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Cannabis light, governo include il Cbd nelle sostanze stupefacenti: perché non è una buona notizia

Un nuovo decreto varato dal governo Meloni stabilisce che il cannabidiolo, Cbd, è a tutti gli effetti una sostanza stupefacente, che può essere venduta soltanto in farmacia. Che ricadute può avere sui pazienti-clienti questa stretta sulla cannabis light?
A cura di Annalisa Cangemi
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Il cannabidiolo (Cbd), estratto ottenuto dalla cannabis, è stato inserito a sorpresa nella lista delle sostanze stupefacenti all'interno della sezione B della legge 309/90 (Testo Unico sugli stupefacenti ). Ci aveva già provato Roberto Speranza, da ministro della Salute, nel 2020, con un provvedimento che alla fine era stato sospeso, dopo le proteste arrivate da tutto il mondo del settore della canapa.

Il decreto pubblicato lunedì 21 agosto in Gazzetta, revocando la sospensiva del precedente decreto del 2020, prevede ora l'inserimento nelle tabelle delle sostanze stupefacenti del Cbd, che quindi può essere venduto solo come farmaco, senza che vi sia un'indicazione di dosaggi minimi al di sotto dei quali può essere mantenuta la libera vendita.

In questo modo viene considerato illecito ogni uso non farmacologico degli estratti di cannabis, comprese le destinazioni ammesse dalla normativa italiana ed europea sulla canapa industriale. In farmacia si possono reperire diverse categorie merceologiche di prodotto a base di Cbd: il divieto riguarda la vendita senza ricetta di oli e altri prodotti a base di cannabidiolo da ingerire, che fino ad ora possono essere venduti anche nei canapa shop, nelle erboristerie e presso le tabaccherie. In pratica il nuovo decreto del ministero della Sanità guidato da Schillaci, che entrerà in vigore il 22 settembre prossimo, riprende il vecchio decreto e lo rende efficace.

Quali sono gli effetti del divieto

Per capire le ricadute della decisione del governo Meloni abbiamo contattato Viola Brugnatelli, neurofarmacologa, co-fondatrice di Cannabiscienza (società di divulgazione e formazione sulla cannabis medica) e docente al Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Padova. Da una parte si potrebbe pensare che il ministero abbia agito nell'interesse dei consumatori, sostanzialmente regolamentando la sostanza, riconoscendo di fatto le proprietà medicinali della cannabis. Ma limitarsi a questa considerazione significherebbe ignorare il contesto in cui questa decisione è maturata.

"Con l'emanazione di questo decreto in pratica tutti quei prodotti che non avevano una classificazione cosmetica o medicinale vengono eliminati dal mercato. Questo di per sé può essere un bene o un male, dipende da come viene implementata questa decisione. Da un punto di vista teorico, per il cliente-paziente finale che ha bisogno del Cbd – che è un medicinale che ha un utilizzo terapeutico, non certo ludico, come spesso viene erroneamente detto – potrebbe essere una buona notizia, perché evita il Far West. Il governo sta dicendo che gli unici prodotti che possono circolare sono quelli che vengono fatti seguendo le linee guida EUGMP. Il problema molto grosso che si ha con gli oli che vengono acquistati un po' ovunque, anche in farmacia, ma che sono per uso tecnico, è che a volte non hanno seguito una serie di procedure di sicurezza, analisi e controllo. La qualità dell'olio, per esempio la presenza o meno di metalli pesanti, dipende insomma dagli standard utilizzati dalle singole aziende". A volte, spiega la ricercatrice, le persone cominciano ad assumere la sostanza, allo scopo di diminuire l'ansia o lenire il dolore, partendo dagli oli da banco, "ma è pur sempre un olio a uso tecnico", sottolinea Brugnatelli.

Lo scenario politico in cui arriva questa decisione non è un elemento marginale. Basti pensare che all'ultima fiera Canapa Mundi si sono registrati moltissimi controlli di polizia: "Testavano i pazienti, per verificare che non avessero uno 0,1 di troppo di Thc. Eppure l'Italia ha fatto da apripista, 10 anni fa – prima di Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Danimarca, Austria – con una legge che prevede la cannabis medicinale. Dovrebbe avere una fiera internazionale importante, un fiore all'occhiello. Invece nel nostro Paese si preferisce mandare le forze dell'ordine a controllare, mentre le fiere principali vengono ospitate da Svizzera, Spagna, Germania e Inghilterra, dove le aziende estere sono più invogliate a esporre. Questo è il contesto in cui arriva la norma".

