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Evasione dal carcere Beccaria di Milano

Evasione dal Beccaria, Cacciapuoti a Fanpage.it: “Assumeremo educatori per le carceri minorili”

Il direttore generale del Dipartimento di Giustizia minorile annuncia in un’intervista a Fanpage.it la volontà di bandire un concorso per educatori nelle carceri minorili, in seguito all’evasione dei sette detenuti dal Beccaria di Milano.
A cura di Ilaria Quattrone
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Giuseppe Cacciapuoti
Giuseppe Cacciapuoti
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Sette ragazzi sono scappati dal carcere Beccaria: la fuga di Natale ha acceso i riflettori sulle carenze e lo stato di abbandono in cui versano gli istituti penali minorili. Gli evasi, che hanno tra i 17 e i 19 anni, sono scappati approfittando della distrazione di un unico agente di polizia penitenziaria che avrebbe dovuto controllare loro e altri cinque ragazzi.

Il gruppo si trovava nel campo di calcio della struttura. Uno di loro ha chiesto al poliziotto se fosse possibile avere un pallone per giocare una partita. L'agente ha accontentato la loro richiesta e si è allontanato. I sette hanno così buttato giù le paratie che coprono i ponteggi dei cantieri e, scavalcando un muretto, sono scappati. Due sono stati ritrovati la sera stessa, gli altri sono stati ritrovati nei giorni successivi.

Tutti loro si trovavano a casa di amici e parenti. Situazioni che spingono a porsi diversi interrogativi sulle condizioni in cui versano le carceri e soprattutto su come sia necessario ripensare il sistema penitenziario affinché questo diventi un luogo di reinserimento sociale non solo sulla carta, ma anche nella realtà.

"È importante in questo momento storico, avviare una seria riflessione su come si possano migliorare gli interventi educativi all’interno degli istituti penali minorili in relazione ai cambiamenti delle devianze giovanili", ha spiegato a Fanpage.it il direttore generale del Dipartimento di Giustizia minorile Giuseppe Cacciapuoti.

"Si tratta di una riflessione che coinvolge necessariamente altri piani (politiche sociali, istruzione, sanità) e che deve essere fatta insieme con tutte le agenzie educative ed i servizi del territorio perché le storie dei ragazzi che entrano nel circuito penale minorile sono espressione del disorientamento e del disagio che vivono nei loro contesti di vita".

Le carenze strutturali del carcere Beccaria, sono presenti anche in altri istituti penitenziari minorili? 

Gli Istituti penali per minorenni sono ospitati in strutture demaniali realizzate, nella maggior parte dei casi, nei primi anni del novecento o precedentemente. Si tratta dunque di strutture che necessitano di periodici interventi di manutenzione straordinaria e, in alcuni casi, di importanti interventi di ristrutturazione edilizia.

Questi interventi, pur finanziati con fondi del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, sono progettati e realizzati da professionisti del Provveditorato opere pubbliche, che altro non è che un'articolazione periferica del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile.

La necessità di ristrutturazione e di ammodernamento delle strutture minorili ha portato al finanziamento da parte della Comunità Europea di alcuni importanti progetti finanziati con i fondi complementari al Pnrr (Piano nazionale ripresa resilienza). Si tratta di interventi di ristrutturazione edilizia per le strutture di: Torino, Bologna, Roma e Airola.

Stando alle ultime notizie circolate in queste ore, i ragazzi evasi sono stati collocati in isolamento. Le sembra davvero opportuno mettere ora questi ragazzi in isolamento?

Nel circuito detentivo minorile la misura disciplinare dell’isolamento – prevista dall’articolo 33 dell’ordinamento penitenziario – non viene applicata perché è considerata incompatibile con le esigenze educative e con la necessità di salvaguardare l’equilibrio psicofisico del minore o del giovane adulto.

Non corrisponde al vero la notizia del collocamento in isolamento dei ragazzi resisi responsabili del grave episodio verificatosi il giorno di Natale presso l’Ipm “Cesare Beccaria” di Milano. I quattro minorenni, che nei giorni successivi si sono costituiti o sono stati arrestati, sono stati immediatamente trasferiti in altri Istituti minorili.

I tre maggiorenni sono stati trasferiti in un istituto penitenziario per adulti. Si tratta di misure che si sono rese necessarie sia per cercare di ristabilire l’ordine all’interno dell’Istituto sia per far comprendere ai ragazzi stessi la gravità delle loro condotte.

Va infatti ricordato che, in seguito alla evasione e come diretta conseguenza di essa, all’interno dell’Istituto si sono verificati gravi disordini che hanno visti coinvolti altri ragazzi detenuti i quali hanno seriamente danneggiato un’intera sezione detentiva, aggredendo il personale di polizia penitenziaria e appiccando il fuoco a diversi ambienti.

