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Che cos’è l’alessitimia, il disturbo di cui è affetta Alessia Pifferi secondo la perizia psichiatrica

La perizia disposta dalla Corte d’Assise di Milano descrive Alessia Pifferi come incapace di esprimere sentimenti e provare empatia. “L’alessitimia non è una patologia ma uno stato di analfabetismo emotivo”, spiega l’esperta. “Quando il soggetto non riesce a elaborare in maniera cosciente le proprie emozioni”
Intervista a Debora Gatto
Psicologa Clinica, Criminologa Forense e Docente Universitaria (Psicologia Criminale)
A cura di Francesca Del Boca
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Una donna completamente dipendente dagli altri, e in particolare dagli uomini. Una personalità incapace di riconoscere, distinguere ed esprimere emozioni e sentimenti. In poche parole: caratterizzata da alessitimia. È il ritratto che la perizia psichiatrica superpartes disposta dalla Corte d’Assise di Milano e firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo ha fatto di Alessia Pifferi: la 38enne si trova a processo con l'accusa di omicidio volontario aggravato per il decesso della figlia di 18 mesi Diana, abbandonata da sola a casa per una settimana e morta di stenti nel luglio del 2022.

La parola alessitimia deriva dal greco: è composta dal privativo “a” assenza, “lexis” che significa “parola” e “thymos”, cioè “emozione”. "Ma è importante intanto fare una precisazione. L'alessitimia non è una patologia, pertanto questo singolo tratto non può essere riconosciuto come tale", spiega oggi la psicologa clinica e criminologa forense Debora Gatto.

"Questo termine, "alessitimia", si riferisce a uno stato psicologico in cui il soggetto non riesce a comprendere, ad elaborare in maniera cosciente le proprie emozioni. Se considerato in modo isolato non può essere preso in considerazione come un disturbo. Infatti non è presente nel DSM 5 (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali)", la sua spiegazione.

"Più semplicemente la persona alessitimica può essere definita come il classico "analfabeta emotivo". Non riuscendo a comprendere le proprie emozioni, non riuscendo ad attribuire loro un significato, manca l'aspetto più importante, ovvero l'espressione di ciò che ci percepisce. Questo aspetto isolato però non è sufficiente per stabilire una diagnosi più ampia".

Nelle conclusioni della perizia disposta dalla Corte d’Assise si legge infatti che la 38enne "ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante e tale da indurre una visione del mondo ed uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (ed in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza", si trova scritto nell'analisi. In questo modo Pifferi "ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana".

La donna, che non sarebbe portatrice di disabilità intellettiva (come sostenuto dalle psicologhe del carcere di San Vittore, ora indagate dal pm De Tommasi insieme all'avvocata della difesa Alessia Pontenani) ma avrebbe "un funzionamento mentale adeguato e coerente al proprio grado di acculturazione e di esperienza esistenziale", secondo la perizia ha così "sviluppato di conseguenza anche un funzionamento di personalità caratterizzato da alessitimia, incapacità cioè di esprimere emozioni e provare empatia verso gli altri". Un disturbo dipendente di personalità caratterizzato da "mancanza di capacità empatica" e "relazioni affettive subalterne all'altro".

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