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Perché non ha nessun senso (e non è attualmente possibile) aprire un ministero a Milano

Salvini propone di aprire un nuovo ministero, molto simile a quello alla Transizione Digitale, con sede a Milano. Ma per farlo bisogna approvare una legge che potrebbe essere incostituzionale, come è già successo nel 2011.
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È una vecchia battaglia della Lega, quando era ancora Nord. Ma in un momento di carestia di voti, probabilmente per recuperare il consenso di qualche elettore della vecchia guardia, Matteo Salvini ha deciso di ritirare fuori l'idea di spostare la sede di un ministero a Milano. La nuova versione della vecchia proposta di Umberto Bossi evita però di scontentare i romani, continuando così a strizzare l'occhio a una nazionalizzazione del partito. Non togliamo nulla a Roma, aggiungiamo un ministero in più e così accontentiamo tutti.

A cosa serve un ministero a Milano

L'idea, per come l'aveva partorita all'epoca Umberto Bossi, aveva lo scopo di dare maggiore centralità nel panorama politico alla città di Milano e in generale al Nord, nella convinzione che Roma fosse ancora "ladrona" nei confronti del resto del Paese.

E, contemporaneamente, di dare maggiori opportunità di lavoro nella pubblica amministrazione a chi non vive nella Capitale: ogni sede di un ministero porta, infatti, con sé la creazione di una serie di posti di lavoro. E – secondo la Lega dell'epoca – non era giusto che tutte queste opportunità fosse concentrate in una sola città.

Ma fu proprio su questo punto che la battaglia del Carroccio si è già scontrata con la legge italiana. Nel 2011 il governo presieduto da Silvio Berlusconi (e con Bossi fra i ministri) provò infatti a trasferire alcuni uffici del Ministeri delle Riforme e della Semplificazione e di quello del Turismo e dell'Economia nella Villa Reale di Monza. E il progetto dovette arenarsi perché ritenuto addirittura incostituzionale dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Non si può trasferire un ministero

Stando all'attuale proposta di Matteo Salvini non si tratterebbe del trasferimento di sede di un ministero o di una parte di esso, ma dell'apertura di un nuovo ministero. Esattamente quello per l’Intelligenza artificiale, per l’Innovazione e per la Digitalizzazione.

Qualora dovesse essere realmente, come ha detto il leader della Lega, un nuovo ministero sarebbero da capire le differenti competenze da quello, già esistente (e con sede a Roma), per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale.

In entrambi i casi, però, la scelta di metterlo a Milano si sconterebbe innanzitutto con il Regio decreto numero 33 del 1871, che dispone: "Roma quale capitale d'Italia ha altresì previsto che in essa abbiano sede il governo e i ministeri".

Decreto che non solo risulta ancora in vigore, ma anche confermato dall'articolo 114 della Costituzione che dichiara Roma quale Capitale della Repubblica italiana. Ed è proprio in base a quell'articolo che Napolitano ritenne già nel 2011 incostituzionale l'idea di trasferire alcuni ministeri fuori dalla città dei sette colli.

A maggior ragione che neanche oggi, come allora, si ravvisa "una logica costi-benefici" nell'apertura di tale sede. E se nel 2011 era già necessario operare "al più rigido contenimento delle spese e alla massima efficienza funzionale" ancora di più lo è oggi, vista l'attuale situazione economica del Paese.

In effetti quello che Matteo Salvini e tutti gli altri che, da destra e da sinistra (compreso il Sindaco Sala e il capolista del Pd alle elezioni politiche Carlo Cottarelli), hanno applaudito a questa proposta attualmente irrealizzabile non hanno chiarito è quale sarebbe innanzitutto l'utilità di un nuovo ministero, peraltro molto simile a uno già esistente, e quali sarebbero i benefici per la città di Milano di ospitarne la sede. Se non quello di riscattarsi dal sentirsi, ingiustificatamente, una città "figlia di un Dio minore" rispetto a Roma.

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Giornalista dal 2012, attualmente sono capo area Milano a Fanpage.it. Già direttore responsabile di Notizie.it, lavoro nell'editoria digitale dal 2009. Docente e coordinatore dell'Executive Master in Digital Journalism dell'Università Umanitaria. Autore di tre libri inchiesta sulla criminalità organizzata. Nel 2019 ho vinto il "Premio Europeo di Giornalismo Giudiziario e Investigativo".
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