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Cosa rivela la perizia psichiatrica su Alessia Pifferi: le risposte della donna al perito sulla sua vita

Nei colloqui con il perito nominato dalla Corte d’Assise di Milano, Alessia Pifferi ha ripercorso la sua storia: l’infanzia, il matrimonio, la conoscenza con il compagno di Leffe, il parto e l’abbandono della figlia Diana Pifferi.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nella giornata di oggi, lunedì 26 febbraio, è stata depositata la relazione della perizia psichiatrica superpartes, che è stata disposta dai giudici della Corte d'Assise di Milano, su Alessia Pifferi. La donna è accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi Diana. Lungo la relazione, che Fanpage.it ha potuto visionare, sono riportati i dialoghi che l'imputata ha avuto con il perito Elvezio Pirfo. Al termine di questi, è stato ritenuto che la donna fosse capace di intendere e di volere quando ha lasciato la piccola nella sua abitazione nel Milanese a luglio 2022.

L'infanzia di Alessia Pifferi

Durante il primo colloquio, avvenuto il 6 dicembre 2023, Pifferi ha raccontato la sua infanzia. Ha spiegato di non aver mai avuto buoni rapporti con la sorella: “Già da piccola son sempre stata messa di lato quindi… Allora io sono una bambina cresciuta in famiglia solo che sono sempre stata il pulcino nero di casa e sono sacrificata tanto per stare in casa per mamma, perché nel 2000 ha avuto un incidente mamma”. Ha poi spiegato di non averlo nemmeno mai avuto con la madre, ma solo con il padre: “Io ero la cocca di papà e mia sorella era la cocca di mamma”.

Ha affermato che c’erano diverse liti tra i genitori: “Perché mio papà non si sa dove buttasse i soldi e ogni volta erano discussioni o mani addosso e io ero lì ad assistere”.

Ha detto di aver subito un abuso da un amico del padre quando aveva quasi dieci anni: "Un conoscente di mio papà era salito a Milano da Palermo. Era diventato un amico di famiglia e abusava di me". Ha poi precisato di essere andata dalla psicologa “quando sono morti i miei nonni e alle scuole avevo la maestra di sostegno. E non ho mai capito il perché”.

Alessia Pifferi e la sorella Viviana Pifferi
Alessia Pifferi e la sorella Viviana Pifferi

Ha poi descritto il periodo scolastico. Ha infatti sostenuto che "con le maestre andavo d’accordo e anche con i compagni solo che ero sempre messa di lato. Dai compagni di scuola, le mie amiche. Diciamo che non ho vissuto un’infanzia come le altre bambine. Ero sempre da sola. In un angolino. Le bambine giocavano insieme invece io ero sempre da sola". Questo sarebbe accaduto anche alle scuole medie.

Ha infine spiegato di essere stata costretta a lasciare la scuola perché la madre, dopo essere stata ricoverata un mese e mezzo in ospedale "aveva bisogno di assistenza e io sono sempre stata molto… per questi lavoro qui quindi ho voluto assisterla". E, durante tutto questo periodo, avrebbe dovuto affrontare anche i tentativi di suicidio del padre: "Mi ha spiegato (la madre, ndr) che papà non buttava via i soldi come si dice, alle volte telefonava in lacrime che voleva ammazzarsi. Andava dai Carabinieri perché non lo trovava".

Le relazioni di Alessia Pifferi

Pifferi ha poi spiegato come sono andate le relazioni avvenute prima e dopo l'arrivo della figlia Diana. Ha spiegato di aver conosciuto l'ex marito e di averlo sposato in Sicilia dove è rimasta per due anni e mezzo. E durante questo periodo sarebbe rimasta incinta e avrebbe subito un aborto: "Sono rimasta incinta un anno … un anno dopo che eravamo insieme. Si è interrotta per colpa di mia suocera che mi ha buttato l'acqua sul pavimento e io scivolai e mi si ruppe la placenta e si bloccò la gravidanza".

Anche in questa occasione, come nel caso di Diana, non si era accorta di essere incinta: "Ho avuto una forte emorragia. Ero quasi al terzo mese". Quella perdita sarebbe stata – a suo parere – uno dei motivi che avrebbe portato alla fine del matrimonio: "È finita perché quando io ho perso il bambino discutevamo tanto, poi lui alle volte mi alzava anche le mani addosso e la perdita del bambino aveva scaturito in me una sorta di odio. Ogni discussione glielo rinfacciavo e quindi l'ho trascinato per qualche anno dopodiché".

I due si sono poi separati consensualmente. Dopo alcune relazioni con uomini conosciuti su un sito di incontro, ha incontrato l'uomo di Leffe con il quale ha trascorso i giorni durante i quali è morta Diana.

