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backstair / Bloody Money

Il sistema Passariello, da Fratelli d’Italia a Durigon con i soldi dei rifiuti

Luciano Passariello, ex consigliere regionale di Fratelli d’Italia e candidato nel 2018 col partito di Giorgia Meloni alla Camera è stato arrestato all’interno di un’inchiesta sulla Sma che nasce dall’inchiesta giornalistica di Fanpage.it sul sistema corruttivo nel mondo dei rifiuti.
A cura di Backstair
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a cura di Sacha Biazzo

Quando il giorno di San Valentino del 2018 Giorgia Meloni arrivò a Napoli per sostenere il suo candidato alla Camera dei deputati, Luciano Passariello, l’attuale premier non poteva prevedere quello che di lì a poche ore si sarebbe abbattuto sull’allora consigliere regionale di Fratelli d’Italia.

Meloni, da poco confermata presidente del partito, era più concentrata a lanciare il seme di un progetto che si sarebbe realizzato soltanto alcuni anni dopo. “Sto lavorando per la prima donna premier, l'idea è Giorgia Meloni primo ministro” – disse nel suo tour elettorale tra Napoli e Salerno, riferendosi alle elezioni che si sarebbero tenute il successivo 4 marzo. A quelle elezioni, però, la Meloni raccolse soltanto il 4,3% dei voti, contro il 17,4% del partito di Salvini e il suo progetto di diventare premier per quella legislatura si infranse di fronte alla nascita del primo governo giallo-verde.

A pesare sul risultato della Campania sarà anche la vicenda che da lì a poche ore riguarderà Passariello, il candidato di Fratelli d’Italia nel collegio uninominale “Napoli 6” e capolista nel proporzionale. Il giorno dopo l’arrivo di Meloni, il 15 febbraio 2018, tre settimane prima delle elezioni, Passariello, infatti, verrà indagato dalla Procura di Napoli per una vicenda che solo in questi giorni, con il suo arresto nel carcere di Poggioreale con l'accusa di corruzione, ha finalmente dei contorni più definiti. Un’inchiesta, quella giudiziaria, che si è intrecciata inevitabilmente con la nostra inchiesta giornalistica denominata Bloody Money, che finora ha portato agli arresti di più di 20 persone, e che nacque proprio “grazie” a Passariello.

Gli episodi dell’inchiesta

Nunzio Perrella, l’ex boss divulgatore

Il nome di Passariello, infatti, era spuntato qualche mese prima di quel famoso San Valentino, quando, nell’ottobre 2017, decidemmo di documentare il traffico illecito dei rifiuti rivolgendoci ad uno dei maggiori esperti del settore: l'ex boss di camorra, Nunzio Perrella. L’ex camorrista era stato arrestato all’inizio degli anni '90 per traffico internazionale di stupefacenti, ma, interrogato dagli inquirenti, aveva acceso una luce su un altro business, fino a quel momento sconosciuto, quello dei rifiuti.

Nunzio Perrella, ex boss di camorra, nell'inchiesta di Fanpage.it.
Nunzio Perrella

Perrella, che a scuola si era fermato alla terza media, in materia di rifiuti era maestro incontrastato, tanto che le sue dichiarazioni furono fondamentali per le indagini del processo Adelphi, uno dei primi processi ad attirare l’attenzione sui reati commessi nel settore dei rifiuti, tanto che da allora si iniziò a parlare di "ecomafie". Una delle frasi dette da Perrella agli inquirenti, ed oggi passata alla storia, sarà: “Dottò, la monnezza è oro…”. Una frase spesso riportata monca negli articoli, priva della seconda parte: “E la politica è una monnezza", il motto di quella che sarà la vita da uomo libero dell’ex boss non appena scarcerato.

Dopo aver scontato la sua pena (quasi 20 anni tra carcere e altre forme di detenzione), Perrella, infatti, iniziò un’attività di “divulgatore” sull’argomento rifiuti, con un obiettivo molto chiaro: denunciare le responsabilità dei politici nel business illegale dei rifiuti, a suo dire non abbastanza indagate dalla magistratura. È in quest’ottica che Perrella inizia a rilasciare interviste ai giornali e alle televisioni, spingendosi addirittura a scrivere un libro dal titolo “Oltre Gomorra”.

Un libro nel quale faceva nomi e cognomi non solo dei camorristi che gestivano il traffico dei rifiuti, ma anche di tutti quei politici e imprenditori pubblici e privati che su questo business ci lucravano e che anzi in molti casi erano i veri promotori dei traffici.

