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Alessia Pifferi, indagate le psicologhe del carcere e l’avvocata Pontenani: “L’hanno manipolata”

Sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico le due psicologhe del carcere di San Vittore che hanno redatto una relazione su Alessia Pifferi, a processo a Milano per aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi Diana. Sotto inchiesta anche l’avvocata della difesa Alessia Pontenani.
A cura di Francesca Del Boca
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Sono indagate dalla Procura di Milano per favoreggiamento e falso ideologico e sono state perquisite stamani dalla polizia penitenziaria Paola Guerzoni e Letizia Marazzi, le due psicologhe del carcere di San Vittore che hanno redatto una relazione, effettuando un test del quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi: la donna si trova a processo a Milano per omicidio pluriaggravato per avere lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, abbandonandola in casa per sei giorni nel luglio del 2022. Sotto inchiesta per falso ideologico anche l'avvocata della difesa Alessia Pontenani, che assiste la 38enne.

Il pm Francesco De Tommasi, oltre al caso che riguarda Alessia Pifferi, ora indaga sulla "gestione delle detenute" da parte delle due psicologhe di San Vittore, e ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche di altre quattro donne. E in particolare quella relativa a Lucia Letizia Finetti, la cartomante 54enne condannata all'ergastolo nel maggio 2023 per aver ucciso con 14 coltellate il marito Roberto Iannello a Baggio, e Patrizia Coluzzi, la 44enne condannata dalla Corte d'assise di Pavia a 12 anni di carcere per l'omicidio della figlia Edith di 2 anni, soffocata nel marzo 2021 con un cuscino nella sua casa di Cisliano.

L'avvocato di una delle due psicologhe, Mirko Mazzali, ha diffuso una nota in cui sostiene che "sorge il fondato sospetto che tale perquisizione nasconda finalità estranee alla condotta commessa dalla mia assistita e voglia indagare sulla sua attività lavorativa complessiva, accusandola più per il merito dei pareri espressi che per il metodo con il quale si è pervenuti a tali pareri".

"Attestato falsamente deficit cognitivo dell'imputata"

Il pm Francesco De Tommasi aveva già contestato la relazione basata sui colloqui con le psicologhe di San Vittore: secondo il pubblico ministero avrebbero infatti fornito all'imputata "una tesi alternativa difensiva", un possibile vizio di mente, e l'avrebbero di conseguenza "manipolata". Sarebbe insomma stato attestato "falsamente" che la donna "aveva un deficit grave'", con un test non "utilizzabile a fini diagnostici e valutativi" e non "rientrante nelle loro competenze" per aiutare la difesa.

"Non si può non essere perplessi per l'attuazione di un test che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria ma è utile per la difesa penale", avevano scritto gli psichiatri consulenti della Procura Marco Lagazzi e Alice Natoli in una relazione depositata alla Corte d'Assise che puntava il dito contro l'operato delle psicologhe del carcere. "Una prassi che non abbiamo mai visto applicare prima a nessun detenuto".

L'effetto, inoltre, sarebbe stato quello di aver "deresponsabilizzato" Alessia Pifferi rispetto all'accaduto, convincendola "di essere lei stessa una bambina", come emerso dai risultati del test.

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"Pifferi non ha problemi mentali, è stata manipolata"

"La signora non ha alcun problema mentale. Ha avuto un atteggiamento scellerato nei confronti della figlia. Non ci sto a essere preso in giro", erano state le parole del pm De Tommasi, che nei mesi scorsi si era scagliato contro la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d'Assise su Alessia Pifferi, affidata allo psichiatra Elvezio Pirfo e attesa per fine febbraio. Sottolineando inoltre "incontestabile effetto di manipolazione da parte delle psicologhe del carcere, che oggi rende difficile se non impossibile l'accertamento sulle capacità cognitive di Alessia Pifferi".

Stando a quanto sostenuto dal pm Francesco De Tommasi nell’udienza in Assise, Alessia Pifferi in carcere sarebbe stata sottoposta a un test psicologico "non autorizzato", quello che ne avrebbe accertato un deficit cognitivo e un quoziente intellettivo pari a quello di una bambina, senza nemmeno aver registrato le conversazioni avute con la donna. "Alessia Pifferi ha un grave ritardo mentale", recitava questa relazione finale. "Hanno messo Diana, una bambina, in mano a un'altra bambina di sette anni".

I test diagnostici a cui è stata sottoposta Alessia Pifferi

Sulla base dei colloqui con le psicologhe del carcere, sono stati due gli esami diagnostici utilizzati per valutare le capacità mentali di Alessia Pifferi da parte dei consulenti tecnici di parte Marco Garbarini e Alice Quadri: il Thematic apperception test e il test delle macchie di Rorschach.

Il primo aveva lo scopo di valutare il funzionamento del pensiero e la rappresentazione della realtà attraverso tavole che raffigurano persone o luoghi: per la consulente della difesa, Pifferi non era in grado di elaborare fino in fondo ciò che vedeva. "Si è limitata a fornire brevi e scarne descrizioni, per lo più statiche, delle raffigurazioni proposte: una sorta di fotografia della realtà dove gli eventi accadono senza una logica causale", la relazione finale. "Pifferi vive in una dimensione isolata, per lei oggi e domani si equivalgono".

Il secondo esame per valutare le condizioni psichiche di Pifferi è stato il test di Rorschach, noto anche come test delle macchie. Alla paziente sono state mostrate 10 tavole bianche contenenti delle macchie di inchiostro cromatiche e acromatiche per valutare diversi aspetti della sua personalità.

Dall'esame sarebbe emersa una "capacità di analisi e di sintesi al di sotto della norma" da parte dell'imputata. Per i suoi ragionamenti, Pifferi si baserebbe su "elementi ovvi ed evidenti, senza elaborazioni personali". Questo, per chi l'ha valutata indica "una limitatezza di risorse ideo-affettive e si traduce in una scarsa capacità di comprendere le sfaccettature dell'esperienza, interna ed esterna e di far fronte alla complessità degli eventi".

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