Solo l’intervento dei Vigili del fuoco ha consentito di scongiurare che l’incendio potesse interessare addirittura l’intera struttura. Quattro agenti di polizia penitenziaria sono rimasti intossicati e sono stati costretti a ricorrere all’intervento dei sanitari.

Tutti sono tornati a casa dai propri cari o dagli amici, questo non fa pensare che sia necessario ripensare le pene che dovrebbero avere più uno scopo riabilitativo che punitivo?

Nel circuito minorile le pene hanno, in via prioritaria, una funzione rieducativa, in linea con i principi della nostra Carta Costituzionale (articolo 27). Queste hanno come obiettivo quello di consentire al minore, al termine del periodo di detenzione, un pieno ed effettivo reinserimento all’interno della società.

Il ricorso alla pena detentiva rappresenta infatti l’”extrema ratio” in presenza di reati di particolare gravità e allarme sociale. A riprova di tanto vi è un dato significativo: nelle strutture detentive minorili italiane oggi ci sono circa 400 minori e giovani adulti, di età compresa tra i 14 ed i 25 anni, numero scarsamente significativo se rapportato ai 14mila ragazzi che sono seguiti in misure alternative alla detenzione dai servizi minorili della giustizia.

L’ordinamento penitenziario minorile sancisce la centralità della funzione educativa della pena, assegnando una fondamentale importanza al  “progetto educativo individualizzato”, calibrato sulle esigenze educative del singolo ragazzo e predisposto da una equipe multidisciplinare con la collaborazione del ragazzo stesso e della sua famiglia.

Questo progetto, oltre a garantire la prosecuzione (o l’inizio) del percorso di studi, prevede la partecipazione del ragazzo, nel corso della giornata, a una serie di attività formative, ricreative e di svago.

Il tempo della detenzione non è un tempio “sospeso”, ma rappresenta una opportunità per il ragazzo, per sperimentare nuove modalità di espressione e di comunicazione e per acquisire competenze spendibili, al termine della pena, nel mondo del lavoro.

Allo stesso tempo particolare attenzione viene attribuita al coinvolgimento del contesto territoriale di riferimento del ragazzo anche il fine di accompagnare un suo adeguato reinserimento al termine del periodo detentivo.

Come pensate di sopperire alla carenza di personale: agenti polizia penitenziaria, educatori e direttori? 

Per quanto riguarda l’area educativa, c'è effettivamente una significativa carenza presso alcuni Istituti penali minorili, causata principalmente, dal blocco delle assunzioni che, in questi ultimi decenni, ha interessato l’intera pubblica amministrazione.

Evasione dal Beccaria, Cacciapuoti a Fanpage.it: "Assumeremo educatori per i carceri minorili"Nei prossimi giorni il ministero della Giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità – bandirà un concorso per la assunzione di un numero significativo di educatori, da assegnare anche agli istituti penali minorili.

Per i direttori il Dipartimento lo scorso anno ho pubblicato un concorso per l’assunzione di figure dirigenziali da assegnare agli istituti penali minorili. La legge prevede che i vincitori debbano seguire un corso di formazione della durata di un anno, all’esito del quale potranno essere immessi nelle funzioni.

Diverso discorso va fatto per il personale di Polizia penitenziaria rispetto al quale alle esigenze di potenziamento degli organici in alcune strutture detentive minorili si affianca la necessità di una specifica formazione nel trattamento dei detenuti minorenni. Inoltre ogni provvedimento in trema di assegnazione (e di formazione) del personale di Polizia penitenziaria compete al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP).

Dai provvedimenti che si sono presi  (trasferimenti per chi ha scatenato la rivolta dopo la fuga) sembrerebbe che ci sia una volontà a punire questi ragazzi, ma non sembrerebbe invece opportuno fare un po’ di autocritica su come vengono gestite le carceri minorili e sopratutto su come non funzionino i percorsi riabilitativi e di reinserimento? 

Queste misure si sono rese necessarie per favorire il ripristino della vita ordinaria all’interno dell’istituto dove peraltro la capienza è stata ridotta di 12 posti a causa dell’incendio, e per garantire ai ragazzi un adeguato contesto in cui poter avviare, con il supporto degli educatori, un percorso di revisione critica dell’accaduto, condizione imprescindibile per realizzare il fine educativo della pena.

Più che un autocritica, è importante in questo momento storico, avviare una seria riflessione su come si possano migliorare gli interventi educativi all’interno degli istituti penali minorili in relazione ai cambiamenti delle devianze giovanili.

Si tratta di una riflessione che coinvolge necessariamente altri piani (politiche sociali, istruzione, sanità) e che deve essere fatta insieme con tutte le agenzie educative ed i servizi del territorio perché le storie dei ragazzi che entrano nel circuito penale minorile sono espressione del disorientamento e del disagio che vivono nei loro contesti di vita.

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