È proprio per questo libro che nel 2017 contattammo Perrella proponendogli di collaborare con noi (a titolo totalmente gratuito) per realizzare un’inchiesta sotto copertura sul mondo dei rifiuti. Il primo passo fu quello di spargere la voce tra i suoi vecchi contatti dicendo che il vecchio boss voleva di nuovo fare affari con i rifiuti. Il nostro intento in realtà era prettamente giornalistico, volevamo cioè capire cosa si muovesse nel settore in quel momento.

Dopo aver lanciato l’esca, il 25 ottobre 2017 ricevemmo la prima telefonata di una lunga serie. Il primo affare che ci proposero era lo smaltimento di un rifiuto della regione Campania, il “190805”, più conosciuto come "fango dei depuratori”, ovvero il risultato del trattamento delle acque reflue urbane. Per aggiudicarsi questo appalto, ci dissero, avremmo dovuto pagare una tangente a una persona. Si trattava di un politico, un consigliere regionale della Campania che si stava candidando alla Camera con Fratelli d’Italia e che per questo aveva bisogno di denaro per la campagna elettorale. Il suo nome era proprio Luciano Passariello.

Sma usata come ‘bancomat'

Ad affidare le gare per lo smaltimento dei fanghi dei depuratori, appalti che arrivavano a diversi milioni di euro, era la Sma Campania, la società regionale che si occupa di ambiente. Una società che muove soldi pubblici ed è posseduta totalmente dalla regione Campania che ne decide le nomine.

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Ufficialmente, Luciano Passariello non aveva nessun ruolo nella società, anzi, sarebbe dovuto essere il controllore esterno, in quanto presidente della commissione che doveva vigilare sulle società regionali, tra cui proprio la Sma, oltre che componente delle commissioni anticamorra e bonifiche-ecomafie. Anche se il ruolo di questa commissione di vigilanza Passariello non è riuscito a spiegarlo in dettaglio neanche ai giudici:

“Passariello ha provato a sostenere che tale fosse il compito suo e della commissione che egli presiedeva; tuttavia – vuoi per l'emozione dell'atto istruttorio, vuoi per la sua poca dimestichezza con tali temi – la spiegazione data in quell'occasione dall'indagato sul conto della funzione istituzionale della commissione regionale s'è rivelata alquanto stentata e incerta.”

Passariello secondo la ricostruzione dei magistrati di Napoli era riuscito ad avere un controllo totale sulla Sma, riuscendo a nominare come amministratore delegato un suo uomo di fiducia, Lorenzo Di Domenico, suo ex commercialista. Oltre a lui, Passariello dentro la società aveva il suo segretario particolare, Agostino Chiatto. Scrivono i magistrati:

“La sua collocazione al vertice della commissione s'era tradotta per Passariello in una ghiotta occasione per collocare in una posizione chiave una serie di suoi uomini, che gli garantivano uno stretto e proficuo collegamento con i dipendenti della Sma e con le imprese che ad essa si rapportavano. La sua capacità di indirizzare questi contatti nella direzione di un suo precipuo interesse, quella cioè di ottenere da ciò ampi pagamenti, in parte diretti al suo personale guadagno e in parte a finanziare la sua campagna elettorale."

Lo stesso di Domenico, amministratore della società, confesserà di essere stato messo al vertice della Sma per fare gli interessi di Passariello, che gli ripeteva che il suo compito era quello “di fare soldi”, cioè raccogliere utilità, anche richiedendo tangenti sugli appalti che la Sma affidava ai privati. Ammetterà Di Domenico di essere quasi una vittima vessata dal politico di Fdi:

"Passariello mi chiedeva continuamente soldi, nel senso che addirittura una volta mi chiamò e mi disse "secondo te perché io ti ho messo là (cioè in SMA), se non per fare soldi", con ciò volendo dire che lui pretendeva una tangente da tutti i soggetti e fornitori che avevano a che fare con la SMA. Io provvedevo a dare i soldi a Chiatta Agostino in busta chiusa e lui li dava a Passariello; il Chiatta faceva da trait d ‘union tra me e il Passariello”

I giudici sono riusciti a ricostruire che Passariello avrebbe ottenuto illecitamente una somma di circa 40 mila euro grazie a questo sistema, ma il giro di tangenti potrebbe essere molto più cospicuo.

“È molto probabile che anche altri imprenditori abbiano versato in altre occasioni delle somme anche più consistenti o direttamente a Passariello, oppure a Chiatto che pure facevano da collettori in maniera disinvolta di tali erogazioni. È assolutamente ragionevole concludere che, accanto agli oltre 40.000 euro indicati nel capo di imputazione, su cui la prova è dettagliatamente formata vi siano stati anche numerosi altri finanziamenti illeciti a favore dell'allora candidato Passariello.”

