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Omicidio a Buccinasco, lo sfogo del sindaco: “Istituzioni assenti, non serve l’antimafia da salotto”

“Non serve l’antimafia da salotto”. A poco più di due settimane dall’omicidio di Paolo Salvaggio, eclatante esecuzione in stile mafioso compiuta in pieno giorno a Buccinasco, il sindaco Rino Pruiti si sfoga con Fanpage.it: “Chi le ha viste le istituzioni? A me non ha chiamato nessuno”. Pruiti lamenta la mancanza dello Stato, anche in relazione alla causa che oppone il Comune allo storico boss di ‘ndrangheta Papalia: “Se perderò quella causa non mi ricandiderò perché significa che qui io non servo a niente”.
A cura di Giulio Cavalli
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Il sindaco di Buccinasco, Rino Pruiti
Il sindaco di Buccinasco, Rino Pruiti

Era l’11 ottobre quando nel centro di Buccinasco veniva ucciso con un’esecuzione dalle modalità mafiose Paolo Salvaggio, pregiudicato agli arresti domiciliari da sempre vicino a famiglie della ‘ndrangheta locale e della sacra corona unita. Rino Pruiti, sindaco della città, nei giorni scorsi ha pubblicato un appello alle istituzioni per avere supporto nella battaglia contro le mafie. L’abbiamo intervistato per Fanpage.it.

Sindaco Pruiti, sono passati quindici giorni da quell’omicidio. Tutti si sono indignati, molti hanno commentato, ora la notizia sembra scomparsa…

Come succede normalmente. Questa è la prassi dell’antimafia mediatica che io definisco “da salotto”. Io sono qua dal 2002 quando ero un giovane assessore all’Ambiente e fin dai primi mesi ci hanno bruciato auto, consegnato proiettili solo perché abbiamo cominciato ad occuparci delle piccole grandi cose del territorio. Qui è rivoluzionario fare il proprio dovere. Prima del 2002, a detta dei sindaci e dei Prefetti, la mafia non esisteva.

Ma ora non ha il dubbio che per qualcuno non esista più e questo omicidio sia solo un effetto collaterale?

Io sono molto parziale nei giudizi. Guardo il mio territorio e mi riferisco al mio territorio poi a volte mi capita la sventura di sentire commentatori esterni e un po’ mi cadono le braccia. Noi continuiamo a dire dal 2002 sempre le solite cose, che qui c’è la ‘Ndrangheta e che qui si decidono le sorti anche di altri territori però questo fenomeno viene sempre sottovalutato finché non ci sono i morti ammazzati. Fino a quel lunedì in cui è stato ucciso Salvaggio sembrava che la ‘Ndrangheta fosse qualcosa da studiare, solo didattica. Noi invece sappiamo che è qualcosa di concreto e quotidiano. A me non ha stupito questo episodio di efferata violenza, mi ha scioccato per le modalità ma certo non mi stupisce il controllo del territorio.

Lei ha lanciato qualche giorno fa un appello alle istituzioni per chiedere aiuto. Come hanno risposto?

Ma chi le ha viste, chi le ha sentite? A me non ha chiamato nessuno. L’unico che si è fatto sentire è il presidente della Commissione Antimafia Morra per dirmi che sarebbe passato da qui per fare una chiacchierata. Per il resto zero, se non i miei colleghi sindaci a cui va la mia riconoscenza, che mi hanno sostenuto dal primo secondo, di tutti i colori politici. E basta. Non il prefetto, non il questore, non parlamentari, nessuno. Evidentemente hanno più informazioni di me e sanno che questa situazione non è grave e importante.

Tra gli aspetti curiosi c’è la Direzione distrettuale antimafia che ha negato fin da subito che si trattasse di un’esecuzione mafiosa eppure ha tolto l’indagine alla Procura ordinaria per seguirla personalmente…

Sì. Ho visto l’intervista al TG2 in cui la dottoressa Dolci dice che secondo loro non si tratta di mafia. Io sono solo un sindaco di provincia e quindi posso solo pensare che sia così. Mi sfugge un unico particolare, probabilmente per la mia ignoranza: perché indaga l’antimafia se il delitto non è di mafia? Sicuramente loro sapranno, sanno più di noi. Immagino ci siano degli elementi che li rassicurino.

