Processo Alessia Pifferi, i periti in aula: “Immaturità affettiva, ma piena capacità di intendere e volere”

Torna oggi tra le aule della Corte d'Assise d'appello Alessia Pifferi, già condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi nel luglio del 2022, abbandonandola da sola in casa per una settimana a Milano. Al centro della discussione c'è la perizia psichiatrica disposta dai giudici nel processo di secondo grado, che ha accertato la piena capacità di intendere e di volere dell'imputata. Di fatto, una conferma della precedente analisi del perito nominato dal Tribunale, il dottor Elvezio Pirfo, che aveva già diagnosticato alla 40enne uno stato psicologico di alessitimia, una sindrome di "analfabetismo emotivo" senza però evidenza di gravi disturbi psichiatrici o cognitivi.
Il materiale scolastico di Alessia Pifferi
I test si sono basati anche sul materiale scolastico fornito dalla difesa di Alessia Pifferi, che fin dall'inizio sostiene la teoria di un evidente deficit intellettivo. "Ci sono aspetti di immaturità affettiva, sebbene sembra sia cresciuta senza particolari problemi di sviluppo", ha dichiarato in aula il dottor Stefano Benzoni, uno dei periti incaricati dal tribunale. "Erano comunque già interiorizzati in lei i concetti di pericolo, e che un bambino non può essere lasciato da solo" come è accaduto alla figlia di pochi mesi, abbandonata senza cibo né acqua per sei giorni dentro casa.
E ancora. "Il cattivo funzionamento scolastico sarebbe dovuto al disturbo della relazione: se avessero avuto davanti una bambina con conclamato ritardo mentale non le avrebbero mai proposto psicoterapia, ma riabilitazione. Dai pochi elementi in nostro possesso possiamo evincere un ritardo intellettivo lieve. Nel contesto scuola Alessia bambina, pur partendo da difficoltà iniziali, evolve, acquisisce competenze relazionali e didattiche accettabili, individuando quindi un andamento in miglioramento e non il contrario". Insomma, Pifferi, nonostante i tratti di "immaturità affettiva (come la dipendenza)", interpretabili come strascichi del disturbo cognitivo, non sarebbe comunque affetta da una condizione patologica tale da compromettere la sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti.
Cosa c'è scritto nella nuova perizia su Alessia Pifferi
Secondo i periti nominati dalla Corte d'Assise Giacomo Filippini, Stefano Benzoni e Nadia Bolognini Alessia Pifferi, quando ha abbandonato la figlia di 18 mesi per una settimana da sola, "si era disconnessa dal ruolo di mamma". Ma pure a fronte di una evidente "fragilità cognitiva e affettiva", la donna mostrava comunque "sufficienti competenze relazionali, capacità di risolvere problemi e prendere decisioni, di pianificare le azioni, di prevedere rapporti causa-effetto in situazioni di discreta complessità" e dunque, al momento dei fatti, era pienamente capace di intendere e di volere. E di comprendere di conseguenza che, chiudendo a chiave la figlia per giorni all'interno di un bilocale dalle temperature altissime, ne avrebbe cagionato l'inevitabile decesso.
La donna viene descritta inoltre come "in grado di riconoscere le emozioni di base", "lucida e orientata" nel tempo e nello spazio durante i colloqui in carcere a Vigevano, a cui si è presentata sempre "curata nell'aspetto" e "disponibile" a interloquire. In queste occasioni raccontato di avere un "entourage familiare e amicale presente" anche se ha "recriminato" contro madre, sorella e chi la "critica" per non aver tenuto un "atteggiamento adeguato" alla "delicatezza della vicenda", scrivono ancora gli esperti.
E la "disconnessione della mente" di cui ha raccontato la stessa Pifferi, che ha più volte sostenuto come le capitasse spesso di abbandonare la figlia da sola in casa (anche prima dell'estate 2022)? Nessun "fenomeno amnestico o dissociativo", per i periti: la 40enne sarebbe infatti stata comunque consapevole, comprendendo le "potenziali conseguenze dell'abbandono della bambina" e, dunque, le sofferenze che avrebbe patito. La presunta "disconnessione", si legge, "riguarda il suo essere madre". Tra l'altro, ha mantenuto "un ricordo dettagliato e molto partecipato sul piano affettivo di tutta la vicenda".
