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Anche in tempo di Covid droga e rifiuti restano i principali affari della mafia in Lombardia

Anche in tempo di pandemia la criminalità organizzata non si è fatta trovare impreparata sul territorio lombardo: ha continuato a spacciare droga e a fare business nel mercato dei rifiuti. E ancora: ha puntato a entrare nelle imprese legali del territorio offrendo agli imprenditore liquidità in un momento in cui erano in grave crisi economica a causa della pandemia. Ecco quanto emerge dalla relazione del secondo semestre del 2020 della Direzione Investigativa Antimafia.
A cura di Giorgia Venturini
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Usura e le mani della criminalità organizzata sulle imprese lombarde in difficoltà a causa della chiusura forzata dovuta ai mesi di pandemia. Ma anche droga e rifiuti. È quello che emerge dalla relazione del secondo semestre del 2020 della Direzione Investigativa Antimafia pubblica oggi 22 settembre: il forte calo della produzione nei settori messi più in ginocchio durante la pandemia – come quello calzaturiero, tessile, abbigliamento ed edilizio – ha aperto le porte alla criminalità organizzata per cercare di impossessarsi di aziende del territorio attraendo l'imprenditore dalla liquidità facile offerta dai boss. Seppur l'usura ha trovato spazio nei mesi della pandemia, droga e rifiuti restano i business più redditizi su cui punta la mafia in Lombardia.

Nessun territorio è immune alla mafia

La criminalità organizzata non conosce confini perché nessun paese può definirsi immune alla criminalità. Certo però è che in alcuni paesi sono diventati il quartier generale di locali di ‘ndrangheta. Nell'ultimo rapporto della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ne sono state individuate 25 suddivise nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco – Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo).

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Oltre alla divisione in locali, gli inquirenti e investigatori hanno diviso la Lombardia in 5 aree sub regionali che ospitano gruppi riconducibili alla macro criminalità. La prima è quella riconducibile alle province di Monza-Brianza e Como e "sarebbe caratterizzata dalla presenza di diverse forme di criminalità organizzata nazionale e straniera quest’ultima principalmente dedita ai traffici di stupefacenti, ai reati predatori, all’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e della manodopera". Stesse caratteristiche ma con dimensioni più ridotte i gruppi criminali presenti nel territorio delle province di Brescia e Bergamo. Di recente nelle province di Mantova e Cremona sono stati trovati esponenti riconducibili alla cosca Grande Aracri di Cutro, in provincia di Crotone. La ‘ndrangheta non manca a Como e a Lecco dove i settori presi di mira dei boss sono prevalentemente di stupefacenti, riciclaggio, traffico di armi e sfruttamento della prostituzione. A Varese è recente l'operazione della Dda di Milano che ha svelato i legami tra ‘ndrangheta, professionisti e politica delle cosca Farao-Marincola di Legnano-Lonate Pozzolo. Infine la presenza delle criminalità organizzata si sta facendo sempre più preoccupante nelle province di Pavia e Lodi.

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La droga come primo guadagno delle organizzazioni criminali

La droga resta l'affare principale della criminalità organizzata al Nord: un business che coinvolge non solo la ‘ndrangheta ma anche gruppi stranieri. Tante le organizzazioni Nord Africane o dell'America Latina che sfruttano la Lombardia come punto di scalo per il traffico di sostanze stupefacenti. Un traffico che ha dovuto fare i conti con la pandemia: i pusher delle principali piazze italiane hanno rivisto le loro tecniche di spaccio al dettaglio per soddisfare i clienti impossibilitati a muoversi. Un ruolo di dominanza nello spaccio ce l'ha sempre comunque la ‘ndrangheta: è del 6 luglio 2020 l’operazione “Quadrato 2” del 6 luglio 2020 conclusa dai carabinieri di Corsico, in provincia di Milano, ha svelato un'associazione finalizzata al traffico di marijuana e cocaina con l’aggravante del metodo mafioso diretta da 2 soggetti contigui alla ‘ndrina Barbaro-Papalia stanziata a Buccinasco. Tra gli indagati anche chi coltivava la marijuana in un capannone di Gaggiano.

