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Azzolina a Fanpage: “Tornare al voto numerico alle elementari è sbagliato, non insegna nulla ai bambini”

Il governo Meloni ha intenzione di tornare al voto numerico alle elementari. L’ex ministra Azzolina: “Nella scuola abbiamo voluto i giudizi al posto dei voti, perché quando si valuta un bambino la valutazione deve essere formativa”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il governo Meloni vuole tornare al voto numerico alle elementari. Lo ha annunciato nei giorni scorsi la sottosegretaria all'Istruzione Paola Frassinetti, secondo cui nella scuola primaria l'introduzione del giudizio "ha creato solo confusione nelle famiglie, complicando il lavoro dei docenti". Il governo Meloni sta pensando dunque di tornare indietro, e ripristinare la riforma introdotta da Mariastella Gelmini, ministra dell'Istruzione nel governo Berlusconi IV, che prevedeva appunto il voto numerico alle elementari.

L'intento dell'esecutivo quindi è archiviare la riforma firmata da Lucia Azzolina, ministra dell'Istruzione nel governo Conte 2, che promosse e sostenne il gruppo di lavoro ministeriale coordinato da Elisabetta Nigris, docente dell'Università di Milano Bicocca, su cui si basò l'impianto della nuova scuola.

In pratica, dall'anno scolastico 2020/2021, per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, Educazione civica compresa, i bimbi dai 6 ai 10 anni ricevono un giudizio espresso dalla loro insegnante. Per ciascun alunno, viene valutato il livello di raggiungimento dei singoli obiettivi di apprendimento individuati nella progettazione annuale. Al posto dei numeri in pagella, per la scuola primaria sono stati introdotti quattro nuovi indicatori, entro cui si articola il giudizio descrittivo di ogni studente: in via di acquisizione; base; intermedio; avanzato.

Abbiamo chiesto all'ex ministra Azzolina, oggi dirigente scolastica dell'istituto comprensivo Biella 2, di commentare il nuovo orientamento del ministero dell'Istruzione e le possibili conseguenze della cancellazione della legge del Parlamento che nel maggio 2020 ha eliminato i voti alla primaria.

Cosa ne pensa della riforma che il governo Meloni vuole introdurre?

Ho letto le dichiarazioni, parlo sia da ex ministra che ha voluto insieme al Parlamento del tempo che i voti nella scuola primaria diventassero giudizi, ma anche da dirigente scolastico di un istituto comprensivo. L'anno scorso ho avuto modo di confrontandomi con le maestre tutti i giorni, e abbiamo parlato anche della riforma che abbiamo introdotto quando ero a Viale Trastevere. Abbiamo voluto che alla scuola ci fossero i giudizi e non i voti per diverse ragioni. Quando si valuta un bambino, ma anche un adolescente, la valutazione deve essere formativa.

Cosa significa?

Vuol dire che ai ragazzi bisogna insegnare e spiegare qualcosa anche quando si valutano. Per esempio, se un bambino sta imparando a fare le operazioni di calcolo, è possibile che il procedimento che applica è corretto, ma nel calcolo fa qualche errore. Se si dà un voto, per esempio un 7, quel numero, freddo, non dice nulla di cosa l'alunno ha sbagliato e di cosa ha fatto correttamente, e non è sempre oggettivo. Sappiamo che alla scuola secondaria ci sono per esempio insegnanti che danno voti alti più facilmente e insegnanti che sono più severi nell'assegnare un voto. Il numero dipende sempre dalla soggettività del docente che corregge un compito. È il numero secco di per sé non insegna nulla, non suggerisce allo studente come migliorare. Non dimentichiamoci che il compito dell'insegnante è sempre quello di incoraggiare i ragazzi, spiegare dove hanno sbagliato, in modo tale che in futuro non commettano più lo stesso errore.

Secondo la sottosegretaria Frassinetti però le nuove valutazioni introdotte dall'anno scolastico 2020/2021 creano solo "confusione". Come è possibile che ci sia stato questo riscontro?

Con la nostra riforma viene spiegato esattamente al bambino cosa ha sbagliato e cosa ha fatto bene, e lo si fa con un giudizio scritto. Forse questo comporta più lavoro per gli insegnanti, perché si fa presto a mettere 6 o 7, piuttosto che prendersi del tempo per scrivere all'alunno indicazioni più precise sui compiti che ha svolto. Oggi vengono sottolineati nel giudizio, in modo analitico, i punti di forza e i punti di debolezza dello studente, cosa che con il voto numerico non si può fare. Il voto numerico non fa altro che fotografare una situazione. Il giudizio invece dà l'idea dell'accompagnamento, di un percorso che il bambino ha compiuto. È come se fosse una serie di fotografie.

Con la riforma del governo Conte 2 insomma non si tratta solo di stabilire il livello di preparazione raggiunto, in via di acquisizione, base, intermedio o avanzato, ma c'è sempre un commento a corredo della valutazione. Come siete arrivati a questa riorganizzazione del voto scolastico?

