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Bimbo con disabilità insultato da un automobilista, la mamma: “Chiunque prima o poi può essere in difficoltà”

Un bimbo con sindrome di Down ha bloccato il traffico a Tirano (Sondrio) per qualche minuto durante un momento di difficoltà. La madre, intervistata a Fanpage.it, ha raccontato quei minuti in cui un automobilista li ha insultati: “Essere un po’ ingombranti può capitare a tutti prima o poi, e in quei momenti c’è bisogno di sentirsi accolti dagli altri”.
A cura di Enrico Spaccini
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Immagine di repertorio
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Lo scorso martedì 9 gennaio, sul lungo Adda a Tirano (in provincia di Sondrio), un automobilista ha quasi investito un bambino con la sindrome di Down e la sua mamma che, a causa di un momento di difficoltà, hanno bloccato il traffico per quasi cinque minuti. Compiendo una manovra pericolosa, che alla fine non ha avuto gravi conseguenze, li ha sfiorati con l'auto correndo via e insultandoli. A raccontare questa storia è stata Laura Ferrero, madre del bambino, tramite un post su Facebook: "Ho scritto quel post perché per me era importante in qualche modo incanalare la rabbia e la tristezza", ha raccontato a Fanpage.it, "non riuscivamo a gestire la cosa e non ci siamo sentiti accolti, ma redarguiti".

In pochi giorni quel post ha ricevuto oltre mille like e ha quasi raggiunto le 800 condivisioni. Si aspettava che la vostra storia potesse avere tutta questa risonanza?

No, non me lo aspettavo. Leggendo i commenti, però, ho capito che le persone si sono rese conto che per tutti possono capitare momenti di grande fatica. Purtroppo per noi che abbiamo figli con disabilità è più facile che questo accada, che la difficoltà sia più visibile.

Penso, però, che il fatto di essere un po' ingombranti possa capitare a tutti, magari quando si è anziani e più lenti fisicamente, quando si è malati, ma anche al cosiddetto normodotato che ha un attacco d'ansia fortissimo e si blocca. In quei momenti, quando uno è in difficoltà, ha bisogno di essere accolto.

Come si è sentita quando quell'automobilista si è rivolto a voi in malo modo?

Non voglio attaccare nessuno e non voglio generare sentimenti di rabbia, perché non so effettivamente se quella persona magari in quel momento stava vivendo una grandissima difficoltà. Poteva essere anche per lui un momento difficile per cui doveva correre in ospedale, non lo so. Per fortuna non è capitato nulla, il bambino è rimasto fermo, il signore ha fatto una manovra azzardata e non è capitato nulla.

La mia è una riflessione su quanto noi adulti dobbiamo imparare a essere gentili con le nostre fatiche, ma anche con quelli degli altri che è una cosa molto più difficile. Visto il grande interesse che ha generato il post, forse c'è questo bisogno di dirci che un po' tutti viviamo momenti di fatica, o il fatto di permetterci di viverli senza sentirci giudicati.

Diceva che quando si ha un figlio con disabilità i momenti difficili capitano con più facilità. Nella sua esperienza ha raccolto più esperienze di inclusività o di incomprensione?

Le esperienze brutte sono quelle che rimangono più impresse, perché ci stai più male. Per quanto io ami mio figlio, che è un bambino stupendo di cui parlo sempre dei lati positivi eccezionali che ha, so che è molto impegnativo e quando si va in giro con lui alla fine ci si fa notare, perché corre, scappa. Io ho 48 anni e ogni volta che vado in giro con lui devo correre anche se voglio camminare, sono l'unica che al parco corre e gioca a calcio con il bambino.

Alcuni giorni fa una persona lo stava guardando e parlava di lui con un tono non positivo ed è stato il bambino accanto a dire che anche lui ha un nome. Lui non ha visto un disabile, ma un bambino come lui.

Ho trovato tanta inclusività nella scuola, negli educatori e negli insegnanti, ma anche nello sport anche se, ovviamente, è sempre accompagnato da qualcuno che gli dia un occhio in più. È invitato a tutti i compleanni dei suoi compagni di classe, non è mai stato escluso in questo senso. Per strada tante persone comprendono, ma altre un po' meno.

Per esempio?

Capita che le persone parcheggino sul posto riservato ai disabili davanti alla scuola. Quando chiedo: "Scusi, ma suo figlio è disabile?" mi dicono di sì, ma il nostro è un paesino piccolo e conosco tutti i genitori dei bambini con disabilità.

Non è tanto l'esclusione di mio figlio, ma la mancanza di rispetto verso chi fa più fatica o ha bisogno di un'attenzione in più. È meglio chiedere scusa piuttosto che inventare una bugia. Poi io sono la prima che imparo da questa situazione.

Considerando queste esperienze, ritiene che i bambini siano più empatici verso chi ha alcune diversità rispetto agli adulti? 

Penso che i bambini siano più spontanei. Quando mio figlio disturba in classe o fa i dispetti agli altri, i suoi compagni lo ammoniscono, gli dicono "non sei simpatico". E hanno ragione, sono immediati, non lo giustificano solo perché ha una disabilità. Anche le insegnanti hanno fatto un lavoro in classe per far capire le sue diversità e anche a volte come gestirle. Sanno che ha alcune rigidità, per cui alcune cose gli vanno concesse. Ma non è tollerato il fatto che faccia gli sgambetti agli altri, perché se vuole essere incluso, se vuole fare parte di quell'ambiente, deve rispettare tutti e imparare le regole.

Noi adulti, invece, facciamo più riflessioni. A volte facciamo fatica a cogliere la disabilità perché forse rientra nella nostra storia personale, le nostre paure, l'imbarazzo. È un discorso molto complesso perché comunque ci sono adulti che riescono a cogliere la disabilità anche meglio di me che sono sua madre.

Ricordo che una volta mio figlio correva per il corridoio della scuola invece di entrare in classe e io ho detto "mannaggia è proprio incontrollabile". E invece la sua insegnante ha detto: "Chissà cosa vuole andare a fare". Leo non è solo la sua disabilità, magari vuole andare a fare qualcosa. Magari lo fa a modo suo, ma ha un motivo per farlo.

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