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Scarcerato e arrestato: il boss Cimmino torna in carcere per l’inchiesta su camorra e ospedali

Luigi Cimmino, il boss del Vomero, era stato scarcerato soltanto pochi giorni fa: per lui era stata disposta la libertà vigilata per due anni a Bracciano. Torna in carcere con l’inchiesta della Procura di Napoli sugli appalti ospedalieri che ha portato all’esecuzione di 40 misure cautelari. Per gli inquirenti ha imposto una tangente da 400mila euro per lavori al Cardarelli.
A cura di Nico Falco
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L'arresto di Luigi Cimmino nel 2015
L'arresto di Luigi Cimmino nel 2015

Scarcerato, con due anni di libertà vigilata, e di nuovo in manette. Torna in carcere il ras Luigi Cimmino, considerato ai vertici del clan Cimmino-Caiazzo del Vomero, tra i gruppi malavitosi (insieme a quelli dell'Alleanza di Secondigliano) colpiti dall'inchiesta della Procura di Napoli che ha portato oggi all'emissione di 40 misure cautelari per presunti affiliati, imprenditori e pubblici ufficiali. Tutto ruota intorno agli appalti ospedalieri e all'enorme giro di denaro legato; tra gli arrestati anche Marco Salvati, titolare de facto di Croce San Pio, che è accusato di avere stretto un patto coi Cimmino-Caiazzo per favorire la propria attività.

Chi è Luigi Cimmino, il boss del Vomero

Luigi Cimmino, 60 anni, è destinatario di misura cautelare in carcere. L'uomo è accusato di associazione mafiosa, in relazione all'appartenenza al "gruppo del Vomero", nella sfera di influenza dell'Alleanza di Secondigliano, che tra le finalità aveva anche il controllo delle attività illecite collegate alla gestione delle strutture ospedaliere (Cardarelli, Azienza dei Colli e Policlinico Federico II).

Per gli inquirenti Cimmino è, insieme ad Antonio Caiazzo, "capo indiscusso del sodalizio malavitoso" e non avrebbe mai smesso di incassare gli introiti derivanti dalle attività illecite del clan nemmeno nel periodo in cui era detenuto nel regime del 41bis. Inoltre, si legge nell'ordinanza, Cimmino aveva continuato a far valere il suo ruolo di capo: grazie all'intercessione e ai rapporti coi clan di Marano aveva ottenuto il ripristino del pagamento dello stipendio per lui e la sua famiglia, dopo che il clan lo aveva per un breve periodo sospeso perché il boss e il figlio "si erano appropriati degli introiti di alcune estorsioni di notevole entità".

Nel 2018, sottolinea il pm, Cimmino aveva manifestato di diventare collaboratore di giustizia. Si trattava però, di un modo per ottenere gli arresti domiciliari al fine di poter riprendere il comando del clan. Il proposito era "miseramente fallito all'esito dei primi interrogatori esplorativi condotti da questo uffici di Procura e da quanto emerso chiaramente dai colloqui registrati presso la struttura carceraria" dove all'epoca si trovava detenuto (il carcere di Opera, a Milano).

Tangente da 400mila euro per i lavori al Cardarelli

In particolare, secondo gli inquirenti Cimmino, insieme al figlio Franco Diego Cimmino, ad Andrea Basile (considerato il reggente del clan) e ad Alessandro Desio, avrebbe imposto una estorsione (consumata) di 400mila euro a Biagio Vallefuoco, presidente del Cda del consorzio Cosap/Co.Ge.Pa, che si era aggiudicato l'appalto da 47 milioni di euro per la manutenzione straordinaria e adeguamento funzionale-tecnologico dei padiglioni C, E, G, L, O e S del Cardarelli.

I soldi, si legge nell'ordinanza, sarebbero stati consegnati in due tranches, una da 100mila e l'altra da 200mila euro. La restante parte, 100mila euro, sarebbe stata erogata in 3 anni, con rate quadrimestrali da 12mila euro (per complessivi 36mila euro all'anno); il denaro sarebbe stato incassato da Luigi Cimmino fino al 2016, anno in cui fu arrestato e la riscossione passò nelle mani del figlio Franco Diego Cimmino.

Scarcerato Cimmino, in fermento i clan del Vomero

L'uomo era tornato in libertà soltanto pochi giorni fa, su decisione del tribunale di Sorveglianza di Milano, dopo un periodo di detenzione a Tolmezzo e nel carcere di massima sicurezza di Parma; su disposizione del giudice era stata sostituita la misura della casa di lavoro con quella della libertà vigilata (per la durata di due anni) a Bracciano.

La notizia della scarcerazione di Cimmino aveva causato fermento negli ambienti criminali del Vomero, dove il clan Cimmino è ancora attivo ed egemone. Secondo l'ultima relazione antimafia ci sarebbe stato negli ultimi tempi, inoltre, un avvicinamento tra il clan del quartiere collinare agli Stabile di Chiaiano.

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