Abbiamo istituito una commissione ad hoc, in cui hanno lavorato grandi pedagogisti. Quando siamo arrivati noi, la pedagogia sembrava sparita dalla scuola italiana, e invece è una disciplina fondamentale. In questo gruppo di lavoro ministeriale, guidato dalla professoressa Nigris, ho creduto molto e abbiamo lavorato a stretto contatto. Si parla tanto di ansie tra i bambini e i ragazzi, che il Covid ha indubbiamente ampliato. Ma per esperienza diretta da dirigente scolastico posso dire che ci sono oggi delle famiglie che la prima cosa che chiedono al figlio è che voto hanno ricevuto e quale voto hanno ricevuto i suoi compagni di classe. Come se la preparazione di un bambino possa essere ridotta a un mero numero. Come se la comprensione di un argomento o la possibilità di migliorarsi non esistessero. Il giudizio evita tutto questo, perché il bambino non studia per il voto, studia per capire esattamente come funzionano le cose, la scuola deve servire a risvegliare nei ragazzi curiosità e meraviglia.

Secondo la sottosegretaria del governo Meloni, non dovrebbe esserci alcun timore "nel ripristinare una valutazione più chiara. Nella vita i voti arrivano in ogni caso inesorabili e abituarsi da bambini è un modo per prepararsi alle valutazioni future". Il brutto voto può essere un allenamento per la vita adulta?

Se ti voglio allenare ti devo spiegare cosa hai sbagliato. Anche un giudizio può essere negativo, ma va contestualizzato, chiarito. Altrimenti la scuola smette di essere una palestra di vita. Si rischia che un bambino si identifichi con il numero che gli è stato attribuito, e questo per lui potrebbe diventare una gabbia. Purtroppo è quello che succede spesso alle scuole superiori. Quando insegnavo alla scuola secondaria di secondo grado mi succedeva di mettere brutti voti, cosa che per me era un fallimento. Ma io spiegavo sempre ai miei ragazzi esattamente dove avevano sbagliato. E spesso li invitavo anche a fare un'autovalutazione, per assicurarmi che avessero consapevolezza.

Il voto numerico rischia di essere sanzionatorio?

Certo, soprattutto se un docente si ferma a quello. La maggior parte delle scuole più avanzate oggi, dove ci sono collegi dei docenti preparati, si va verso l'abolizione del voto numerico anche nella scuola secondaria di secondo grado. In Italia dovremmo studiare quello che succede in Finlandia, dove il voto non esiste più da un pezzo, sia alla scuola primaria sia alla scuola secondaria di primo grado. Nel Paese del Nord Europa fino ai 13 anni gli alunni non ricevono voti, interessa solo quello che un ragazzino sa. E i risultati che abbiamo nelle scuole finlandesi non li abbiamo in Italia purtroppo.

Questa riforma rientra nel concetto di ‘merito', così come è stato declinato dal ministro Valditara?

Bisogna capire cosa intendiamo. Io credo molto nel merito, venendo io stessa da una famiglia umilissima. Per me quindi la scuola è stata un ascensore sociale. Credo nel merito, nel fatto che un bambino si possa impegnare, ricevendo tutti gli strumenti di cui ha bisogno, per riuscire nella vita. Ma dobbiamo parlare del merito anche del personale scolastico, che deve essere formato, preparato, in grado di aiutare veramente gli studenti. E invece l'idea di merito di cui ho sentito parlare nell'ultimo periodo riguarda solo ed esclusivamente gli studenti.

Secondo lei l'intento di questa riforma del governo Meloni è solo quello di mandare in soffitta quello che hanno fatto i governi precedenti?

Non so cosa li muova, ma posso solo dire, da persona di scuola, che con il giudizio analitico a bambini dai 6 anni ai 10 anni, si può fare in modo che l'errore non sia punitivo.

Sono misurabili i risultati che avete ottenuto con la vostra riforma?

È ancora presto, i riscontri dal punto di vista pedagogico si hanno nel tempo.

Lei resterà a lavorare come dirigente scolastica anche per il prossimo anno?

Al momento sono in maternità, ho lavorato fino all'ottavo mese di gravidanza, fino a fine maggio. Mio figlio Leonardo è nato a giugno.

Vede per lei un possibile ritorno in politica?

Il mio amore per la politica di certo non è finito. Al momento la mia priorità è Leonardo, che viene prima di tutto. In futuro chissà, non ho chiuse le porte.

Potrebbe candidarsi alle europee?

No, non penso. Anche perché per ritornare a fare politica attiva dovrebbe esserci un progetto interessante, che al momento non vedo. Mi è stato domandato se io abbia vissuto come una diminutio il passaggio da ministra a dirigente scolastica. La risposta è no, perché mi piace quello che faccio, ho sempre creduto nella scuola. Se dovesse presentarsi un progetto politico, al quale potrei dare il mio contributo, lo valuterò. Ma al momento sono molto felice con il mio bambino e il mio lavoro.

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