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Mauro Pamiro, il professore di Crema trovato morto: continuano le indagini con il luminol

A due anni dal fatto, il gip ha disposto nuove verifiche con il luminol: prima sull’automobile del docente di informatica, e poi dentro la sua abitazione. Un suicidio, secondo la Procura. Ma l’ipotesi non convince ancora.
A cura di Francesca Del Boca
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Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto il 29 giugno 2020 in un cantiere
Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto il 29 giugno 2020 in un cantiere

Ancora non c'è scritta la parola fine, sulla vicenda del professore di Crema trovato morto in un cantiere il 29 giugno 2020. Dopo due anni, il gip Giulia Masci ha disposto nuove verifiche con il luminol, prima sull'automobile e poi dentro l'abitazione di Mauro Pamiro, docente di informatica all’istituto Galilei della cittadina.

L'ipotesi del suicidio

L'uomo, secondo le indagini, si sarebbe arrampicato da solo su un'impalcatura dentro un cantiere e poi si sarebbe lanciato nel vuoto, uccidendosi. Una telecamera in zona aveva infatti ripreso il professore mentre si incamminava, scalzo, in direzione del cantiere, situato a circa 200 metri dalla villetta in cui viveva con la moglie Debora Stella. E l'autopsia avrebbe confermato la morte come conseguenza di una caduta dall'alto.

Ma l'ipotesi del suicidio inizialmente proposta dalla Procura (che aveva per questo chiesto di archiviare il fascicolo aperto nei confronti della moglie, unica indagata per omicidio volontario), non convince fino in fondo.

Le stranezze

Il gip ha disposto nuovi accertamenti anche su un pezzo di tegola sporco di sangue, trovato a fianco del cadavere. Poco chiare anche la posizione del corpo, e il foro che presenta in mezzo alla fronte. Secondo il padre, Mauro non sarebbe morto dopo lo schianto con il terreno, dentro il cantiere, ma sarebbe stato portato lì successivamente: a parlare i segni di trascinamento, e il sangue coagulato in maniera non compatibile con la caduta.

Le contraddizioni della moglie

E poi c'è la moglie, indagata solamente come "atto dovuto" dalla Procura, che prima ha confessato il delitto e poi l'ha immediatamente ritrattato. La donna, a poche ore di distanza dal rinvenimento del cadavere in un cantiere edile, aveva infatti dichiarato: "L’ho ucciso con una legnata in testa, dopo che era uscito sbattendo la porta". Aggiungendo anche di essersi fatta aiutare da due amici a ripulire il sangue dalla scena del crimine.

Parole considerate inattendibili, al punto da farla ricoverare d'urgenza in un ospedale psichiatrico. Per gli inquirenti, erano gli effetti dello shock.

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