Secondo i magistrati, Passariello usava la Sma non solo per prelevare denaro, ma anche per elargirlo. Prima di tutto, la Sma pagava il suo segretario particolare Agostino Chiatto, che veniva stipendiato dalla società regionale, ma di fatto lavorava per Passariello. I magistrati hanno ricostruito come Chiatto effettuava e riceveva telefonate sul telefono del politico, senza che gli interlocutori si meravigliassero di questo perché pratica consolidata.

La Sma, inoltre, pagava anche l'ufficio stampa personale di Passariello. Il giornalista emise, infatti, due fatture nei confronti della Sma tra il 2017 e il 2018 per un totale complessivo di 4.345,74 euro. I pagamenti arrivavano dalla Sma, senza che però il giornalista lavorasse per la società regionale. La sua mansione era quella di ufficio stampa per Passariello, come confesserà lo stesso amministratore Di Domenico:

"Voglio aggiungere che il Passariello mi costrinse letteralmente a stipulare (ovviamente come SMA) un contratto con il suo addetto stampa,  il quale, in buona sostanza, era pagato da SMA e lavorava invece per Passariello, tant'è che per SMA, per tutto il tempo in cui è durato il suo rapporto, si è limitato a predisporre una paginetta facebook, per poi essere immediatamente licenziato subito dopo le mie dimissioni a seguito dello scandalo Fanpage".

Sma e i fanghi della discordia

Questo schema, ricostruito ora nel dettaglio dagli inquirenti, era apparso evidente per la prima volta il 3 gennaio 2018, quando il nostro insider Nunzio Perrella viene invitato nell’ufficio di Lorenzo Di Domenico, amministratore delegato della Sma Campania, per discutere dell’affare dei fanghi dei depuratori che stava gestendo Passariello.

Ad accoglierci quella sera al terzo piano dell’ufficio del Centro Direzionale di Napoli non sarà il politico di Fdi, ma il suo segretario particolare, Agostino Chiatto.

Le gare per lo smaltimento dei fanghi andavano a vuoto da mesi e gli impianti di depurazione si erano riempiti di rifiuti che non venivano conferiti da nessuna parte. La situazione di emergenza rendeva possibile l’affidamento dell’appalto in via diretta, senza dover bandire una gara, con la possibilità di far lievitare i costi.

L’occasione era particolarmente proficua per richiedere in cambio di questo affidamento una tangente senza particolari remore. Quando Nunzio Perrella si siederà di fronte a Lorenzo Di Domenico, l’amministratore della Sma, che pure vedeva il nostro insider per la prima volta, non ebbe paura nell’essere subito molto schietto: “Su questo appalto, a me quanto mi resta?” – disse riferendosi alla percentuale economica che avrebbe voluto per affidargli lo smaltimento dei fanghi.

Le conseguenze dirette sull’ambiente e sulla salute dei cittadini di questo sistema sono evidenti in una frase che Di Domenico pronuncia subito dopo davanti alla nostra telecamera nascosta: "A noi sostanzialmente dove li smaltite i fanghi non ci interessa".

Questo passaggio è dirimente per capire come funziona il business dei rifiuti. La criminalità riesce a proporre di smaltire i rifiuti a dei prezzi altamente concorrenziali, semplicemente perché non smaltisce legalmente i rifiuti, una attività che ha costi molto elevati. Invece di smaltirli, la criminalità cambia il codice dei rifiuti conferendoli dove non potrebbe, o nei casi peggiori, li interra illegalmente o li sparge nei fiumi con tutte le conseguenze per l'ambiente e la salute che questo comporta. Il prezzo vantaggioso per lo smaltimento non è neanche un vantaggio economico per i cittadini, perché quel prezzo viene poi gonfiato con le tangenti da pagare per vincere gli appalti.

Che alla Sma il gruppo di Passariello non si preoccupasse minimamente di chi e come dovesse smaltire questi rifiuti è evidente dal fatto che il gruppo non farà nessun controllo su di noi e sul nostro insider che, ovviamente, non aveva nessuna autorizzazione a smaltire quel tipo di fanghi. Di questa cosa sembrano consapevoli anche a giudicare dai messaggi WhatsApp acquisiti dalla Guardia di finanza, quando il gruppo parlando di noi scriverà che "quelli del gruppo, non sembrano tanto buoni". Nonostante questo, vorranno a tutti i costi andare avanti.

