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A Meloni non piace la sentenza della Consulta che blocca automatismo del cognome del padre al figlio

A Fratelli d’Italia non piace la sentenza della Corte Costituzionale sul doppio cognome ai nuovi nati: “Può avere effetti negativi sulla famiglia che si troverà a discutere, in caso di disaccordo, davanti a un giudice per stabilire la precedenza del cognome”.
A cura di Annalisa Cangemi
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A Fratelli d'Italia non convince la sentenza della Corte Costituzionale, che oggi ha dichiarato illegittima la norma che attribuisce in modo automatico ai nuovi nati il cognome del padre. Con questa decisione la Consulta dichiara incostituzionale la legge che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre.

"Nel solco del principio di eguaglianza e nell'interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell'identità personale". Come cambierà quindi l'onomastica italiana? In pratica il figlio avrà il cognome di entrambi i genitori "nell'ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due". 

La modifica della normativa lascia insoddisfatto però il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fdi), preoccupato per gli effetti della sentenza, soprattutto per le ripercussioni che potrebbe avere nell'equilibrio di una coppia, visto che la famiglia, in caso di disaccordo, potrebbe ritrovarsi a discutere davanti a un giudice l'ordine di precedenza dei due cognomi. Rampelli, che cmq considera il verdetto di oggi una "rivoluzione", solleva inoltre il problema dell'ingolfamento dei tribunali, che rischiano di doversi occupare anche degli eventuali conflitti tra i genitori.

"La lettura manichea che la sinistra fa di questa sentenza conferma ancora una volta l'impostazione distruttiva della famiglia e il desiderio di alimentare la guerra tra uomo e donna, padre e madre – ha detto Rampelli – È bene invece contestualizzare il senso del cognome paterno in termini di storia del diritto e bocciare il giudizio secondo il quale l'attribuzione del cognome del padre sarebbe un mero simbolo del patriarcato (espressione così cara al politicamente corretto dei circoli radicali americani) e del maschilismo. Conferire il cognome del padre era per il figlio e per la donna una garanzia di riconoscimento di diritti, compresi quelli legati all'eredità, quindi garanzie patrimoniali. Per molti secoli la donna non ha avuto capacità di autosostentamento, basterebbe guardare i film in bianco e nero degli anni Quaranta o Cinquanta per ricordare quanto potesse soffrire se, rimasta incinta, il padre non conferiva il cognome al nascituro". Si parla però di esigenze che oggi non esistono più, visto che adesso le donne si sono conquistate in quasi tutti i campi pari diritti, sono autonome, e spesso indipendenti economicamente.

"Oggi la società è cambiata – ammette infatti Rampelli – e ciò che ieri sembrava una conquista per il bambino e per la mamma, viene letta come una violenza. La lettura distorta della storia fa sempre male. Sicuramente questa sentenza e il compito che la Corte attribuisce al Parlamento saranno motivo di grandi discussioni se non tra i partiti sicuramente tra i genitori e probabilmente questa comprensibile e in linea di principio condivisibile variazione avrà per vittime i bambini e per protagonisti i tribunali. Come se non avessero altro di cui occuparsi". 

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