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Torna la paura del Coronavirus nelle Rsa della Lombardia: “Più tamponi agli ospiti o si rischia”

“Servono tamponi, risorse economiche e vaccini antinfluenzali per gli operatori socio-sanitari se vogliamo evitare che la tragedia si ripeta”. L’avvocato Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia intervistato da Fanpage.it chiede risposte rapide sulle criticità per scongiurare una nuova ondata di contagi nelle Rsa. Preoccupano le notizie sui primi focolai nelle case di riposo. “Non è possibile tenere sotto controllo i contagi con ospiti così fragili senza screening continui che permettano di individuare subito gli asintomatici e isolarli”.
A cura di Simone Gorla
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"Questa volta siamo più preparati, ma non ci illudiamo che il virus non arrivi nelle Rsa. Il rischio è ancora alto". Nelle case di riposo della Lombardia, strutture flagellate da centinaia di contagi e decine di morti nella prima fase dell'epidemia di Covid-19, torna la paura dopo l'improvvisa impennata di casi delle ultime due settimane che ha rialzato il livello di allerta. L'avvocato Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia – organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo che in primavera aveva lanciato l'allarme sulla situazione delle case di riposo – intervistato da Fanpage.it chiede risposte rapide sulle criticità che rischiano di fare ripiombare le Rsa nel dramma. "Non è possibile tenere sotto controllo i contagi con ospiti così fragili senza screening continui che permettano di individuare subito gli asinomatici e isolarli. Servono tamponi, risorse economiche e vaccini antinfluenzali per gli operatori socio-sanitari".

I primi campanelli d'allarme sono già scattati. Nella Rsa Villa Teruzzi di Concorezzo in provincia di Monza e Brianza, su 37 anziani della struttura, 33 risultano positivi al Covid e solo 4 negativi al tampone. Degli 8 ospiti deceduti dall'inizio di ottobre, sei sono risultati positivi al tampone.

Le Rsa lombarde sono pronte a una seconda ondata?

Sui dispositivi di protezione individuale ci siamo attrezzati e rispetto alla scorsa primavera siamo più tranquilli. Tuttavia restano da formalizzare gli impegni economici da parte della Regione. Deve essere garantito quanto dovuto per dare fiato alle strutture e risorse per le spese che dobbiamo sostenere. Ci prepariamo anche tutelando al massimo i nostri ospiti attraverso la limitazione degli ingressi.

Nonostante gli sforzi, alcuni focolai sono già ripartiti. Qual è il punto debole del sistema?

Il problema è che non abbiamo certezze sullo screening per ospiti e operatori. È necessario che sia continuo e disciplinato in modo omogeneo, con controlli a cadenza regolare ogni 7 o 15 giorni. Tra pochissimo non potremo più spostare i pazienti più gravi in ospedale. Sappiamo per esperienza che, se le terapie intensive si riempiranno, ai nostri malati più fragili non verrà dato accesso. Per questo motivo lo screening è cruciale per trovare subito gli asintomatici.

Gli incontri con le famiglie saranno di nuovo sospesi ovunque?

I colloqui con i parenti, che in estate potevano avvenire all'aperto e con rischio di contagio bassissimo, ora dovrebbero tenersi in locali interni e con tutti i dpi, compresi camici, calzature, guanti. È inevitabile che siano limitate in questo periodo. Credo che pur capendo il dispiacere per la mancata relazione con i propri cari, bisogna fare tesoro delle esperienze passate.

Avete avuto rassicurazioni sulla fornitura di vaccini antinfluenzali?

Al momento non abbiamo ancora visto le dosi per gli ospiti, ma dovrebbero arrivare alla fine di ottobre. Il problema vero è che mancano i vaccini per gli operatori delle strutture socio-sanitarie, che non vengono equiparati ai lavoratori degli ospedali, pur essendo in costante contatto con persone estremamente fragili.

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