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Cannabis, intervista a Rita Bernardini: “Meritavo l’arresto, ma non conveniva far scoppiare il caso”

L’esponente dei Radicali Rita Bernardini, in seguito a una perquisizione dei carabinieri nella sua abitazione in cui sono state trovate 32 piantine di marijuana, è stata condotta in caserma. Ma diversamente da quanto avviene per le procedure seguite per tutti i cittadini italiani, l’ex deputata non è stata arrestata: “Hanno paura di aprire un caso, a loro non conviene”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Questa mattina i carabinieri della caserma sulla Cassia sembrano essersi accorti improvvisamente delle 32 piantine di marijuana coltivate dall'esponente dei Radicali Rita Bernardini. L'ex deputata, denunciata a piede libero, ha raccontato a Fanpage.it la vicenda, accusando la Giustizia italiana di aver utilizzato in questo caso "due pesi e due misure. Perché non mi hanno arrestato? Hanno paura di far scoppiare il bubbone". Da anni Rita Bernardini è impegnata in una battaglia, al fianco di Marco Pannella, il defunto leader dei Radicali, per affermare un principio semplice: se l'uso terapeutico della marijuana è legale allora deve esserlo anche la coltivazione in proprio. "In Italia, lo sappiamo bene, la produzione legale non riesce a soddisfare il fabbisogno di cannabis", ha affermato.

Ci racconta come sono andate le cose questa mattina?

Questa mattina mi trovavo alla stazione, ero appena salita su un treno per Parma, dove mi stavo recando per seguire un laboratorio in carcere, un appuntamento con i detenuti che seguo ormai da anni. Improvvisamente ricevo una telefonata sul cellulare: erano i carabinieri, mi avvisavano che si trovavano davanti all'entrata del mio appartamento, e mi chiedevano di raggiungerli immediatamente. Ho fatto appena in tempo a scendere dal treno, che sarebbe partito di lì a poco, e ho preso un taxi che mi ha riportata a casa.

Ma cosa ha fatto scattare quest'intervento dei carabinieri? Lei ha quelle piante in balcone da tempo…

Guardi, da quanto ho potuto ricostruire, nel palazzo dove vivo ci sono 100 appartamenti, e c'era uno degli inquilini dello stabile che coltivava 12 piante. È partita quindi una segnalazione ai carabinieri, che uno volta arrivati nel condominio si sono accorti che nel mio terrazzino di piante ce ne erano ben 32, alte un metro. Quindi hanno chiesto a un mio vicino di caso il mio numero di cellulare e mi hanno rintracciata. Quando sono rientrata nel mio monolocale con i militari mi sono accorta che un carabiniere in borghese si era già introdotto nella mia abitazione e, dopo averla perquisita senza trovare nulla, aveva raggruppato tutte le mie piantine, e le aveva sistemate al centro del terrazzo. E me le hanno sequestrate.

Poi cosa è successo?

Mi hanno portata in caserma, dove sono stata trattenuta per 5 ore, dalle 8:30 di questa mattina. Pensavo che dopo anni di denunce sarei stata arrestata: in casi come questo, di fronte a un tale quantitativo di piante, si procede sempre all'arresto e poi si va al processo per direttissima. Ma nulla di tutto questo è successo: la notizia è arrivata ai piani alti della Procura, e hanno detto ai carabinieri di lasciarmi libera. Gli stessi carabinieri erano seccati, per non poter seguire con me le normali procedure. Non hanno potuto applicare alcuna misura cautelare, ma sono stata denunciata a piede libero.

Quindi per questo ha deciso di mettere a verbale la sua dichiarazione? Un atto di protesta?

Certamente. Perché a quanto pare la legge non è uguale per tutti. Così ho fatto aggiungere questa mia dichiarazione: "Esprimo tutto il mio disappunto per la decisione della Procura di Roma di non procedere al mio arresto, come accade a tutti i cittadini che vengono sorpresi a coltivare marijuana".

Lei però adesso rischia un processo.

Sempre che non si verifichi ancora quello che ha fatto l'ex procuratore di Roma Pignatone, che ha archiviato la denuncia contro di me, per ben 56 piantine. Io non le ho mai nascoste, erano lì, alla luce del sole. Ho sempre pubblicato le foto sui social, le ho mostrate in tv, mi sono fatta fotografare accanto a loro quando ho rilasciato interviste. Se non vogliono arrestarmi è solo per un preciso calcolo: non vogliono far scoppiare il caso, non vogliono che si parli dei 5 milioni di consumatori di marijuana che ci sono in Italia. Vogliono insabbiare tutto. Non vogliono che emergano le falle della legge.

A cosa si riferisce?

Secondo la nostra legislazione se io detengo sostanze stupefacenti sono sottoposto solo a sanzioni amministrative. Ma la coltivazione non è mai consentita. Paradossalmente anche avere in casa una sola piantina di marijuana è considerato sempre reato. Sembra quasi si voglia agevolare lo spaccio e i traffici della mafia…

Ma lei le usava a scopo terapeutico?

No, assolutamente. Le tenevo semplicemente a scopo dimostrativo. Perché non è possibile che in Italia ci sono malati che potrebbero migliorare le loro condizioni di vita se solo avessero accesso alla cannabis terapeutica. E invece non se ne produce abbastanza. Tempo fa avevo portato a maturazione le piante, e ne avevo ceduto alcuni grammi ai malati dell'associazione La Piantiamo di Foggia. Quindi mi sono presentata in Procura con il video che dimostrava l'avvenuta cessione e le foto della coltivazione. Non ho ricevuto nemmeno un avviso di garanzia. Perché non conviene a nessuno che esploda questo bubbone. Se ne guardano bene dal replicare casi come quello del 1975, quando Marco Pannella fumò in pubblico uno spinello. O come quello del 28 agosto 1995, quando distribuimmo hashish e marijuana per strada, manifestando il nostro dissenso: si era appena suicidato un ragazzo, la cui foto con degli spinelli era stata sbattuta sul giornale.

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