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A Napoli il voto di scambio politico-mafioso: 7 arresti. Preferenze all’asta per 20 euro. Gratteri: “Mafie votano e fanno votare”

Arresti dei carabinieri e della direzione antimafia. L’operazione a Ponticelli-Barra-San Giovanni a Teduccio e Cercola. Gratteri: “Se le mafie offrono è perché qualcuno compra”
A cura di Pierluigi Frattasi
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Scambio elettorale politico-mafioso a Napoli, scatta il blitz di carabinieri e Direzione Distrettuale Antimafia. Nel mirino le elezioni comunali che si sono tenute e Cercola, comune alle porte orientali del capoluogo partenopeo, nel 2023. Sono 7 gli arresti eseguiti questa mattina tra i quartieri della zona orientale di Ponticelli-Barra-San Giovanni a Teduccio e il vicino Comune di Cercola, dai carabinieri della compagnia di Torre Del Greco, in provincia di Napoli. I militari dell'Arma hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare (sei arresti in carcere e uno ai domiciliari) emessa dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta della DDA partenopea, a carico di 7 persone nei quartieri Ponticelli e San Giovanni a Teduccio di Napoli e in località Caravita di Cercola. L'inchiesta è partita da una segnalazione della Polizia Locale di Cercola.

Gli indagati sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di scambio elettorale politico-mafioso nonché di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e di detenzione e porto in luogo pubblico di armi, delitti aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare le associazioni di tipo camorristico denominate clan Fusco-Ponticelli e De Micco-De Martino, operanti sul territorio di Cercola e nell’area orientale di Napoli compresa tra i territori di Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio. Il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha convocato una conferenza stampa questa mattina.

Chi sono gli indagati dell'inchiesta

Tra gli indagati, secondo le prime informazioni, ci sarebbero Sabino De Micco, consigliere della VI Municipalità San Giovanni, Barra e Ponticelli di Napoli, che sulla pagina istituzionale del Comune di Napoli oggi risulta capogruppo di Fratelli d'Italia. De Micco è stato eletto come candidato presidente autonomo alla Municipalità, in rottura con Catello Maresca. Sarebbe poi divenuto riferimento di Forza Italia. Successivamente sarebbe passato con Fratelli d'Italia.

Tra gli arrestati figura Antonietta Ponticelli, all'epoca rappresentante della lista "Europa Verde", figlia dell'ergastolano Gianfranco Ponticelli, quest'ultimo ritenuto a capo dell'omonimo clan. Sarebbe stata lei ad attirare l'attenzione della Polizia Locale di Cercola. Ad insospettire gli agenti sarebbe stato un episodio in cui la donna si sarebbe presentata con decine di deleghe per ritirare una trentina di tessere elettorali di cittadini che ne avevano dichiarato lo smarrimento. La Ponticelli risultava già condannata per associazione a delinquere di tipo mafioso e per questo interdetta dai pubblici uffici e privata del diritto di elettorato. La sua nomina a rappresentante di lista, quindi, non poteva che essere falsa, come poi hanno documentato gli accertamenti.

Arresto anche per la candidata consigliera comunale, Giusy De Micco, all'epoca iscritta nella lista "Europa Verde", che con l'aiuto del clan "Fusco-Ponticelli" e con la collaborazione criminale di alcuni suoi parenti ritenuti legati al clan "De Micco-De Martino", si sarebbe accordata con la camorra di Cercola e dell'area orientale di Napoli (con il clan Mazzarella): attraverso Giovanni De Micco e Sabino De Micco, entrambi arrestati), e avrebbe versato 1.800 euro in cambio di un pacchetto di voti.

Gli arresti in carcere sono stati notificati a Giuseppina De Micco, 50 anni, Sabino De Micco, 25 anni, Giusy De Micco, 30 anni, Antonietta Ponticelli, 43 anni, Salvatore Capasso, 45 anni, e Pasquale De Micco, 51 anni. Domiciliari invece per Giovanni De Micco, 75 anni.

Le indagini inoltre hanno consentito di fare piena luce sul cartello camorristico "Mazzarella-De Micco-De Martino-Aprea", che opera nei quartieri Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio di Napoli. Documentati dai carabinieri anche episodi di corruzione elettorale nel 2020 ad opera del clan De Luca Bossa-Minichini e il pestaggio di un pregiudicato del quartiere Caravita di Cercola, accusato di avere acquistato voti per un candidato al consiglio regionale della Campania senza avere versato una tangente alla camorra.

Napoli, i voti  all'asta venduti a 20 e 30 euro

Le indagini, secondo le prime informazioni trapelate, sarebbero relative alle elezioni amministrative del maggio 2023. Nel caso di Cercola, piccolo comune alla porta orientale di Napoli, si tratterebbe della tornata del 14 e 15 maggio 2023 e del successivo ballottaggio del 28 e 29 maggio. I voti sarebbero stati venduti, secondo le ipotesi dei magistrati, a 30 euro al voto per la prima tornata elettorale e a 20 euro per il ballottaggio. Le indagini sono coordinate dai pm Henry John Woodcock e Stefano Capuano. Al vaglio degli investigatori vari presunti episodi di voto di scambio politico-mafioso, documentati nel comune vesuviano. Gli indagati avrebbero creato, con una perfetta organizzazione e suddivisione di compiti e ruoli, un meccanismo volto ad inquinare l’esito delle consultazioni elettorali.

Tra gli arrestati figurerebbero anche la figlia di un boss ergastolano, all'epoca dei fatti rappresentante di lista, una candidata legata da vincoli di parentela al clan De Micco e suo fratello, consigliere in una municipalità di Napoli. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Le intercettazioni: "Se li sono comprati i voti… hanno i soldi e comprano…"

Nelle intercettazioni, acquisite dagli inquirenti, si leggono parole del tipo: «Se li sono comprati i voti… hanno i soldi e comprano…». Secondo le indagini, ci sarebbe stato un acquisto di voti in vista delle elezioni amministrative a Cercola. Ma i candidati per i quali si sarebbe dovuto votare alla fine non sarebbero stati eletti. Questi ultimi, secondo quanto ricostruito, avrebbero poi contestato agli elettori di avere promesso il consenso e intascato denaro da più di un candidato.

Gli inquirenti: "Democrazia all'asta"

Gli inquirenti sono durissimi nell'atto d'accusa:  scrivono che nella zona cercolese la compravendita dei voti in occasione di ogni tornata elettorale «è prassi, avvertita come necessaria da parte dei protagonisti politici oltre che accettata dagli elettori, diffusa e trasversale a tutti gli schieramenti»:

È così inquietante da superare per grossolanità e totale assenza di senso della misura quello messo in scena, con l'intento di suscitare ilarità attraverso il paradosso più estremo, da registi e comici professionisti nei film di finzione.

Uno scenario in cui la democrazia è all'asta con una base di 20 euro e rialzi a tal punto irrisori che quasi la metà degli elettori preferisce incamerare e cumulare anche il più basso prezzo offerto dalla concorrenza, senza dar seguito alla promessa di voto". Questo farà guadagnare all'elettrice addirittura gli strali e le accuse di "slealtà" da parte dei corruttori, oltre all'inizio di condotte intimidatrici volte al recupero delle somme corrisposte ai singoli elettori sospettati di "tradimento".

Il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, nel rispondere alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa sugli arresti nell'ambito di una indagine sul voto inquinato, spiega: «La mia certezza è che le mafie votano e fanno votare per il loro interesse. Ma se le mafie offrono è perché c'è qualcuno che compra».

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