Rider picchiato e rapinato dello scooter, le bugie nella versione del baby rapinatore
Alle forze dell'ordine aveva raccontato di non conoscere gli altri componenti del gruppo, di averli visti qualche volta, di non sapere nemmeno come si chiamassero. Di avere, quella sera, soltanto accettato un messaggio da alcuni coetanei e di essersi trovato in mezzo senza quasi sapere come. Ma il 16enne sottoposto a fermo per la rapina al rider 50enne conosceva bene quei ragazzi, erano suoi amici. Meglio il carcere piuttosto che fare il nome degli altri, meglio una versione incredibile piuttosto che "cantarli con le guardie".
Ed infatti gli investigatori ci hanno messo poco a smontare pezzo per pezzo il racconto del ragazzo. Il giovane si era consegnato dopo la diffusione del video, si era riconosciuto in quelle immagini e aveva voluto raccontare la sua versione. Dicendo che quella sera stava tornando da casa della fidanzata e si era trovato casualmente insieme a quei ragazzi semi sconosciuti, che lo avevano visto a piedi e gli avevano offerto un passaggio. Il suo telefono cellulare, però, ha raccontato una storia molto diversa: chiamate in entrata e in uscita e contatti sui social network con gli altri giovani. Uno dei ragazzi è registrato in rubrica proprio come "fratello". Lo si legge nel decreto di fermo a carico dei due maggiorenni del gruppo, convalidato ieri, accusati come gli altri di rapina e ricettazione. Nelle ore successive sono stati bloccati tutti i sei componenti del gruppo, per quattro di loro è stato convalidato il fermo.
Il 16enne, è bene ricordarlo, non ha precedenti penali e anche il suo nucleo familiare è completamente estraneo a dinamiche di camorra: il padre commerciante, la madre casalinga, una sorella studentessa. Niente ombre, se non dei parenti che nei primi anni 2000 erano stati coinvolti nella Prima Faida di Scampia. E va sottolineato anche che la madre del sedicenne, tramite il legale Carlo Ercolino, si era detta da subito mortificata da quello che era successo, aveva condannato il gesto del figlio ed espresso l'intenzione di scusarsi personalmente con Giovanni Lanciato, il rider rapinato.
Non un criminale, insomma, ma con quella mentalità che in certi ambienti è ben radicata: con le guardie non si parla, non si cantano gli amici. Lo sanno bene anche gli investigatori, costretti di continuo a fare i conti con spacciatori e rapinatori che finiscono al pronto soccorso feriti a colpi di pistola e raccontano tutti la stessa versione: volevano l'orologio, volevano il motorino, non li ho visti in faccia, brigadie'.