“Impagnatiello voleva provocare l’aborto, non uccidere Giulia Tramontano”: la difesa in vista del processo d’Appello

L'omicidio di Giulia Tramontano non fu un "agguato", ma un "susseguirsi di errori", senza la "minima pianificazione", commessi da un uomo con una relazione parallela che in "cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza" della compagna e non ce l'ha fatta perché la sua "personalità narcisistica" gli ha impedito di "deludere gli altri" e di rovinare quindi "l'immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé", finendo "travolto dal suo immenso castello di bugie".
Con queste parole la difesa di Alessandro Impagnatiello ha chiesto alla Corte d'Appello di Milano di rivedere la precedente sentenza del 25 novembre 2024, quando il 32enne era stato condannato all'ergastolo per omicidio volontario con le aggravanti della crudeltà e della premeditazione.
Il prossimo mercoledì 25 giugno parte infatti il processo d'Appello all'ex barman che il 27 maggio 2023 ha ucciso con 37 coltellate la sua fidanzata incinta nell'appartamento che i due condividevano a Senago (Milano), per poi incendiarne il cadavere con alcol e benzina e spostando per giorni il cadavere tra il box, la cantina e il bagagliaio dell'auto, prima di abbandonarlo in un'area abbandonata a pochi passi da casa. La giovane, quel giorno, aveva appena scoperto la sua storia parallela con una giovane collega, dipendente come Impagnatiello dell'Armani Cafè in Montenapoleone.
La difesa: "Impagnatiello voleva solo uccidere il feto"
Secondo la difesa, che nonostante i numerosi tentativi di avvelenamento della donna con bromadiolone e altre sostanze chimiche nega l'aggravante della premeditazione, lo scopo di Impagnatiello sarebbe stato in fondo solo quello di "provocare l'aborto" di Giulia Tramontano, e non "causarne la morte". Voleva insomma che il piccolo "sparisse", e per questo le continue ricerche effettuate dal barman sul web dal dicembre 2022 a poche settimane prima del delitto erano concentrate su aborti, feto, gravidanza: in questo contesto, quindi, la decisione di tenere il piccolo nonostante i dubbi iniziali "fu fortemente condizionata dalla sua volontà di non deludere la propria famiglia e quella della Tramontano, avendo visto tutti felici della notizia".
Per quanto riguarda l'aggravante della crudeltà, invece, riconosciuta dai giudici della Corte d'Assise? Le 37 coltellate inferte alla fidanzata incinta al settimo mese, per l'avvocata Giulia Gerardini, sono frutto di un'azione lesiva "commessa con rapidità", esplosione di "rabbia e aggressività slatentizzate", con "colpi portati in rapida sequenza e ravvicinati".