La nascita della figlia Diana Pifferi

Nel secondo colloquio, Pifferi ha spiegato che dopo una breve frequentazione, la donna ha partorito la figlia nel bagnodel nuovo compagno di Leffe: "L'ho chiamato d'urgenza. Presi il telefono e gli dissi viene su che è nata la bambina. È nata proprio nel suo wc, nel suo water. Avevo paura. Ero spaventata, terrorizzata. Anche perché non sapevo di essere incinta". La 38enne ha così descritto i momenti successivi al parto: la corsa in ospedale, il ricovero in terapia intensiva neonatale e le discussioni con il fidanzato.

Diana Pifferi
Diana Pifferi

La prima volta in cui ha lasciato sola Diana Pifferi

Ai periti, ha spiegato che l'uomo non ha mai accettato la presenza della bambina: "Non voleva fare il papà. Mi diceva che se io volevo andare a casa sua con la bambina mi diceva che lui in camera sua non la voleva perché non era sua figlia. Mi diceva che io dovevo dormire sul divano e stare con mia figlia".

E proprio durante questo incontro, ha affermato che è stata proprio questa reticenza del compagno nei confronti della piccola a farle venire in mente di lasciarla a casa da sola: "Diciamo che è stato lui a farmi venire in menta questa cosa perché quando eravamo insieme a Leffe che c'era la bambina che era già grandina, intorno all'anno, l'anno e mezzo, lui mi proposte 2-3 volte di lasciare a casa la bambina per andare a fare la spesa perché dormiva".

"Nei weekend andavo via verso la sera del sabato e poi tornavo la domenica sera". E ha precisato: "Quando tornavo a casa la bambina la trovavo tranquilla. La lavavo, la cambiavo e davo subito da mangiare, l'acqua.. ed era tranquilla". Il perito ha poi chiesto: "Normalmente la bambina mangiava 2-3 volte al giorno, giusto?". E a quella domanda Pifferi ha risposto: "Sì, comunque le mettevo tre biberon di latte e due bottigliette d'acqua, quelle col beccuccio". Alla domanda dello psichiatra se Diana fosse in grado di prenderle, la donna ha risposto di sì e quando le ha domandato se il latte andasse a male visto che era estate, l'imputata ha affermato: "Questo purtroppo io non… non lo so. Non ci ho mai pensato a questa cosa qui".

Ed è esattamente in questo momento che Pifferi ha iniziato a sostenere che, ogni volta che vedeva il suo compagno dell'epoca, la sua mente si offuscava o meglio "si spegneva". "Allora diciamo che quando ero con quell'uomo diciamo che aveva il potere… la mia mente si era spenta, come annullata. Nel senso che mi ha fatto perdere la lucidità come mamma".

A suo dire, l'uomo le ha sempre chiesto dove fosse la bambina quando non la portava con sé. Pifferi ha sempre risposto che era con la sorella o con la baby-sitter. Non ha mai detto la verità perché "avevo paura di una sua reazione sapendo che lasciavo la bambina a casa da sola".

La mente che "si spegne"

Alessia Pifferi
Alessia Pifferi

Per gran parte dell'incontro e per quelli successivi, Pifferi ha affermato che ogni volta che si è trovata con il suo compagno la sua mente si è spenta: "Era come se la mia mente si annullava dal ruolo di mamma quando invece io ero una mamma protettiva che stavo sempre con sua figlia, tant'è che mia figlia veniva anche in bagno con me quindi". Alla domanda del dottor Pirfo su perché tornasse a casa, la donna ha risposto: "Perché c'era mia figlia". E di nuovo: "Quindi c'era sua figlia nella sua mente?" E Lei: "Certo, certo".

Ha spiegato che, ogni volta che è tornata, l'ha trovata sempre sporca e senza pannolino: "E allora mi mettevo e lavavo tutto, la lavavo, la cambiavo e la idratavo".

Quando le è stato detto se, durante i 5-6 giorni che Diana Pifferi ha passato a casa da sola, non le sia mai venuto il dubbio che la bambina potesse stare male, ha risposto: "La mia testa era come… spenta da quel lato, da quel punto di vista come mamma". In quel momento era accesa "la testa da donna". Pifferi ha ribadito che secondo lei questo sarebbe dovuto a una malattia mentale e di averlo capito "nei colloqui che ho fatto con le psicologhe. Le mie psicologhe comunque sia mi hanno aiutato a prendere contatto con la realtà, assolutamente non mi hanno mai imposto di dire o non dire cose… assolutamente".

