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Luisa, 15 anni e un drone da competizione che la fa volare oltre la disabilità

Ho deciso di intervistarla per farmi raccontare come la sua vita sia cambiata, se è cambiata, da quando pratica questo nuovo sport, tanto curioso quanto difficile. Perché no, per quanto possa divertire, non si tratta di un gioco: e quando un’attività riesce ad annullare limiti fisici apparentemente insormontabili, merita di essere scoperta con il massimo del rispetto.
A cura di Iacopo Melio
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Luisa Rizzo ha quindici anni, studia in seconda liceo linguistico, ascolta costantemente la musica e abita a San Pietro in Lama, in provincia di Lecce. Luisa mi ha insegnato una cosa fichissima, e non l’ha fatto certo perché la vita gli ha “regalato” la SMA di tipo 2 (atrofia muscolare spinale), facendola spostare con quattro ruote proprio come me. C’è una chicca che mi ha sorpreso, proprio come i bambini di fronte a un giocattolo mai visto prima, e adesso ve la racconto.

Scrivo spesso di come la tecnologia riesca ad abbattere ogni tipo di barriera. Mai avevo pensato, però, che potesse essere abbinata all'aria e al cielo, e che quest’ultimo potesse diventare un’opportunità per sentirsi al pari degli altri così tanto, in ogni senso: “In questo sport non hai niente di più e niente di meno. Chi vede dall’esterno non riesce a capire se una persona che sta pilotando è normodotata o è disabile”, spiega Luisa.

Per questo ho deciso di intervistarla. Per farmi raccontare cos’è che pilota e come lo fa, ma soprattutto come la sua vita sia cambiata, se è cambiata, da quando pratica questo nuovo sport, tanto curioso quanto difficile. Perché no, per quanto possa divertire, non si tratta di un gioco: e quando un’attività riesce ad annullare limiti fisici apparentemente insormontabili, merita di essere scoperta con il massimo del rispetto.

Ciao Luisa, piacere di conoscerti! Ho visto un tuo video su Facebook ed ho subito pensato: “Wow! Devo subito intervistarla e saperne di più!”. Da quanto tempo piloti droni?

Ciao Iacopo! Ho cominciato a pilotare i droni per gioco nel 2015. Adesso pratico il "Drone Racing", ovvero una categoria chiamata "F3U" che si distingue dalle altre categorie dell’aeromodellismo (ad esempio il volo acrobatico con elicotteri o aerei). Da circa un anno partecipo a livello agonistico a gare nazionali ed internazionali, possedendo una licenza FAI (Federazione Aeronautica Internazionale).

Chi ti ha fatto scoprire questo sport e perché ti ci sei avvicinata, sino a farne parte?

Mi sono avvicinata ai droni grazie a mio padre, da sempre modellista. Mi regalò il mio primo mini drone con l’intenzione di farmi muovere le dita il più possibile, come esercizio fisico. Così cominciai a volare nella piazzetta vicino casa, per gioco, senza mai pensare di arrivare a partecipare a gare internazionali. Col tempo mi sono poi avvicinata ai droni da ripresa, quando però ho visto per caso su internet un video di droni da corsa… sono letteralmente impazzita!

Luisa con suo papà, durante un raduno a Roma.
Luisa con suo papà, durante un raduno a Roma.

Possiamo dire che, dopo la "necessità" iniziale, è stato un vero colpo di fulmine!

Ho sempre avuto la passione per la velocità, infatti sono una fan sfegatata della MotoGP e di Valentino Rossi. Scoprendo questo sport nuovo, che molti chiamano “lo sport del futuro”, ho visto la possibilità di realizzare il mio sogno: correre. Così ho deciso che potevo provarci! Pilotando un drone da corsa in FPV (First Person View) non solo mi sembra di volare, ma mi sento davvero come se fossi a bordo del mezzo. Tramite la trasmissione video che parte dalla telecamera all’interno del drone e arriva al ricevitore degli occhiali FPV, detti anche “goggles”, è possibile vedere in prima persona e in tempo reale ciò che vedrebbe il drone. In poche parole è come essere al suo interno! È per questo che amo il Drone Racing: posso gareggiare come se fossi in Formula 1, provando le stesse emozioni, sentendo l’adrenalina scorrere nelle vene, ma con un drone. Tutto questo mi fa sentire libera.

Ammetto la mia ignoranza, non sapevo che pilotare droni fosse un vero e proprio sport, né che si chiamasse Drone Racing. Immagino che per molti questo verrà visto come un passatempo o un divertimento: cosa diresti a chi, anche in buona fede, prende poco sul serio questa attività?

