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Potrebbe essere un buon esercizio di memoria collettiva quello di cercare in rete i video di Giorgia Meloni dai banchi dell'opposizione dei governi Draghi e Conte, quando tuonava contro l'Europa dei banchieri, quando che gridava nelle piazze chiedendo il taglio delle accise e misure a sostegno degli italiani stremati e che definiva le regole di bilancio una gabbia da rompere per ridare dignità al popolo.
Se vediamo oggi Giorgia Meloni nella nuova versione, tra i banchi del governo, si fa fatica a riconoscere la stessa persona. La condottiera è diventata una ragioniera, e nemmeno troppo creativa. La Presidente del Consiglio per definire il suo operato usa parole come stabilità, serietà, responsabilità e conti in ordine. Dietro questa facciata di prudenza istituzionale si nasconde il vero volto della destra italiana: leale con Bruxelles e fedele con il grande capitale, con la sua versione di lotta morta e sepolta sotto la cenere di una manovra che è un capolavoro di ipocrisia.
Meloni si vanta di non aver fatto deficit aggiuntivo. "Una cosa che non accadeva da anni", dicono dal governo, eppure c’è poco da festeggiare in un momento di stagnazione come questo e una legge che non sposta un centesimo sugli investimenti ma prova solo a risparmiare in vista del grande piano di riarmo, che porterà il nostro Paese ad indebitarsi per 40 anni grazie ai fondi europei per il programma ReArm Europe. Un regalo al potente di turno nei confronti del quale Meloni e il resto della leadership europea si è piegata: comprare armi statunitensi per evitare i dazi all’export europeo verso gli USA.
Le scelte politiche che delineano la manovra
La manovra è ogni anno difficile da scrivere e delineare in questi tempi di stagnazione, sarebbe sciocco pensare il contrario, al tempo stesso quando si parla di fondi insufficienti e una coperta sempre troppo corta dobbiamo essere consapevoli che questa è la legge più importante di tutte, quella che sceglie dove e come investire per i prossimi 12 mesi e oltre, che dovrebbe dare una visione politica al Paese.
In un momento in cui le disuguaglianze sono sempre più accentuate, questo governo ha alzato gli scudi al solo nominare da parte delle opposizioni la patrimoniale per i ricchi e una tassa sugli extra profitti delle banche, mentre la scuola pubblica e gli ospedali sono in agonia non da oggi ma da anni, e la tendenza è quella del taglio costante ai servizi e agli enti locali, in nome dell’ottimizzazione della spesa pubblica.
La narrazione governativa ci dice che sulla sanità c'è un "record di fondi" ma secondo le Fondazione GIMBE si dovrebbe attestare attorno al 6,1% della spesa pubblica, una cifra che viene definita “di guardia”, soprattutto alla luce dell’inflazione.
C’è poi il tema del taglio delle tasse per la fascia media degli stipendi: un provvedimento che in media mette in tasca agli italiani 18 euro al mese ma che andando a vedere la ripartizione all’interno della fascia, i manager avranno un aumento annuo di 400 euro, mentre chi ha uno stipendio più basso vedrà un aumento di poco più di 20 euro all’anno. I tempi degli 80 euro al mese di Renzi sono lontani e chi oggi governa, all'epoca aveva definito quel provvedimento una mancia.
In tutto questo dell'abolizione della legge Fornero, uno dei cavalli di battaglia in campagna elettorale, non se ne parla più.
I tagli sono per le armi
Insomma, si taglia il welfare per finanziare la warfare. Gli eredi del Movimento Sociale Italiano che in questi giorni stanno commemorando la nascita del partito dei reduci del fascismo, invece che spezzare le reni a Bruxelles si sono seduti a quel tavolo e hanno impegnato le risorse delle prossime generazioni sulla guerra, che ormai danno per inevitabile. Un governo che retoricamente parla di famiglia e che ha nella sua Presidente una donna che si presenta come madre ad ogni occasione, ha scelto di tradire quelle stesse famiglie per far arricchire, con la manovra del prossimo anno, i produttori di armi.
In questa puntata di Scanner trovate un’intervista a Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it, sulla manovra e gli scenari futuri della politica italiana.