C’era un interesse più alto in ballo. L'unico argomento di discussione dell'incontro, infatti,  sarà la percentuale delle mazzette da destinare ai politici e ai gestori degli impianti di depurazione. "Fortunatamente chi deve pagare sono io – dirà ridendo Di Domenico – l'importante è che ci saziamo tutti quanti". L’ex commercialista di Passariello ci fa capire la situazione con un’immagine abbastanza evocativa: “Qui a questo tavolo non ci siamo soltanto io e voi, ma ci sono anche una serie di avvoltoi”, riferendosi a tutti quelli che dovevano avere un guadagno nell’affare dei fanghi.

Soltanto due giorni dopo, il 5 gennaio del 2018, in un bar del Centro direzionale, il segretario di Luciano Passariello entrerà nel dettaglio, rivedendo al rialzo le percentuali delle tangenti da pagare per i politici e spiegando il motivo dell'urgenza di chiudere l'affare. "Io a Napoli sono anche il tesoriere del partito (Fdi, ndr), io sono quello che prende e quello che paga; adesso Luciano si candida e il 4 marzo deve andare a Roma, per quello ci serve una grande mano, una spinta per dargli una mano”.

Chiatto era anche il mandatario elettorale di Passariello per le elezioni del 2018, cioè colui a cui ufficialmente era intestato un conto presso il Banco di Napoli dove dovevano essere depositate le elargizioni economiche che il candidato di Fratelli d’Italia avrebbe ricevuto dai suoi sostenitori.

Tanto che, dopo il clamore suscitato dalla pubblicazione dell’inchiesta Bloody Money, i magistrati intercettano una conversazione tra lo stesso Passariello e l’ufficio della banca nella quale il consigliere regionale cerca platealmente di prendere le distanze dal suo segretario cercando di farlo rimuovere come intestatario del conto. Probabilmente consapevole di essere intercettato.

L’uomo che voleva querelare il mondo

Quello che le nostre telecamere registrano sul conto di Passariello si ferma a quel 5 gennaio 2018. Il nostro insider non incontrerà mai fisicamente il consigliere regionale per espressa volontà del suo segretario: “Lui (Passariello, ndr.) non deve mai comparire ufficialmente, al massimo un cenno di intesa, ma non più di questo, perché adesso si candida".

"Se sali un attimo su ti faccio vedere di chi è l'ufficio" – ci invitò Chiatto al termine di quell’incontro, riferendosi all’ufficio del politico. Rifiutammo per ragioni meramente tecniche: all'ingresso del palazzo i metal detector avrebbero rilevato la nostra telecamera nascosta. Così Passariello riuscì a non essere mai immortalato nei video.

Il 16 febbraio 2018, un giorno dopo che venne diffusa la notizia delle indagini a carico di Passariello, Chiatto e Di Domenico, verrà pubblicata la prima puntata di Bloody Money. Fu un terremoto all’interno del sistema Sma, tanto che alcuni degli amministratori pubblici che ricevevano le mazzette si lamentarono:

“Nel gennaio 2018 la corresponsione della tangente in mio favore si è interrotta in considerazione dello scandalo di Fanpage, tale corresponsione periodica, sempre nella misura di 2.000 euro al mese”

Passariello passò subito all’attacco, scaricando la colpa su i suoi uomini, come scrivono i giudici:

"Allo stesso modo, come s'è detto, dopo la pubblicazione dell'inchiesta di Fanpage, egli aveva negato ogni suo coinvolgimento e "scaricato" gli uomini con i quali sino a quel punto era stato sempre a diretto contatto personale, dei quali era stato sino a allora il mandante e l'ispiratore delle pretese di denaro e ne aveva condiviso a pieno l'operato."

Agostino Chiatto, inizialmente difenderà il consigliere, affermando l’estraneità del politico di Fratelli d’Italia alla vicenda: “Passariello non sapeva niente, abbiamo organizzato noi l’incontro per l’emergenza fanghi”.

Le reazioni politiche inizialmente all’interno di Fdi furono tiepide. Giorgia Meloni appena uscita la notizia il 15 febbraio disse: “Parliamo di un’indagine in cui Luciano Passariello viene chiamato in causa da qualcun altro che parla di lui e non per qualcosa che lui avrebbe fatto. Spero che questa indagine si concluda come tutte le altre del pm Woodcock, cioè con un nulla di fatto”.

Qualche giorno dopo, il 18 febbraio, Ignazio La Russa, adesso presidente del Senato, disse: “Non trovo nessun imbarazzo, spero sia eletto”.

Passariello non sarà eletto e qualche giorno dopo le elezioni, il 9 marzo, convocherà una conferenza stampa di fuoco nella sede del consiglio regionale: “Non sono stato eletto parlamentare per questa inchiesta, diffido chiunque a usare il mio nome senza avere prove, farò causa a tutto il mondo, alla fine della vicenda qualcuno dovrà pagare perché quanto fatto è il peggio del peggio”.