Il business della ‘ndrangheta nei rifiuti e nelle discariche abusive

Non solo droga. Anche il traffico di rifiuti e discariche abusive non ha mai smesso durante il periodo di Covid, riconfermando il ruolo di primo piano della ‘ndrangheta in questi affari. Nel 20 ottobre del 2020 i carabinieri hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 16 soggetti dei quali 14 residenti in Lombardia: l'accusa è di traffico di rifiuti e realizzazione di discariche abusive a Milano, Pregnana Milanese (MI), Lissone (MB), Origgio (VA), Lurate Caccivio (CO), Romentino (NO), nella frazione San Massimo di Verona, a Castellazzo Bormida (AL) e Mossa (GO). Un esponente della criminalità organizzata aveva elaborato un vasto piano per lo smaltimento abusivo di circa 24mila tonnellate di rifiuti speciali provenienti da varie regioni del Nord Italia. Allora erano state sequestrate sette aziende "vere e proprie imprese ecomafiose". Il profitto dei traffici illeciti di rifiuti ammontava di 885.750 euro.

L'usura in aumento in tempo di Covid

Così come la criminalità organizzata non si è fermata in tempo di pandemia, non lo ha fatto neanche l'antimafia. Tante le indagini che si sono concentrate nel secondo semestre del 2020 sull'usura nei contesti di criminalità, sia comune che organizzata: la Dia cita l'operazione "Chi vuol essere milionario" della Procura di Como conclusa il 9 novembre 2020 dalla Guardia di Finanza sono stati ricostruiti presunti usurai per una cifra complessiva di oltre 1 milione di euro a fronte dei quali le vittime avevano versato agli indagati interessi per oltre 848 mila euro, con incrementi che raggiungevano anche il 50 per cento mensile. Le indagini erano state avviate a seguito della denuncia di un imprenditore. La ‘ndrangheta nei mesi di pandemia si è anche organizzata per ricevere le risorse pubbliche destinate a seguito dell'emergenza Covid: era quanto emerso dall'operazione "Habanero" del 14 luglio 2020 in cui agli arresti era finito un imprenditore milanese, "persona di fiducia" della famiglia Greco legata al clan Grande Aracri. Altre sette società erano interdette dalle Prefetture di Milano, Como, Lecco e Varese per aver ottenuto i finanziamenti garantiti dallo Stato introdotti con i decreti "Liquidità" e "Rilancio". Altre due interdittive sono state emesse nel mese di ottobre 2020 dalla Prefettura di Lodi. In tutto le interdittive antimafia in Lombardia nel secondo semestre del 2020 sono state 32. Segno che la ‘ndrangheta ha cercato di trarre benefici dalla pandemia.

L'allarme lanciato anche dalla Commissione regionale antimafia

"L'allarme contenuto nella relazione – spiega la presidente della Commissione regionale Antimafia Monica Forte – è quello che già come Commissione avevamo lanciato diversi mesi fa. I temi delle nuove piazze di spaccio, quello dei rifiuti e del rischio usura e infiltrazioni mafiose nel tessuto imprenditoriale, soprattutto nel post Covid, va nella direzione del nostro lavoro e delle azioni che già stiamo mettendo a segno per la prevenzione". E poi aggiunge: "Come Commissione stiamo già lavorando ad una risoluzione che possa intervenire in chiave preventiva, rispetto a questo fenomeno, coinvolgendo le istituzioni e soprattutto i genitori. Sul tema dei rifiuti, invece, la Commissione ha già lavorato molto e da poco ha approvato una risoluzione sul traffico illecito dei rifiuti con numerose iniziative e con impegni a carico della Giunta". La Commissione punta ancora a sensibilizzare il territorio sul rischio dell'usura e della infiltrazioni mafiose nelle piccole e medie imprese: resta alta la collaborazione con le amministrazioni locali e le associazioni antiracket e antiusura. Così "possano riuscire ad intercettare imprenditori a rischio, o già vittime, e portarle alla denuncia, perché in Lombardia gli imprenditori non denunciano".

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