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Ucciso davanti alla fidanzata incinta, il boss De Micco e 4 imputati assolti “per non avere commesso il fatto”

Si chiude con l’assoluzione “per non avere commesso il fatto” il processo per la morte di Carmine D’Onofrio, il 23enne ammazzato nel 2021 a Ponticelli; alla sbarra il boss “Bodo” e 4 presunti affiliati.
A cura di Nico Falco
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Si chiude senza colpevoli il processo per la morte di Carmine D'Onofrio, il 23enne ucciso a colpi di pistola a Ponticelli, Napoli Est, nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 2021: sono stati assolti "per non avere commesso il fatto" Marco De Micco, alias "Bodo", ritenuto capoclan dell'omonimo gruppo di camorra del quartiere napoletano, e gli altri quattro presunti affiliati finiti alla sbarra, ovvero Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Ferdinando Viscovo e Giuseppe Russo Junior (quest'ultimo indicato come presunto basista e difeso dagli avvocati Marco De Scisciolo e Vincenzo Carrano).

D'Onofrio venne ucciso davanti alla sua abitazione, era appena uscito dall'automobile e a pochi metri c'era la fidanzata incinta di otto mesi. Il ragazzo era il figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, fratello di Antonio De Luca Bossa "‘o Sicco", capoclan detenuto da quasi venti anni. I cinque imputati erano finiti sotto processo al termine delle indagini svolte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Secondo le ricostruzioni il clan avrebbe individuato D'Onofrio come responsabile della bomba che era stata fatta esplodere davanti all'abitazione di Marco De Micco, ferendo, tra l'altro, due persone che risiedevano nello stabile ma che erano totalmente estranee a dinamiche di camorra.

Il clan avrebbe quindi sequestrato un altro giovane, lo avrebbe portato in casa De Micco e lo avrebbe torturato fino a farlo confessare; e lui avrebbe sussurrato il nome "Carmine", particolare che avrebbe portato a identificare il responsabile in D'Onofrio. A indicare il movente sarebbe stato Antonio Pipolo, ex affiliato ai De Micco e attualmente collaboratore di giustizia. Per i 5 imputati la Procura aveva chiesto l'ergastolo. Nel corso del processo c'è stato un botta e risposta tra accusa e difesa riguardo la presenza di D'Onofrio nei pressi dell'abitazione di De Micco al momento dell'attentato. L'avvocato Marco De Scisciolo, facendo riferimento alla perizia disposta dalla Corte d'assise ed eseguita dal Ris, ha commentato: "Gli accertamenti tecnici hanno portato a chiarire come i dubbi sulle intercettazioni e sulle captazioni ambientali, che avevamo già all'inizio del processo, fossero fondati".

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