La sua carriera politica però non si arrestò dopo quella vicenda, soprattuto dopo che nel settembre del 2019 i giudici di Napoli archiviarono il primo procedimento a suo carico, quello scaturito dall’analisi dei video di Bloody Money, perché il reato era impossibile.

Il nostro insider infatti aveva agito non per corrompere i pubblici amministratori, ma per diritto di cronaca. Non essendoci quindi la volontà di corrompere (oltre che alcuno scambio di denaro) il reato era impossibile e tutte le persone coinvolte in quel procedimento vennero archiviate.

Forte di questa archiviazione, Passariello il 6 novembre 2019 si dichiarò pronto a rientrare in Fratelli d’Italia:  “Vorrei precisare che non sono mai stato cacciato da Fratelli d’Italia, sono io che mi sono autosospeso. Ora scriverò a Giorgia Meloni per dire che ho intenzione di rientrare nel partito”

Il rientro non andrà a buon fine, visto che il 25 luglio 2020, due mesi prima delle elezioni regionali campane, Passariello annunciò il suo ingresso in Forza Italia dopo un incontro con l’allora vicepresidente del partito, Antonio Tajani, attuale vicepresidente del Consiglio e Ministro degli esteri: “Ho ufficializzato la mia adesione al partito guidato dal Presidente Silvio Berlusconi, è stato proprio lui a salutarmi affettuosamente con un caloroso benvenuto”.

Passariello e Tajani
Passariello e Tajani

Proprio in questo periodo, mentre Passariello cerca una nuova casa politica per essere rieletto, il suo nome finisce di nuovo in una nostra inchiesta, ma questa volta su tutt’altro argomento, l'indagine “Follow the money” su Claudio Durigon e i 49 milioni della Lega.

Lo spirito continua

Nel settembre 2020 si stanno per svolgere altre elezioni importanti, tra cui le elezioni regionali della Campania, e a Napoli arriva l’attuale sottosegretario del Ministero del lavoro, Claudio Durigon, fedelissimo di Salvini, uno dei plenipotenziari della Lega per cui passano nomine e decisioni importanti.

Il braccio destro di Salvini partecipa ad una cena in un ristorante sulla riviera di Chiaia. Con lui ci sono il candidato della Lega in Campania, Severino Nappi, ma anche un personaggio misterioso: Luigi Matacena, che Durigon presenta agli altri commensali come “uno molto legato ai servizi segreti”. Di sicuro il suo nome compare nell’elenco dei correntisti italiani della filiale di Ginevra della Hsbc, nella cosiddetta lista Falciani, oltre che nei Paradise Papers, per aver avuto una società a Malta. Oltre a questo, verrà sentito dalla Procura di Napoli all'interno del processo P4.

Durigon e Matacena si conoscono da anni ("almeno 5", dirà il sottosegretario),  tanto che sarà proprio Matacena a saldare il conto piuttosto salato della cena a base di cruditè di pesce e vino bianco a cui prendono parte Durigon e i politici napoletani. Fra una portata e l’altra si discute di nomine.

Matacena decide di incontrare Durigon perché vuole sponsorizzare l’ingresso nella Lega di un suo amico, Luciano Passariello, che qualche settimana prima aveva rinunciato alla candidatura alle elezioni regionali con Forza Italia.

“Luciano l’ho portato io e so come è andata la storia con Forza Italia”, spiega Matacena agli altri commensali a proposito del passo indietro prima delle elezioni. E Durigon conferma: “Lui lo voleva candidare con noi, mi sta portando Passariello”. Matacena spiega ai presenti anche il perché sia saltata questa candidatura con la Lega: “Molteni (il coordinatore regionale della Lega in Campania, ndr) non l’ha voluto perché arrivava primo”.

L’episodio ci sembrò subito rilevante anche in considerazione del business di Matacena. Principalmente l'imprenditore si occupa di fornitura di attrezzature antincendio e antisismiche a enti locali, commesse milionarie che riceve da protezione civile e vigili del fuoco, un ente che dipende dal Ministero dell’interno.

Tra gli appalti vinti dalle sue società ricorre anche il nome della Sma Campania, la società regionale che secondo i magistrati veniva usata proprio per nome e per conto di Passariello.

Non sappiamo quale sia stata la risposta di Durigon a Matacena, di sicuro Passariello non riuscì poi ad entrare nella Lega, ma sul perché Matacena si adoperi per Passariello rimane ancora un mistero.

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