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Amara lettera di un emigrante: “Cara Napoli, stai perdendo i più onesti e sognatori”

“Sono troppo arrabbiato con te Napoli, li lasci andare via tutti così facilmente”: lettera arrabbiata e rassegnata di un emigrante partenopeo al Nord.
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In una celebre poesia di Raffaele Viviani, "Campanilismo", peraltro magistralmente interpretata da Nino Taranto, si fa cenno ad uno dei "difetti capitali" di chi vive in questa città: l'incapacità di sortire insieme un risultato e di valorizzare e riconoscere il talento altrui. «Che vvuò, ca cu stu cielo e chistu sole,
te dammo nu saluto e ce ne jammo?», («che vuoi, che nonostante questo cielo e questo sole ti diamo un saluto e andiamo via?») chiede il Poeta, rivolgendosi alla sua città.

Così fa anche l'anonimo emigrante partenopeo che si definisce «figlio di nessuno», autore d'una lunga, accorata e sofferta lettera indirizzata anche alle forze politiche e in particolare al consigliere regionale Francesco Borrelli, uno dei più presenti sui social e in tv.

Cosa racconta quest'uomo? Un fenomeno antico ma che resta di drammatica attualità: quello dell'emigrazione verso altri lidi causa scarsità d'offerta lavorativa e assenza di retribuzioni dignitose anche davanti al duro lavoro. «Sei invivibile Napoli, riesci a sentire il giudizio dei tuoi figli?», afferma.

Ecco la lettera integrale:

Cara Napoli, sei riuscita a far scappare tanta gente. Mi piange il cuore per te, Napoli. Stai perdendo i più onesti, i più sognatori, i più intelligenti, i più coraggiosi, i più lavoratori.

Prima di andarsene dicono tutti che sei diventata troppo stretta, troppo sporca, troppo incivile, troppo corrotta: invivibile. Sei invivibile Napoli, riesci a sentire il giudizio dei tuoi figli?
Lo so, sarai sempre la loro mamma e le ferie trascorse da te sembreranno sempre troppo poche…
Ma sai Napoli, quando c’è di mezzo il futuro le tue “ricchezze” valgono ben poco.
Offri del cibo buonissimo e dolci tra i più gustosi al mondo, che non riescono comunque a rendere meno amaro il magone in gola di chi deve rifarsi una vita altrove, ripartire da zero. Hai un mare immenso, spiagge da favola e panorami mozzafiato, che non riescono comunque a dare un lavoro. Quindi, non mi illudo, so che le tue ricchezze non riusciranno a rendere meno triste le partenze.

Il tuo sole 365 giorni l’anno, i tuoi caffè sempre offerti e l’allegria dei tuoi figli non riusciranno mai e poi mai a rendere meno dolorosa la sua mancanza. Sono troppo arrabbiato con te Napoli, li lasci andare via tutti così facilmente… Continuando così resterai sola. Se ne andranno tutti.

Non lamentarti dei troppi immigrati, probabilmente, tra qualche anno, quelle povere anime saranno le uniche disposte a fermarsi da te, oltre ai pochi fortunati che riusciranno ad arrivare alla pensione. Eppure senza stipendio, senza diritti, senza futuro, con l’amaro in bocca, credimi, i tuoi cibi non sembrano più così tanto gustosi.

Perché tu lo sai, c’è una cosa che per noi viene sempre prima di tutto: la famiglia. E quando c’è da sacrificarsi per mantenerne o costruirne una, i napoletani sono così forti da riuscire a spezzarsi letteralmente in due: il cuore a Napoli , la mente e le mani altrove, sul posto di lavoro.

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Qualsiasi lavoro: operaio, cameriere, cuoco, lavapiatti è comunque più dignitoso di quello che tu puoi offrirci. E non importa se si parte per Londra, Milano, Venezia, Berlino, Roma, Bristol; non importa se quel lavoro lo si trovi in Danimarca, Svizzera, Belgio, Piemonte…per noi napoletani si tratterà sempre e solo di "andare al vivere al Nord".

Come faccio a spiegarti il mio stato d’animo, Napoli? Non posso.
Nessuna parola sarebbe mai in grado di spiegare che cosa si prova a veder partire e sentire, ogni volta, un pezzo di cuore in meno. Perché ogni volta che ti saluto cara Napoli, mi lasci una valigia di ricordi, sempre troppo piccola, da portar via con me… ricordi che pago a caro prezzo, perché ogni volta mi strappi via un pezzo di cuore e lo tieni li con te.
Con affetto, un "figlio di nessuno" qualunque.

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