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“Case di comunità primo centro di cura del cittadino”, ma resta da definire l’impegno per i medici di base

Per il Welfare lombardo, le Case di comunità saranno “il primo centro di cura del cittadino”. Resta però ancora da definire l’impegno per i medici di base, tra burocrazia e presenza sul territorio.
A cura di Enrico Spaccini
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Le Case di comunità in Lombardia, uno dei pilastri della Riforma della sanità regionale, sono sempre più vicine ad essere realtà. Nella mattina dell'8 aprile il comune di Milano ha presentato la lista degli ultimi spazi in cui verranno edificate le 24 strutture. "L'idea è quella di rendere le Case il primo centro di cura del cittadino", spiegano a Fanpage.it dall'assessorato al Welfare lombardo: "Il ruolo del medico sta cambiando. Bisogna avere uno sguardo più multidisciplinare della sanità". Non mancano, però, le critiche. In particolare da parte dei medici di base, che saranno parte delle equipe mediche assegnate alle varie Case. "Sono previsti grandi investimenti sulle strutture", ha commentato a Fanpage.it il dottor Roberto Carlo Rossi, presidente dell'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano e della sezione lombarda del Sindacato nazionale autonomo medici italiani: "Nessuno, però, sarà destinato alle risorse umane che saranno impiegate".

Case e territorio

Come spiegato dall'assessore al Welfare milanese, Lamberto Bertolé, la costruzione, o riqualificazione di immobili già esistenti, delle Case sarà finanziato dai fondi messi a disposizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il principale servizio proposto al cittadino è quello di avere vari professionisti riuniti nello stesso immobile. Pediatri, medici specialisti, volontari e medici generali. "Ad oggi a Milano ci sono circa 850 medici di base. Negli ultimi anni abbiamo visto un calo preoccupante", commenta il dottor Rossi, "ma riusciamo comunque a mantenere una buona capillarizzazione". Le Case, invece, saranno solo 24 distribuite sul territorio cittadino. Tuttavia, il Welfare fa notare come "medici di base e Case di comunità stanno su due piani differenti e per questo non verrà cancellata la presenza sul territorio che garantiscono".

Contro la burocratizzazione

Non è ancora stato definito l'impegno che verrà richiesto ai medici di base. "Si sta ancora discutendo", dichiarano dalla Regione, "quello che è certo è che si dovrà rispettare un accordo a livello nazionale, che poi sarà declinato in un contratto regionale". Tra le principali preoccupazioni dei medici generali, c'è anche l'eccessiva burocratizzazione del proprio lavoro. "Le visite vis-a-vis con i pazienti sono solo il 20 per cento del nostro lavoro", puntualizza il dottor Rossi, "poi ci sono le telefonate, le email, i portali per ogni certificazione, le ricette da compilare e inviare. Una burocrazia che si è appesantita durante il Covid e alla quale i cittadini si sono abituati". Per questo motivo, assicurano dalla Regione, nelle Case sarà adottata una "gestione centralizzata delle pratiche: banche dati, telemedicina e assistenza domiciliare integrata".

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