La mamma: "Mia figlia ha detto solo bugie"

"Mia figlia? Una manipolatrice, ha sempre raggirato le persone. Ho sempre detto che era lucida", è stato il commento della madre, presente in aula con il compagno. "Ha detto solo bugie. Prima di tornare a casa e trovare la figlia morta mi ha scritto un messaggio, dicendomi che la piccola stava tribolando con i dentini e di non preoccuparmi. Mi ha mentito fino all'ultimo, mi assecondava per farmi stare tranquilla. Sapeva raggirare le persone, convincerle. Aveva una doppia personalità", sono state le sue parole.
"La verità è vicina", è intervenuta intanto anche Viviana Pifferi, sorella di Alessia e, con la madre, parte civile nel procedimento contro la 40enne di Ponte Lambro che ha affidato una consulenza tecnica di parte alla dottoressa Roberta Bruzzone e del dottor Alberto Caputo. Un esame che, ancora una volta, ha restituito l'immagine di "una mente fragile ma perfettamente lucida, capace di muoversi tra contraddizioni cognitive senza mai perdere il contatto con la realtà”."Mi aspettavo questo risultato. La cattiveria esiste, e lei cattiva lo è sempre stata. Una persona che ha lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi per andare a divertirsi. Fa la prima donna del processo, ma la vittima è la bambina".
"Attendiamo l'esito dell'esame dei consulenti di parte e poi vediamo – ha detto a margine dell'udienza l'avvocato Emanuele De Mitri, legale della sorella e della madre di Pifferi – ma se la bilancia viene spostata dalla capacità di intendere e di volere, i periti hanno spiegato anche oggi come non solo non ci sono patologie mentali, ma anche che la capacità di intendere e di volere ci fosse pienamente nell'imputata".
"Alessia ha pianto quando si è parlato del suo ex compagno, non della sua bambina – ha invece commentato la sorella di Pifferi – io non vedo in lei il senso di colpa. Il dolore per quello che ha fatto ti spaccherebbe il cuore come lo sta spaccando a noi. In lei non lo vedo, non la vedo provata da questi tre anni e due mesi di carcere".
Le perizie di Procura, difesa e parti civili
Rispondendo alle domande dell'avvocata Pontenani, i periti della Procura hanno spiegato che i test cognitivi di Pifferi presentano punteggi bassi soprattutto in alcune aree come l'attenzione e la memoria di lavoro. Secondo gli esperti, Pifferi non sarebbe stata socialmente disadattata: "Nei colloqui – dice Benzoni – la capacità di adattamento è stata notevole, con competenze, per esempio su termini medici, fuori dal comune, capacità di tenere su se stessa l’attenzione e di sostenere domande anche spinose. A domanda e risposta potevano esserci lacune spazio-temporali, ma a narrazione spontanea riusciva a entrare molto nei dettagli, dimostrando capacità di adattamento nella comunicazione a un livello molto più elevato rispetto alla semplice chiacchierata".
Diverso il resoconto del consulente della difesa, il professor Pietrini, che ha sostenuto la mancanza di intendere e di volere nella donna: "Noi abbiamo visto diagnosticato in Pifferi un disturbo del neurosviluppo di tipo intellettivo con disabilità marcata e immaturità affettiva. I disturbi del neurosviluppo nascono e muoiono con l’individuo, non spariscono e non guariscono. Tali disturbi evolvono in o favoriscono disturbi di personalità. Anche se nessuno di questi aspetti può giustificare da solo quanto è successo, creano però, insieme, un pattern favorevole di criminogenesi. Noi abbiamo concluso con un vizio parziale di mente: Alessia pifferi non era in grado di intendere e di volere perché non ha gli strumenti cognitivi sufficienti per comprendere le conseguenze delle sue azioni".
É intervenuto anche Bruzzone, consulente delle parti civili (la mamma e la sorella di Pifferi): "Vedo un soggetto in grado di ragionare anche secondo una finalità precisa (per esempio inventando un battesimo per avere regali e creando addirittura le bomboniere). Mostra immediata consapevolezza della gravità delle sue azioni già in sede di interrogatorio (quando ha detto “ho fatto una cosa che non dovevo fare”). Quanto al discorso della manipolazione, non possiamo dire che Pifferi sia una persona sincera: non ha detto della prostituzione, non ha detto chi è il padre, cerca sempre capri espiatori per levarsi le responsabilità. Il giorno in cui abbandona la figlia non dice che la piccola è casa da sola, perché se gli altri l’avessero saputo l’avrebbero biasimata".