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Nel sistema di appalti pilotati c’erano camorra e Cosa Nostra siciliana. Ecco le accuse a Nicola Ferraro

La Procura ricostruire il ruolo di Nicola Ferraro, arrestato nell’inchiesta contro il sistema di appalti truccati nel Casertano: avrebbe avuto rapporti anche con la mafia siciliana.
A cura di Nico Falco
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Nicola Ferraro
Nicola Ferraro

L'imprenditore e politico Nicola Ferraro, già condannato per concorso esterno nel clan dei Casalesi, durante la detenzione e dopo la scarcerazione avrebbe rafforzato in suo ruolo nella gestione di appalti, creando un "sistema" nel quale era punto di riferimento, oltre che per i clan di camorra, anche per Cosa Nostra. Sono le accuse che la Procura contesta al 64enne, tra i destinatari di misura cautelare dell'ordinanza eseguita ieri, 9 settembre, dai carabinieri Nucleo investigativo di Caserta nelle province di Napoli, Caserta, Roma, Avellino e Benevento; per l'imprenditore il gip ha disposto il carcere (è stata esclusa l'aggravante mafiosa).

Il ruolo durante la detenzione

Nell'ordinanza si legge che dal 2010, data del suo precedente arresto, e fino al 2023, Nicola Ferraro avrebbe accresciuto "notevolmente la sua caratura mafiosa, divenendo partecipe del clan (gruppo Schiavone), con il suolo di stabile referente nel settore degli appalti inerenti la raccolta dei rifiuti solidi urbani e la sanificazione ospedaliera".

Durante la detenzione, arrivata per la condanna divenuta irrevocabile, l'imprenditore sarebbe diventato un punto di riferimento per i detenuti del gruppo Schiavone, che si sarebbero rivolti a lui per compattarsi di fronte alle prevaricazioni di quelli legati al clan Polverino; poi, per la sua scelta di non collaborare con la giustizia, avrebbe guadagnato rispetto, oltre che dal clan, anche da imprenditori e politici con cui avrebbe fatto affari e che, per ringraziarlo del silenzio, si sarebbero messi a sua disposizione per costruire quello che gli inquirenti definiscono "un sistema affaristico da lui gestito", e "finalizzato ad infiltrare nella pubblica amministrazione le imprese di suo riferimento".

I rapporti con gli altri clan e la mafia siciliana

Forte del nome del clan e dell'autorevolezza conquistata, Ferraro avrebbe contattato Domenico Romano, ritenuto legato al clan Alfieri e a quello dei Nuvoletta, per organizzare insieme a lui l'infiltrazione in alcuni comuni del Casertano e nelle Asl di Caserta, Napoli 2, Napoli 3 e Benevento; avrebbe quindi consentito ad una ristretta cerchia di imprenditori di aggiudicarsi appalti pubblici, sia grazie ai rapporti con esponenti politici, sia impedendo ad altri imprenditori di partecipare alle gare.

Il suo ruolo sarebbe stato riconosciuto anche dal clan D'Alessandro, che lo avrebbe convocato per gli appalti pubblici a Castellammare di Stabia, e avrebbe fatto accordi anche con esponenti di primo piano del clan Santapaola di Cosa Nostra, e in particolare con Francesco Santapaola, nipote di Nitto Santapaola, per assicurare appalti a Catania ai Ciummo di Cassino. Ferraro avrebbe usato parte dei soldi incassati con questo sistema per finanziare le casse del gruppo Schiavone.

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