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Pastiera e casatiello: perché in dialetto napoletano si chiamano così?

Giambattista Basile li cita addirittura ne La Gatta Cenerentola: già nel Seicento si chiamavano così, anche allora pietanze immancabili sulla tavola dei napoletani. La pastiera e il casatiello fanno da sempre parte della tradizione culinaria pasquale, ed entrambe queste ricette nascondono una storia e una simbologia antichissime ed affascinanti: ma perché il dialetto napoletano le chiama così?
A cura di Federica D'Alfonso
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La preparazione del casatiello a Napoli, in un'illustrazione di Francesco De Bourcard contenuta in "Costumi e Tradizioni di Napoli e dintorni" (1866)
La preparazione del casatiello a Napoli, in un'illustrazione di Francesco De Bourcard contenuta in "Costumi e Tradizioni di Napoli e dintorni" (1866)

A Napoli le festività pasquali non sarebbero le stesse senza pastiera e casatiello: si tratta di due ricette, una dolce e l’altra salata, immancabili sulla tavola partenopea di questo periodo. La loro origine è antichissima, ed è legata alle affascinanti simbologie dei rituali pagani di rinascita e prosperità che fin dall’epoca precristiana venivano celebrati proprio nel periodo primaverile. Altrettanto antica sembra essere l’origine del nome di queste due prelibatezze, citate addirittura da Giambattista Basile ne “Lo cunto de li cunti”: ma perché la pastiera e il casatiello si chiamano così, nel dialetto napoletano?

“Pastiera” e “casatiello” nel Seicento: La Gatta Cenerentola

Descrivendo il sontuoso banchetto organizzato dal re per trovare la bellissima proprietaria della scarpetta, ne “La Gatta Cenerentola” Basile cita proprio le due pietanze pasquali:

E, venuto lo juorno destinato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle?.

Una storia antica, dunque, quella che lega le tradizioni partenopee alla pastiera e al casatiello, chiamati già nel Seicento con i nomi che si utilizzano ancora oggi nel dialetto napoletano per indicare il dolce di ricotta, grano e uova e la torta salata fatta di strutto, uova e pepe.

In entrambe le ricette, la simbologia legata agli ingredienti è molto importante, così come l’antichissima storia che le contraddistingue: ma il loro nome da dove deriva?

La pastiera: la “falsa” etimologia francese

La pastiera, il tipico dolce napoletano di Pasqua fatto con ricotta, grano e fiori d'arancio
La pastiera, il tipico dolce napoletano di Pasqua fatto con ricotta, grano e fiori d'arancio

Il nome del tipico dolce deriverebbe, però, dal latino. In un’ipotesi abbastanza fantasiosa il termine “pastiera” è stato spesso considerato come risultato dell’unione della parola “pastam”, che in latino indica appunto l’impasto, con un suffisso di derivazione francese che vuol dire “di ieri”.

Tale interpretazione etimologica rintraccia nell'antica usanza di aggiungere all'impasto tipico della pastiera anche gli avanzi dei giorni precedenti: secondo questa ipotesi, il dolce sarebbe appunto il risultato di una ricetta nata per non buttare via niente, molto simile all'altrettanto tipica frittata di pasta (salata).

Tale ipotesi non è mai stata riconosciuta come valida o attendibile: si ritiene che, molto più semplicemente, la “pastiera” sia il risultato di una volgarizzazione del termine “pastam”, fra l’altro di molto precedente a quella francese: le leggende legate all'origine della ricetta dei questo dolce tipico di Pasqua sono infatti antichissime, legate addirittura ai miti di fondazione della città di Napoli.

Uova, grano e ricotta richiamerebbero, secondo alcuni, gli ingredienti tipici del pane della “confarreatio”, l’antico rito con cui i romani celebravano il matrimonio: una importanza simbolica, garanzia di un patto indissolubile, che a Napoli acquisì particolare valore attraverso il mito di Partenope, la leggendaria sirena che non solo fondò la città, ma inventò anche la pastiera.

Casatiello: una torta salata, ma anche un’offesa

Il casatiello, la torta salata pasquale fatta con strutto e uova
Il casatiello, la torta salata pasquale fatta con strutto e uova

Forse meno antico ma altrettanto importante nella simbologia pasquale è il “casatiello” (che erroneamente, molto spesso, viene confuso con il tortano, altro tipico dolce salato pasquale): il termine, definito come “pane condito con sugna, pepe, avvolto in forma di grossa ciambella”, compare già nei dizionari etimologici del XIX secolo, ma grazie a Giambattista Basile sappiamo che la sua presenza sulla tavola napoletana risale almeno al Seicento.

In questo caso, la ricostruzione etimologica è pressoché certa: si tratterebbe sempre di una volgarizzazione napoletana del latino “caseus”, ovvero “formaggio”, uno degli ingredienti tipici della ricetta.

Ma se il suo significato letterale è quello di “piccolo pane al formaggio”, per quanto riguarda il casatiello l’uso di questa parola è attestato anche nel gergo colloquiale con tutt'altro significato: non è raro sentire un napoletano definire una particolare situazione, difficile e complessa, o una persona tediosa, “nu casatiell”.

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