"Da un punto di vista scientifico posso essere contenta del fatto che le persone possano fruire prodotti quanto più possibile sicuri, a tutela della loro salute. Ma quanto più caro diventerà questo prodotto per le persone che ne hanno bisogno? E si riuscirà poi a reperirlo? Non è così facile trovare un bravo medico prescrittore di cannabinoidi. Il processo diventerà molto più lungo".

"D'altra parte il decreto avrà il risultato di strozzare ancora una volta l'economia di settore, perché significa di fatto vietare la vendita della sostanza a moltissime aziende di canapa, bloccando invece la possibilità che possa finalmente essere utilizzata la cannabis in medicina. Moltissimi pazienti iniziano con il Cbd, e riscontrando degli effetti positivi si rivolgono poi ai medici. E a quel punto magari iniziano un vero e proprio percorso con un piano terapeutico e ne traggono giovamento".

"In questo momento non ci sono abbastanza medici in grado di fare prescrizioni, perché non sono abbastanza formati su questo mondo", dice ancora Viola Brugnatelli. "Per questo la nostra compagnia punta sulla formazione professionale dei medici".

Le proteste

In questi ultimi giorni, di fronte al rischio concreto che i prodotti con estratto da cannabidiolo possano subire queste restrizioni, si sono fatti sentire diversi attivisti della società civile. Tra questi in prima linea c'è anche Valentina Varisco, strategist/creator, molto attiva sul tema e seguita sui social, che si è anche spesa nella scorsa legislatura per la stesura e la presentazione del "Manifesto collettivo per la cannabis libera".

In una nota Giulia Crivellini e Federica Valcauda, rispettivamente tesoriera e responsabile direzione nazionale di Radicali Italiani, criticano il provvedimento del governo, ritenendo che avrà "un grande impatto su tutte le aziende che si occupano di produzione, trasformazione e commercializzazione di estratti di canapa a base di cbd di origine naturale, perché contrariamente alle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della Sanità e alle pronunce della Corte di Giustizia europea, la vendita richiederà un rigoroso sistema di registrazione come un farmaco presso il ministero della Salute, una procedura assolutamente inadatta per una sostanza senza rischi, ma anzi con benefici comprovati per la salute di migliaia di persone, come il Cbd che infatti non ha proprietà stupefacenti".

"Il tavolo di lavoro sulla cannabis terapeutica doveva essere attivo in questi anni, ma è stato convocato poche volte solo per una questione di forma. Il governo e i Ministeri non possono prendere decisioni così importanti senza chi lavora in questo settore", hanno dichiarato.

"Il ministero della Salute ha riesumato un assurdo provvedimento sulla canapa emesso 3 anni fa dall'allora ministro Speranza. Tanto assurdo che decise di sospenderlo a meno di un mese dalla sua emanazione", ha commentato Federcanapa, che "valuterà nei prossimi giorni le azioni più efficaci da intraprendere con gli operatori economici del settore per ottenere dal governo garanzie sull'uso non solo farmacologico degli estratti di Cbd ma per tutti gli usi consentiti dalla legge".

Si tratta di una "dichiarazione sorprendente dal momento che il Cbd non ha effetto stupefacente, come aveva concluso già pochi mesi prima del decreto una Commissione di esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e come aveva ribadito una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del novembre 2020", ha sottolineato ancora l'associazione.

Anche sul piano farmacologico, "la posizione del ministero italiano è in antitesi con le decisioni assunte dalle analoghe autorità tedesche, inglesi e francesi, che hanno escluso l'assoggettabilità di medicinali anche ad alta concentrazione di Cbd, tra gli stupefacenti, ed è in contrasto con la normativa comunitaria in materia di organizzazione del mercato comune e di antitrust". La decisione del ministero, conclude Federcanapa, "è tanto più illogica in quanto non potrà impedire la libera circolazione in Italia di alimenti e cosmetici al Cbd prodotti legalmente in altri Paesi europei ed è destinata a danneggiare unicamente i produttori nazionali".

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