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Il narcos Imperiale come i produttori sudamericani: riforniva anche la ‘ndrangheta

La rete che faceva capo al narcos Imperiale aveva capovolto le prassi del traffico di droga: la camorra riforniva e la ‘ndrangheta faceva da supporto logistico.
A cura di Nico Falco
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L'arresto di Raffaele Imperiale (foto della Polizia di Dubai)
L'arresto di Raffaele Imperiale (foto della Polizia di Dubai)

C'è un aspetto, nelle indagini sul narcos Raffaele Imperiale, che restituisce forse più di altri il grado organizzativo e la quantità, nonché la qualità, delle ramificazioni dell'organizzazione: la rete di narcotrafficanti che faceva capo a "Lelluccio Ferrarelle" era in grado sì di trattare da pari con i produttori sudamericani, ma si era imposta come fornitrice anche per una delle più importanti ndrine calabresi, capovolgendo quella prassi che vede la camorra relegata al ruolo di supporto logistico.

La circostanza viene sottolineata nell'ordinanza che ha portato all'arresto, una decina di giorni fa, di 28 persone, ritenute tutte collegate all'organizzazione criminale specializzata nel traffico transnazionale di cocaina. Le misure sono state eseguite dalla Squadra Mobile di Napoli, dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Napoli, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO) e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato (SCO).

Tra i contatti di Imperiale, ricostruiscono gli inquirenti, figura Bartolo Bruzzaniti, identificato con lo pesudonimo "Sonny", esponente della famiglia dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti, tra le più potenti del mandamento ionico.

L'accordo tra la rete di Imperiale e la ‘ndrangheta

"Il Bruzzaniti – scrive il gip – assurgeva quale persona in grado di controllare appieno tutto ciò che atteneva la movimentazione dei container all'interno dell'area portuale di Gioia Tauro (Reggio Calabria), riuscendo finanche a gestire le scansioni dei container che andavano ad ispezione doganale, per dissimulare la presenza dello stupefacente al loro interno, grazie alla connivenza di un impiegato dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli".

Questa sua capacità "veniva sfruttata da Imperiale per utilizzare il porto di Gioia Tauro come terminale per le importazioni dal sud America di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, del tipo cocaina, nell'ordine di migliaia di chilogrammi". La droga sarebbe stata poi smerciata dallo stesso Bruzzaniti che, rifornendosi costantemente e quindi ottenendo prezzi convenienti, distribuiva lo stupefacente sul mercato locale e in quello di Milano. Con questo meccanismo, ritengono gli inquirenti, Imperiale era riuscito a costruirsi una posizione nel mercato internazionale della droga dello stesso livello dei produttori, da cui lui stesso si riforniva.

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