E proprio sul giorno dell'abbandono, la 38enne ha detto di aver preso un trolley, dove ha lasciato alcuni vestiti, e di aver poi salutato la piccola. Prima di andare, le ha lasciato un biberon di latte e una bottiglietta di acqua: "Io pensavo di tornare l'indomani a casa". In realtà così non è stato.

E il motivo, secondo Pifferi, è che ancora una volta la sua mente "si era come, avevo come dimenticato il ruolo di essere mamma, si era come spenta verso la bambina" . Nonostante non sia riuscita a spiegare come sia possibile, ha affermato di aver perso la figlia "perché sono stata distante troppi giorni e la bambina non aveva sufficiente latte".

Alla domanda del perito cosa penserebbe di se stessa se lei fosse un'altra persona, ha affermato: "Penso che ho avuto un problema a livello mentale". E per lei, questo problema sarebbe sempre la sua mente che si "è spenta, si è proprio distaccata dal ruolo di mamma".

Pirfo le ha quindi domandato: "È come se lei ci stesse dicendo che non ha un'identità, cioè lei è a seconda di quello che succede nella situazione dove Alessia-madre e Alessia-donna, come se fossero separate tra di loro?". E nuovamente Pifferi ha risposto: "Esatto".

Il perito, nel corso dell'incontro, è tornato più volte su questo tema: "Torniamo un attimo alla mente che si spegne, la mente si spegne quando lei era in compagnia di D'Ambrosio, la mente si spegne prima? Si spegne dopo". Pifferi ha quindi risposto: "Quando ero in compagnia di D.A.". Quando invece è partita da casa, la mente "era accesa".

Per l'imputata, la mente si è riaccesa nuovamente quando ha deciso di tornare a casa. Quando è entrata, ha trovato però la bambina morta.

Il ritrovamento del corpo di Diana Pifferi

Alessia e Diana Pifferi
Alessia e Diana Pifferi

E, in questo momento, ha iniziato a raccontare cosa è accaduto il giorno del ritrovamento: "Tentai di rianimare e la bagnai anche pensando che fosse solo svenuta. Non pensai che potesse succede una cosa così". È poi andata dalla vicina di casa, che ha poi chiamato l'ambulanza. Gli operatori sanitari le hanno poi confermato che la piccola era morta.

Dopo aver chiamato il 118, la donna ha telefonato al compagno raccontando cosa fosse successo. L'uomo non si è mai presentato né in casa né negli uffici della Questura.

In quei momenti "ho pensato che cosa ho fatto, ho pensato questo". E ha poi aggiunto: "Che cos'era successo nella mia mente per farmi spegnere la mente così tanto. Mi detti tutte queste colpe".

L'interrogatorio in Questura

Pifferi ha ripercorso i momenti in cui è stata ascoltata in Questura: "Talmente mi hanno messo sotto pressione che mi hanno voluto far ammettere una cosa che non era vera. Cioè in poche parole che come se io avessi messo la bambina nel lettino già morta. Volevano farmi ammettere questo".

Ha affermato di essere stata in Questura per dieci ore "senza mangiare, senza bere, senza niente". E ha poi aggiunto: "Ho continuato a pensare al colloquio che comunque mi hanno fatto in Questura che è stato molto duro per me, sono stata messa tantissimo sotto pressione".

I colloqui con le psicologhe

Pifferi ha poi aggiunto: "Non penso di essere stata una cattiva madre perché comunque mia figlia stava sempre con me, era sempre ben vestita, sempre tenuta, ben curata, giocava e rideva tantissimo". Ha iniziato a sentire però la responsabile del fatto che la figlia sia mancata: "A oggi mi sento una cattiva madre". Quando il perito le ha chiesto cosa avrebbe potuto fare, ha risposto: "Di stare a casa con mia figlia". E quando le ha chiesto se ha sentito il bisogno di avere un uomo affianco, la donna ha risposto di sì.

Durante l'ultimo incontro del 23 gennaio 2024, Pifferi ha parlato delle valutazioni e dei test che le avrebbero sottoposto. Relativamente al quoziente intellettivo inferiore alla normalità, ha sostenuto di pensare "che sia vero perché comunque da piccola sono sempre stata messa di lato e comunque avevo sempre la maestra di sostegno".

Quando le è stato fatto notare che ha compreso le domande che le sono state fatte e di rispondere in maniera articolata, ha affermato: "Adesso come adesso sì, diciamo che ho avuto la possibilità di prendere atto di tutto quello che è successo con le psicologhe". Le psicologhe alle quali si è riferita sono quelle del carcere, sulle quali la Procura sta indagando per falso ideologico e favoreggiamento proprio relativamente al caso Pifferi.

Ha infatti sostenuto di aver preso "contatto con la realtà di tutto quello che è successo solo con le psicologhe".

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