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A Napoli Est camorrista aveva comprato bimbo rom e lo aveva chiamato come il boss

Un affiliato al clan Rinaldi, Raffaele Maddaluno, aveva acquistato un bambino rom, registrandolo come suo, e lo aveva chiamato Ciro, come il boss. Il bimbo era stato pagato 10mila euro, messi a disposizione dal capoclan. La circostanza raccontata da un collaboratore di giustizia e riportata nell’ordinanza da 37 arresti a Napoli Est.
A cura di Nico Falco
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Un affiliato del clan Rinaldi di San Giovanni a Teduccio aveva acquistato un bambino neonato da una coppia di rom, pagandolo 10mila euro, e lo aveva registrato come figlio proprio e della donna, chiamandolo Ciro in onore del boss. Circostanza al centro di processi, che viene ulteriormente ricostruita nell'ordinanza che, ieri mattina, ha portato a 37 arresti nei clan di Napoli Est: il blitz della Squadra Mobile si è tradotto in una pioggia di manette contro il cartello Rinaldi-Formicola-Reale e il gruppo Silenzio.

Il piccolo, ha raccontato il collaboratore di giustizia Giorgio Sorrentino, era stato acquistato da Raffaele Maddaluno, ritenuto braccio destro del boss Ciro Rinaldi "My Way" (o "Mauè"), e cresciuto insieme alla moglie, Teresa Formisano. L'uomo, che non poteva avere figli, si era rivolto al capoclan, che lo aveva messo in contatto con una donna di Napoli, non meglio identificata, che conosceva una coppia di rom. Il bambino era stato pagato 10mila euro, soldi che avrebbe messo a disposizione Ciro Rinaldi; come ringraziamento Maddaluno, che aveva avuto il bimbo appena nato ("fu portato in un asciugamano ancora sporco di sangue") e lo aveva registrato come suo e della donna rom, aveva chiamato il piccolo col nome Ciro, in onore del boss.

Ciro Rinaldi era stato processato per questa vicenda, ma assolto: il boss aveva ammesso di avere consegnato 10mila euro a Maddaluno, ma aveva detto di non sapere per quale scopo sarebbero stati usati e di essere totalmente estraneo alla compravendita del bambino, smentendo quindi di avere fatto da tramite. Lello Maddaluno, detto "insalatella", è considerato uno dei fedelissimi della cosca di San Giovanni a Teduccio, anche lui "marchiato" col tatuaggio distintivo del clan: aveva il numero 46 circondato da un cuore, come Ciro Rinaldi, che si era fatto fare su un pettorale e su cui aveva aggiunto la scritta "Mauè"; sul costato si era poi fatto tatuare anche il nome "Ciro".

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