È vero, in Italia non è ancora conosciuto come sport, infatti il nostro regolamento è molto severo e in continua evoluzione. Ci sono regole restrittive che non ci permettono, ad esempio, di gareggiare in presenza di pubblico. La maggior parte delle persone pensano ai droni come giocattoli, quindi non valorizzano l’aspetto competitivo che prevede conoscenza tecnica e pratica del mezzo: non basta comprare un drone per poter volare, ma si parte dall’assemblamento di ogni singolo componente (mai scelto a caso), dai motori alle eliche o la telecamera, e si arriva pian piano a saperlo portare in volo. Esistono poi diverse modalità di guida che permettono un inizio non troppo complicato, fino ad arrivare a disattivare gli aiuti forniti da queste modalità per volare “manualmente”, cioè senza alcun ausilio. A questo punto il drone dipende solo ed esclusivamente dai pollici del pilota e qui si presenta la parte difficile: saperlo tenere sotto controllo alla perfezione non è proprio un gioco da ragazzi, infatti ci vuole tanta pratica e soprattutto molte ore di volo!

Luisa mentre pilota il suo drone dall'interno di una macchina, durante un allenamento piovoso.
Luisa mentre pilota il suo drone dall'interno di una macchina, durante un allenamento piovoso.

Ho visto una tua foto mentre ti alleni chiusa in macchina, perché fuori piove. Sei così dipendente dal tuo pad o si tratta davvero di una necessità competitiva?

È necessario allenarsi per poter affrontare circuiti di tutti i tipi, che presentano ostacoli di vario genere (noi li chiamiamo "gates", sono delle “porte” con la forma ad arco, poi ci sono le bandierine che delimitano le curve, il cosiddetto “dive”, un pozzo nel quale bisogna buttarsi in picchiata e tanti altri). Il tutto considerando di dover andare ad alta velocità e cercare di fare i tempi migliori per poter scalare le classifiche. È stata proprio la necessità di allenamento a portarmi, in un certo senso, a migliorare le mie condizioni fisiche. Da che non riuscivo neanche ad alzare le braccia, ora riesco ad aggiustarmi gli occhiali da sola, a mettermi il berretto in testa e fare altre piccole cose che, seppur semplici, fanno la differenza.

Quindi mi stai dicendo che la tua vita è cambiata da quando piloti droni?

Assolutamente sì! A prescindere da quelli che saranno i miei risultati nell’attività agonistica in futuro, ora riesco a pormi degli obiettivi raggiungibili. Questo mi dà molta forza. Grazie a questo sport ho avuto anche l’occasione di conoscere tanti amici, di trascorrere molto tempo all’aria aperta e di passare delle ore piacevolissime insieme a loro. Per questo penso sia anche molto importante per la socializzazione.

C’è qualcosa che, sopra tutte, ti ha insegnato questo sport?

Mi ha insegnato il significato di carica agonistica e competizione. Inoltre mi ha insegnato che ci sono dei limiti, apparentemente invalicabili, che in realtà possono essere superati. Ho imparato anche a mantenere il sangue freddo e la concentrazione, che sono fondamentali in questo sport.

Luisa in una gara a Pistoia contro alcuni tra i piloti più forti d'Italia.
Luisa in una gara a Pistoia contro alcuni tra i piloti più forti d'Italia.

Cosa suggerisci a chi vorrebbe avvicinarsi al Drone Racing?

Consiglio prima di tutto di osservare delle corse o dei video di altri piloti, che si possono trovare tranquillamente su internet. In questo modo ci si può rendere conto di che cosa si tratti. Poi, provare a contattare delle persone che svolgono quest’attività, il confronto è sicuramente fondamentale.

E a un tuo collega "carrozzato" come me, cosa diresti in due parole?

Questo tipo di sport abbatte i limiti della disabilità, permettendo di sentirsi alla pari degli altri: quando piloti è come se il tuo corpo diventasse quello del drone, perciò ci si dimentica del proprio fisico e della propria condizione. Inoltre, chi vede dall’esterno non distingue il drone pilotato da un disabile da quello di un normodotato. È uno sport fatto non solo di pollici e guida, ma anche di riflessi e di strategia che ci aiuta molto.

Adesso passiamo alle cose serie: qual è il tuo nome da battaglia?

Il mio soprannome è LeoOnFire. È la combinazione del mio segno zodiacale e del mio modo di affrontare la competizione. Sono Leone e quando piloto è come se dentro di me si accendesse una fiamma (inoltre il leone è un segno di fuoco, il che si ricollega col mio stato d’animo).

Durante un allenamento in compagnia, in attesa di partecipare alle gare.
Durante un allenamento in compagnia, in attesa di partecipare alle gare.

Grazie Luisa per la tua disponibilità nell'averci insegnato qualcosa di nuovo, davvero interessante! Ma prima di chiudere l’intervista, confessa: è più difficile pilotare droni o studiare quattro lingue a scuola?

Entrambe! Ma le faccio con immenso piacere, perciò la difficoltà sparisce… Certo, studiare 4 lingue tra cui anche il cinese, non è proprio una passeggiata, ma è anche molto divertente. In più, se non fosse difficile, dove starebbe il gusto? Non ci sarebbe alcuna soddisfazione!

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Laureato in Scienze Politiche (curriculum in "comunicazione, media e giornalismo"). Racconta le storie degli altri come giornalista, scrittore e attivista per i diritti umani e civili. Vincitore del Premio "Cittadino Europeo" nel 2017, è stato nominato "Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana" da Sergio Mattarella nel 2018.
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