Anniversario della morte di Mussolini: il prete dall’altare lo definisce “un artista”

Nostalgici. Alcuni con un presente nelle istituzioni italiane; altri semplicemente, irriducibilmente, nostalgici. Il 29 aprile scorso si sono visti a Napoli, nella chiesa di San Ferdinando in piazza Trieste e Trento, la "chiesa degli artisti", per ricordare la morte di Benito Mussolini, ucciso dai partigiani nel 1945 a Giulino di Mezzegra, insieme all’amante Claretta Petacci, il 29 aprile. E dunque, "per il 68esimo anniversario della morte del Duce – lo racconta Marco Toriello sulle pagine de Il Mattino di Napoli – si è rinnovato l’ormai consueto appuntamento della messa in sua memoria, organizzata dal Raggruppamento nazionale combattenti e reduci della Repubblica sociale italiana". Circa cento, i partecipanti alla cerimonia religiosa: ex esponenti del Movimento Sociale Italiano, duri e puri ma anche personalità che ora sono nelle istituzioni, come il presidente del Consiglio provinciale Luigi Rispoli, (Fratelli d’Italia); il consigliere regionale campano del Pdl Luciano Schifone.
Ma la parte più importante del racconto è riservata al prete che officiava la cerimonia: don Pasquale Silvestri. Scrive Il Mattino: "nella sua omelia si è lanciato in una sorta di riabilitazione del dittatore del ventennio fascista, ‘un grande politico e un buon cristiano', una figura che, nonostante le tante svolte e gli atti di abiura che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni, evidentemente scalda ancora i cuori di tanti militanti di destra. Il sacerdote ha citato le parole di Mussolini, spiegando che ‘per dare leggi savie a un popolo bisogna essere anche un po’ artista'". Don Pasquale ha sostenuto, tra i reduci che sventolavano la bandiera di Salò, che il Duce "è stato promotore di leggi giuste e savie, volute e portate avanti da lui in prima persona, anche lui è stato un artista vero". Non è la prima volta che accade una cosa del genere: qualche giorno fa nel Padovano era scoppiata una polemica per una iniziativa del genere. A Napoli, invece, nessuna voce dissonante. Nemmeno dalla Curia Arcivescovile.