A proposito di magistratura: spesso nelle iniziativa antimafia si sottolinea l’importanza di intercettare i reati spia sul territorio per scorgere la presenza mafiosa. Lei per il suo ruolo è l’antenna di qualsiasi reato spia. Come va il collegamento con la Procura? Ha trovato ascolto o comunicazione?

Noi abbiamo gli elementi per verificare i movimenti sul territorio sia dal punto di vista immobiliare e sia per le aperture di nuove attività. Nessuno ci ha mai chiesto conto di questo. Noi le segnaliamo alla Prefettura di Milano ma non c’è nessuna interazione, cosa che chiedo da anni. Bisognerebbe cambiare il tipo di sinergia, relazionarsi in maniera attiva. Riscontro invece completa indifferenza.

Da sindaco ha avuto modo di riscontrare casi eclatanti?

Un distributore in mano alla famiglia Zappia che dal 1995 è così, noi l’abbiamo segnalato più volte. Appena arrivata l’interdittiva con anni di ritardo l’abbiamo chiuso. Abbiamo chiuso dei bar (la figlia di Papalia, il boss della zona, aveva aperto un bar in centro). Quello che servirebbe è un’interazione preventiva. Se qualcuno mi chiede una Scia (segnalazione di inizio attività) andrebbe controllata prima che il comune autorizzi questa cosa. Arriva sempre dopo. Però purtroppo passano anni prima che si possa intervenire. Siamo o no il terminale dello Stato sul territorio?

La presenza mafiosa a Buccinasco si tocca con mano? Qualcuno dice che ormai Buccinasco sia diventata “tranquilla”…

Noi siamo la Platì del nord per un fatto tecnico di cui non ci vergogniamo: qui ci sono più abitanti di Platì di quelli che abitano a Platì. Non è questo il problema. Ma bisogna essere consapevole che questa gente (al 99,9 per cento onesti lavoratori) concorrono a una certa omertà del territorio. Conosco persone bravissime che mi dicono che lavorano, non hanno mai preso una multa ma nel caso in cui il cognato dovesse essere inquisito non parlerebbero mai per una questione di famiglia. È questo che non si comprende delle mafie. Io non ho 7/8mila ‘ndranghetisti, saranno un centinaio e anche meno, solo che gli altri non parlano per una logica familiare di omertà insita nelle radici. C’è anche un altro problema: mi arriva una Scia per un bar che non contiene nomi particolarmente sospetti: io vorrei comunicare con qualcuno per sapere se quello è un prestanome ma questa interazione non c’è. Loro dicono “comunicateci tutto” ma non va bene così: non c’è sinergia. Il mio ufficio Commercio è in crisi perché noi controlliamo ma se succede che un mafioso apra un’attività commerciale sul territorio vengono da noi a chiederci perché abbiamo rilasciato la licenza. Non serve l’antimafia da salotto. La fiaccolata che abbiamo fatto a luglio per esprimermi solidarietà è stata bellissima ma il giorno dopo non è cambiato niente. La mafia l’ha presa a ridere vedendoci girare con una fiaccola di notte. Manca la presenza dello Stato dal punto di vista della connessione tra le sue componenti. Chi fa l’amministratore mi capisce benissimo.

Nella battaglia che state portando avanti contro il boss Papalia con la sua casa confiscata che è finita in tribunale come siete messi?

Nessun appoggio da nessuno, anche lì. Io oggi pomeriggio devo andare all’Esselunga a fare la spesa e oggi alle 18 incontrerò Rocco Papalia e lui come al solito sorriderà guardandomi. Rocco Papalia ha fatto causa allo Stato perché lo Stato ha sbagliato nella delibera di confisca di un suo bene qui in via Nearco. Non sono state confiscate le parti comuni che a noi servono per entrare nel bene confiscato. Siamo finiti davanti a un giudice di Pace e abbiamo fatto presente che qui non si tratta di una banale lite condominiale. La causa con Papalia è stata rimandata di due anni e sarà a settembre 2022. Cosa doveva fare lo Stato? Accorgersi di un problema di fruizione del bene confiscato e rivedere la norma. Dobbiamo citofonare a Papalia per entrare? Zero, nessuno che ci dia risposta. Eppure anche i parlamentari in Commissione antimafia sanno tutto. Ho parlato con Lamorgese quando era prefetto qui a Milano. Noi abbiamo preso un avvocato per difenderci da un mafioso. Se perderò quella causa io non mi ricandiderò sicuramente perché significa che qui io non servo a niente, davvero.

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