La questione è più complessa: la pandemia ha messo in atto una rivoluzione, i lavoratori si spostano verso impieghi più sicuri con salari più alti. E questo tema va affrontato. Lo vediamo con il fenomeno delle grandi dimissioni, sta succedendo anche in Italia. I lavoratori cercano, trovano e accettano proposte migliori per loro. Non si accontentano più.

In Spagna intanto hanno proibito il contratto a tempo determinato, se non in alcune particolari condizioni. È un modello a cui guardare?

Lo avevamo fatto con il decreto Dignità, poi ci sono state delle deroghe – giustissime – per via della pandemia. Ma andare verso una maggiore stabilità dei lavoratori è assolutamente necessario, magari sfoltendo anche la miriade di tipologie contrattuali che ci sono in Italia.

Quindi qual è la strada da seguire?

Flessibilizzare e precarizzare il mercato del lavoro è sempre un errore, tra l'altro già commesso in passato. Non porta né maggiore produttività né un'economia più florida. Abbassare i salari e reintrodurre i voucher non è la ricetta giusta. Così si innesca solamente un circolo vizioso: se in Italia ci sono cinque milioni di lavoratori poveri, il Censis dice che il 13% degli operai ha un salario al di sotto della soglia di povertà, l'Ocse dice che i nostri salari hanno avuto un calo del 2,9% negli ultimi trent'anni, di che parliamo? È ovvio che questo ha un impatto sui consumi e sulla domanda interna.

L'aumento dei salari è la chiave?

Molti Paesi europei lo stanno facendo. In Germania, in Francia, in Spagna, addirittura in Grecia. Così usciamo da questo circolo vizioso: dando maggiore potere d'acquisto ai lavoratori.

Insomma, c'è la vostra proposta sul salario minimo

È necessario, subito. Serve una legge sul salario minimo che non dica solo che c'è una soglia sotto la quale non si deve andare, ma che metta fine alla giungla di contratti depositati al Cnel che si fanno dumping tra loro e tolgono potere contrattuale ai sindacati stessi. Il trattamento economico minimo va calcolato identificando prima i contratti collettivi di riferimento, ma se ci sono salari minimi inferiori a una certa cifra si deve intervenire.

Ad esempio?

I lavoratori dei servizi fiduciari prendono 4,60 euro lordi all'ora. Il salario mensile è nettamente al di sotto della soglia di povertà. Per questo serve una soglia minima. Con 4,60 euro non vivi, non puoi avere un progetto, una famiglia, devi fare tre lavori per arrivare a fine mese. Non è una retribuzione dignitosa. Il tema salariale è centrale e va affrontato con serietà e responsabilità. Spero che tutte le parti politiche presenti in Parlamento lo vogliano affrontare.

Al Senato è arrivato il primo via libera alla legge delega di cui è stata relatrice che prevede più tutele per i lavoratori dello spettacolo, di cosa si tratta?

Il testo riconosce il ruolo dei lavoratori e dei professionisti dello spettacolo, la flessibilità e soprattutto la discontinuità come elementi propri di questa tipologia di impiego. L'indennità di discontinuità, permanente e strutturale, è il punto centrale di questa legge. Così sarà più semplice, per i lavoratori di questo settore, facilitando allo stesso tempo l'accesso ai giovani. La permanenza nel settore è fondamentale. È una vera e propria riforma: oltre all'indennità sono stabilite le regole per l'equo compenso, vengono istituiti anche l'osservatorio dello spettacolo e il registro nazionale dei professionisti dello spettacolo.

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