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Cari maschi, mi vergogno di noi dopo aver letto i vostri commenti sulla ragazza molestata durante una tac

Mi vergogno per gli uomini che commentano Marzia Sardo come eccessiva, isterica o pazza. Mi vergogno per chi le scrive “la tua è stata una reazione esagerata”, come se fosse compito di un maschio stabilire i confini del pianto di una donna dopo una molestia, o quelli della sua rabbia.
A cura di Saverio Tommasi
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“Molestata durante la tac", la denuncia di Marzia Sardo
“Molestata durante la tac", la denuncia di Marzia Sardo

Ho letto i commenti che migliaia di persone, in prevalenza uomini, stanno rivolgendo a Marzia Sardo, che ha denunciato in video una molestia all’interno dell’ospedale Policlinico Umberto I di Roma.

Mi vergogno per gli uomini che la pensano eccessiva, isterica o pazza. Mi vergogno per chi le scrive “la tua è stata una reazione esagerata”, come se fosse compito di un maschio stabilire i confini del pianto di una donna dopo una molestia, o quelli della sua rabbia.
Ma voi uomini cosa ne sapete di come ci si sente a essere viste come una performance sessuale anche quando si sta male, in un ambiente scelto solo per necessità dettata dal dolore, con maschi sconosciuti di fronte che pensano alle tue tette invece che soltanto a curarti?

Facciamo un passo indietro: Marzia Sardo è chiusa in bagno e piange. Lo fa per tutta la durata del suo video, quasi tre minuti; Marzia ha girato quel video nel bagno dell’ospedale, probabilmente lo avete visto.
Nel video Marzia racconta di avere avuto un’emicrania fortissima, e di essere andata al pronto soccorso dove hanno optano per una terapia endovenosa. Dopo alcune ore Marzia continuava a stare male, allora viene disposta una tac d’urgenza al cranio, temono un’emorragia cerebrale.
In quelle condizioni, sdraiata perché neanche si reggeva in piedi, un operatore sanitario – a cui Marzia aveva chiesto se per la tac fosse necessario togliere anche il reggiseno, che conteneva un ferretto all’interno – risponde “no, però se poi lo vuoi togliere, ci fai felici tutti”, ammiccando agli altri uomini nella stanza.

Cari maschi, mi vergogno di noi, di voi.
Mi vergogno dell’operatore sanitario per le sue parole. Mi vergogno per gli altri uomini presenti nella stanza, per il loro silenzio. Mi vergogno perché quello che è accaduto – inaccettabile in qualsiasi contesto – è ancora più grave all’interno di un ospedale, che dovrebbe essere luogo di cura anche dalle sopraffazioni.
Mi vergogno perché qualcuno, di fronte a una paziente senza neanche la forza di reggersi in piedi, distesa dal dolore, con il dubbio di un’emorragia cerebrale in corso, decideva di pensare sessualmente alle sue tette e dirlo ad alta voce.

Mi vergogno per chi – maschio – cerca scuse. Le ho lette tutte, in migliaia di commenti sotto il video di Marzia, e sotto gli articoli che ne parlano. Marzia ha dovuto mettere i suoi profili privati per la quantità di offese e insinuazioni che sta ricevendo, soprattutto da uomini ma non soltanto da uomini, perché il patriarcato riguarda noi maschi, ma certe strutture sono state introiettate da moltissime persone indipendentemente dal loro genere. Persone che ancora confondono la molestia con un complimento, al massimo poco opportuno.

Ve lo dico chiaramente: mi infastidisce la vostra insensibilità, uomini. Mi indispone la possibilità di essere accomunato a voi che avete la pretesa di sapere come ci si comporta di fronte al sopruso sessuale, voi che non ne avete ricevuto neanche uno in tutta la vostra vita.

Mi disturbano gli uomini che vogliono insegnare la giusta reazione e il comportamento adeguato a una ragazza molestata.

Maschi, siete mai stati in preda al dolore in una stanza d’ospedale, con quattro mediche che scherzavano sul vostro batacchio e la possibilità di sfilarvi le mutande anche se non era necessario per la visita? Ve lo dico io: non vi è mai successo e so benissimo il perché: non è mai accaduto neanche a me. E allora, di grazia, quello che noi possiamo fare è presto detto: restare in silenzio e ascoltare le parole delle donne e delle ragazze che anche per colpa di quelli come voi hanno vissuto questa o tante altre esperienze uguali o peggiori.

Maschi che scrivete “ci vuole buon senso ed equilibrio anche nelle denunce”, perché non pensate che prima di tutto quello che occorre sono uomini che non commentano il corpo delle donne?

Maschi, cosa vi passa per la testa quando pensate che questa cosa sia normale?

Cosa vi passa per il cervello quando pensate che sia giusto, o tollerabile?

Maschi, non se ne può più di frasi del tipo “era una battuta, diceva per scherzare, te la prendi per tutto”, o di stereotipi come “le donne non sanno parcheggiare” o “hai le tue cose?” o anche “dovresti scopare di più”. Realizzai un video alcuni anni fa, si intitolava Le reazioni delle donne agli insulti sessisti. Purtroppo siamo ancora da quelle parti, confermate anni dopo quando andai alla festa degli alpini a Rimini, tra palpeggiamenti, strattoni e insulti a minorenni. E poi quando dopo un anno di riflessione gli stessi alpini in festa affermarono di fronte alla mia telecamera che le molestie erano colpa di come si vestivano le donne, e chi denunciava le molestie doveva essere multata.

Maschi, mi rivolgo ancora a voi: non c'è nessun problema nell'essere maschi. Il mio problema è con chi pensa che le molestie non lo riguardano perché lui non ne fa, o pensa di non averne mai fatte. Mi spiace per voi ma non basta perché il silenzio è già un problema, bisogna prendere posizione tutti i giorni.
Patriarcato è anche non fare niente perché le cose cambino, e nel frattempo continuare a godere dei privilegi del patriarcato stesso.
Il mio problema è con il vostro comportamento da maschi tossici, e su come finite per rappresentare l’intera categoria. Siamo usciti dalle caverne ormai da un pezzo ma ancora le vostre parole sembrano un’incisione sulle pareti, o il disegno di una caccia al mammut. Evolvetevi, cazzo.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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