Lega e Pdl di nuovo insieme, ma per rinviare il taglio dei parlamentari

La vecchia maggioranza berlusconiana è di nuovo ricompattata. Con i voti congiunti di Pdl e Lega Nord, l'Aula del Senato ha accantonato l'articolo 1 del ddl di riforma costituzionale sul taglio del numero dei deputati (154 voti a favore, 128 i contrari). Non si tratta, precisiamo, di una bocciatura alla norma che permetterebbe di ridurre i parlamentari, ma solo di un rinvio. Decisione, questa, presta dal presidente dei senatori del Carroccio, Federico Bricolo, che ha ritenuto necessario passare subito ai voti sul Senato federale. Ad appoggiarlo, il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello. L'assemblea è quindi passata all'esame dell'articolo 2.
Sul mancato taglio dei parlamentari ha fatto chiarezza il Presidente Renato Schifani: «Indipendentemente dall'esito del voto» di oggi, la proposta della Lega « non può essere interpretata in nessun modo col fatto che non si torni successivamente all'art.1». Schifani ha cercato di tranquillizzare i senatori che hanno espresso «preoccupazioni più che legittime», dal momento che «si tratterebbe insomma di un accantonamento puramente tecnico». Contro la proposta si erano infatti schierati il relatore Carlo Vizzini e il senatore del Pd Luigi Zanda che ha parlato di «baratto» tra le proposte del Carroccio e il semipresidenzialismo del Pdl.
Il vociferato taglio dei deputati fa parte del disegno di legge ‘Abc’, nato dall’accordo tra Pdl, Pd e Terzo polo (è l'acronimo dei tre rispettivi leader Alfano Bersani Casini), sulle riforme istituzionali. Tra i punti più importanti, oltre alla attesissima misura in questione, c'è la fine del bicameralismo perfetto, la sfiducia costruttiva e anche una norma contro gli ‘onorevoli fannulloni’. Un importante passo avanti per la politica italiana, se non fosse proprio per l’incognita della proposta semipresidenziale di Berlusconi e Alfano, annunciata in pompa magna il mese scorso. Già in occasione dell'approvazione del Ddl in commissione Affari costituzionali del Senato, il Pd ha avanzato timori in merito al fatto che il desiderio del Cavaliere rappresenti un rischio per tutto il provvedimento.